33 thoughts on “Quarto incontro (4 Dicembre)

  1. Carissimi, vorrei esprimere un sentimento di gratitudine per questo incontro, e più in generale per questo cammino.

    Per essere brutalmente sinceri, il primo moto d’animo, quando arrivo a lezione e non vedo Marco, è un vago senso di delusione. “Come, non c’è?” Ma questa viene superata – è SEMPRE successo – in pochissimi minuti, una volta che si entra nel vivo dell’incontro. Viene superata e anzi viene sostituita da un sentimento di conforto e di gratitudine, appunto. Di conforto, nel poter toccare con mano la fecondità del metodo di Darsi Pace: perché non c’è niente che lo testimoni, lo gridi alla mia interiorità sempre dubbiosa e riottosa, come vedere persone cambiate da questo percorso. Persone che all’inizio ti confidano “io vorrei solo infilare quella porta e scappar via…” dunque umanissime, umane… come me. Grazie al cielo.

    Apro piccola parentesi, per dire che la persuasività più autentica e robusta del percorso, per me, sono stati i vari colloqui – alcuni totalmente casuali – con i formatori, che ho avuto fino ad oggi. Ho potuto veramente sperimentare che non si tratta qui di seguire passivamente una persona più o meno “illuminata”, proprio no. Si tratta di una strada che è percorribile da tutti, ognuno con la propria umanità, anche zoppicante. Una strada che cambia ognuno, rendendolo diverso, ovvero più se stesso, nella misura in cui accoglie la proposta.

    Dunque è stato un momento prezioso, anche quello di domenica scorsa. Il timore di lezioni eccessivamente “teoriche”, che pure mi era balenato, soprattutto l’ultima volta, è stato anche efficacemente fugato. Perché i formatori hanno puntato alto, cioè.. basso: sul corpo. Non si sono ritratti nel mostrare la loro piena umanità, facendola così risuonare inaspettatamente con la mia. Marco disse una volta “a me interessano i corpi, solo quelli”, e la frase apparentemente spiazzante mostra sempre più – per me – la sua verità “evangelica”, direi. Un libro di Don Giussani si chiama proprio “Vivendo nella carne”, a suggellare il fatto che allontanarsi dall’Incarnazione per seguire pensieri astratti, non è mai una buona idea.

    Al proposito, è stata detta una cosa bellissima, che mi ha colpito proprio nella carne. Quando si è arrivati a trattare l’abbandono, possibile solo se ho un “contenitore” che mi tiene. Altrimenti non c’è scampo, devo esercitare continua tensione, per tenere insieme i pezzi. Ecco, questo io lo sento concreto, concretissimo. Ne sento la pura, assoluta verità, proprio nella mia carne. Dove mi trovo proprio in mezzo ad un processo di “già, e non ancora”, per così dire. Ovvero, io avverto da molto questa tensione continua – proprio una tensione muscolare, sulle spalle, nel corpo – questo tentativo accanito di tenere insieme i pezzi, come se ultimamente non mi fidassi (o meglio, non mi volessi af-fidare) che Altri lo possono fare meglio di me. Molto meglio.

    Così sperimento e imparo. Sperimento che non basta fare discorsi cristiani, o dirsi cristiani, perché questa tensione muscolare finalmente cali, perché ci si lasci andare sapendo che c’è il contenitore, che i pezzi non si perderanno nel cosmo, saranno raccolti e uniti.

    Arrivare a questo nucleo profondo che ancora non si fida, che ancora dis-pera, che ancora è fisso nell’angosciosa idea che… dobbiamo lavorare come pazzi finché possiamo, per cercare di inventare un senso, di arraffare quanto si può, in termini di beni e affetti materiali…. ma tanto poi tutto andrà perso, tutto tornerà polvere…. e ripete la sua cantilena ossessiva durante il giorno, mentre parlo, prendo il caffè, guido, ragiono, ascolto musica, leggo, sorrido o mi arrabbio…

    Ecco. Arrivare a questo nucleo e ammorbidirlo, insegnargli una parola, una Parola che cura, capisco che è un lavoro di una vita, probabilmente. Mi scandalizzo a volte di non esserci, di essere “ancora a questo punto”, in una declinazione meritocratica e ragionieristica che non mi fa certo stare meglio (tipo, “Marco, ma ti rendi conto, ormai sei al terzo anno, ora dovresti viaggiare praticamente su una nuvoletta, a tre metri da terra, effondere sorrisi pacificanti a destra e sinistra, aver vinto tutte le tue ombre, domato tutti i tuoi impulsi…”).

    Eppure nei momenti di grazia, comprendo che c’è una Pazienza sorridente su me, sulle mie mancanze, anche di comprensione, e allora mi si affaccia l’ipotesi meravigliosa, che in fondo “siamo ben protetti”, come diceva Marco a Santa Marinella, che “non ci sono veri pericoli”. E questa parola benedetta scende come un balsamo su tante mie inquietudini.

    E sì, inizia a curarmi.

    • Carissimo Marco, un grazie commosso per le tue parole che incoraggiano a proseguire in un’avventura che mi riempie di timore/tremore per la delicatezza del compito, ma mi riempie anche di gioia quando verifico che se resto nella carne, a contatto con la mia ferita, e mi affido, accade una specie di miracolo e la ferita diventa luogo fecondo ,di grazia ,per altri.
      La difficoltà grande è questo “affidarsi”, abbandonarsi. Come posso affidarmi se tutto il mio corpo con le sue tensioni mi dice: non mi fido, mi tengo da sola? Come posso convincere il mio corpo che se mi abbandono non cado a terra e mi disintegro? Come posso correggere un’esperienza di abbandono come esperienza di disgregazione fisica vissuta nei primi mesi di vita, quindi non mentalizzata, e iscritta nella carne come sensazioni di urto, frantumazione, dolore insopportabile?
      Per affidarmi realmente devo fare un’esperienza emotiva correttiva rispetto a quella che mi ha mandato in pezzi, e questa esperienza correttiva devo farla proprio nel corpo perché impari ad appoggiarsi e sentire che è tenuto, con-tenuto in un contenitore che lo integra, gli da unità, senso di esserci.
      Anni fa avevo titolato il diario tenuto nel corso di una terapia basata su esperienze corporee di appoggio “Dall’esperienza di abbandono come esperienza di disgregazione interna all’esperienza dell’abbandono come esperienza dell’Io Sono.”. In quel titolo c’era il percorso iniziatico che tutti siamo chiamati a fare. In un post pubblicato sul sito darsipace il 18 maggio 2015, descrivo l’origine di questo vissuto di abbandono disgregante.
      Potrà essere utile inserire nel nostro laboratorio piccole esperienze corporee di appoggio per facilitare un appoggio/fiducia reciproca tra le varie parti del corpo e quindi l’allentamento delle tensioni che sono di ostacolo all’esperienza dell’abbandono, quindi all’accesso allo stato Mariano che è totale fiducia, abbandono a Dio.

      Grazie ancora Marco, un grande abbraccio. Giovanna

  2. Grazie Marco per le tue parole, dettate come sempre dal profondo, con una rara spontaneità e senza convenevoli…….(non credo vi sia qualcuno che non rimane deluso per l’assenza di Marco, sarebbe lo stesso per me!).
    E comunque sì, hai detto bene, siamo umanissimi noi tutors, altro che (confesso ero io che volevo scappare alla vigilia dell’incontro?), ma allo stesso tempo per fortuna è più forte la nostra voglia di gridare, di annunciare la bellezza di quanto accaduto nella nostra vita. Perché davvero la nostra mente si è rovesciata con Darsi Pace, e anche se ogni tanto inciampiamo in qualche momento di affanno e di sconcerto (siamo umani appunto), niente è più come prima. La visione della vita, le priorità, la fede cristiana ed il rapporto con i suoi misteri, la relazione con il prossimo…..tutto è diverso, tutto ora ha un senso. Ma soprattutto la gioia di lavorare insieme in questo magnifico laboratorio condividendo dubbi, sofferenze o anche certezze raggiunte. E allora quando si può si gustera’ la presenza di Marco preziosa guida, altrimenti saremo noi a supportarci l’un l’altro in un lavoro, che non finirà mai, ma sarà sempre un dono da scoprire. Ti abbraccio Gabriella
    .

    • Grazie di cuore, Giovanna.

      Sono confortato ed anche grato, dalla possibilità di fare questo terzo anno, così “decisivo” per tante cose, nella amichevole e profonda compagnia tua, di Gabriella e di Vanna. Tanti nodi stanno venendo al pettine, insieme con una promessa di vita “nuova” che – pur nelle tante manchevolezze quotidiane – sta assumendo i contorni di una cosa reale, di una cosa possibile. Che bello!

      Sono andato a ritrovare il post, veramente molto bello e nutriente. Eccolo:
      http://www.darsipace.it/2015/05/18/tradimento/

      Un abbraccio,
      Marco

  3. Cara Gabriella,

    sì è così, siete umanissimi voi tutors… e siete uno spettacolo. Credo di dovervi molto, e trattengo con gratitudine tanti momenti di dialogo, con molti di voi: con reale gratitudine.

    Forse l’ho accennato, ma vorrei dirlo più chiaramente. Se non ci fossero queste lezioni “”senza Marco”, mancherebbe qualcosa di importante, di fondamentale. Persone che esprimono “la gioia di lavorare insieme in questo magnifico laboratorio condividendo dubbi, sofferenze o anche certezze raggiunte”

    E’ in voi che si vede la fecondità del metodo. No, non la si vede appena, la si tocca con mano.

    Grazie!

  4. A me pare che dopo 2 anni e mezzo di cammino iniziatico mi ritrovi a poter intessere una relazione assolutamente nuova nell’essenza con Maria, la Madre!

    Nello specifico è per me straordinario poter abbandonare in lei una visione della vita che mi ha connotato fondata su un principio egoico di azione-reazione, amico-nemico, buono-cattivo e che non può, proprio non può sussistere in sua presenza proprio a causa di questo processo iniziatico e che quindi doveva venire proprio adesso. Il mio vuoto è proprio questo lasciar andare in sua presenza con il respiro questo mondo in disfacimento!
    So bene comunque che questo mondo si ripresentera’ domani mattina ma intanto lascio che si sgretoli!!

    Ciao a tutti e grazissime a Gabriella, Giovanna e Vanna.
    Claudio.

    • Carissimo Claudio, bello e profondamente vero quello che dici! In presenza di Maria si sgretola l’assetto egoico su cui ci siamo costruiti. Questa esperienza è una realizzazione del processo iniziatico avviato da più di due anni, e può avvenire ora che abbiamo imparato a riconoscere i nostri mascheramenti e ad integrare la nostra ombra; ora che cominciamo a frequentare di più quello stato di integrità che fiorisce nel silenzio dell’ego: lo stato di Immacolatezza che è Maria.
      Si, perché possiamo incontrare Maria, intessere una vera relazione con lei, quando siamo ,in qualche modo, un po’ g ià lei.
      Noi oscilliamo, lo sappiamo, siamo nel già e non ancora, gustiamo attimi di eternità e poi ricadiamo nei nostri automatismi, ma con sempre maggiore consapevolezza e per un tempo più limitato.
      La devozione mariana, cioè l’amicizia con Maria, il diario aperto con lei, ci aiuta a prolungare gli attimi di eternità, così da partorire con lei la nostra umanità pienamente realizzata, in te il Claudio-Cristo. Maria è la Madre che ci assiste amorevolmente in questo parto rendendolo dolce, quasi indolore.
      Un grande abbraccio. Giovanna

      • Scusa, sono senza connessione sul pc, Scrivo dal cellulare: correggere “diario aperto” con “dialogo aperto”

  5. Grazie mille Giovanna e Gabriella per aver spiegato il mistero mariano, grazie a tutti voi per questo cammino, che ogni volta diventa sempre più importante e fa aumentare in me la gratitudine per la vita e anche per le mie ferite.
    Proprio grazie alla crisi, infatti, ho la possibilità di far Luce sui misteri della fede, che mi rendo conto di non aver mai compreso bene.
    Questo Natale, grazie a tutti voi, avrà un significato più profondo ed autentico per me…
    Colgo l’occasione per augurarvi un felice e sereno Natale!
    Daniela

  6. Carissima Daniela è proprio come dici tu, solo dai travagli che attraversiamo si può accendere la speranza di una vita nuova e ricomprendere il senso della nostra fede. Lasciamo che il bimbo nascente in noi trovi lo spazio per emergere.
    Auguro anche a te un Sereno Natale vissuto nel suo vero significato.
    Ti abbraccio Gabriella

  7. Ho appena ascoltato la prima parte del quarto incontro.
    La chiarezza di Giovanna è stata… tutto Spirito Santo!!!
    Un GRAZIE profondissimo!
    Non sono di molte parole… Ma voglio approfittare anche per porgere gli auguri per un Santo Natale: che il Signore ci faccia fare sempre più esperienza di Lui.
    Carmine

    • Carissimo Carmine, c’è solo da rendere grazie a Dio che nella nostra povertà compie meraviglie. Davvero sperimento la forza della debolezza, come dice S. Paolo: “Quando sono debole è allora che sono forte”.
      Restare a contatto con la propria povertà lascia spazio all’azione dello Spirito.
      Che questo Natale possiamo fare esperienza forte di nascita nello Spirito lasciando che nasca nella debolezza della nostra carne.
      Un grande abbraccio. Giovanna

  8. Un saluto a tutti e soprattutto un grazie a tutti perché questi video e la lettura dei commenti sono un nutrimento per l’anima e devo dire che per un diffidente e prudente come me sentire crescere il rammarico per non essere presente fisicamente durante gli incontri è significativo..
    Gradirei un chiarimento: faccio fatica a capire come sia necessario credere per poter vedere;è stato detto da Giovanna ma anche da Marco Guzzi che l’Io egoico vede a quello che crede invece l’io redento vede quello che crede… che la forma dell’io in cui si rinasce dopo la morte iniziatica al nostro io egoico dipende strettamente da cio’ in cui abbiamo deciso di credere…ma è cosi’ l’ ennesima rappresentazione di Dio e di noi stessi? inoltre perché se Dio di Gesù Cristo l’unico e il solo un buddhista o un chiunque altro fa il percorso iniziatico di spegnimento dell’ego e si apre al vuoto del baratro non può in un certo senso riceverne una qualche forma di rivelazione?
    Grazie
    Marco

    • Carissimo Marco, questo luogo di condivisione è davvero un dono prezioso; anch’io desidero ringraziare quanti intervengono ed invitare gli amici che non sono mai intervenuti a farlo, così da consentire all’energia dello Spirito, che grazie al lavoro si sta liberando in ciascuno di noi, di circolare libera-mente.

      Riguardo alla tua domanda: se nella fede vedo quello che credo non me la sto raccontando? Non mi sto facendo ancora una volta una mia rappresentazione di Dio? (dimmi se ho capito bene)
      Nello stato della fede, che è vuoto, silenzio dell’ego (stato anegoico) io non mi rappresento più la Realtà, la divengo, sono questa Realtà; conosco, cioè, non più oggettivando, separandomi, ma divenendo ciò che credo: quindi nessuna rappresentazione.
      E’ il mistero dell’incarnazione, difficile da dire a parole perché il nostro linguaggio nasce e si sviluppa nella separazione. La poesia è la forma di linguaggio che più si avvicina ad esprimere questa modalità di conoscenza che è un accadere, un ‘essere divenuti’ (per dirla con Bion, psicoanalista inglese del secolo scorso, che amo molto).
      Entrare in contatto con l’Assoluto, in una dimensione della conoscenza che diventa un tutt’uno con l’essere, vuol dire attraversare terrori di morte, ed è possibile solo con la fede/fiducia che questo spegnimento non è la fine di tutto.
      Ognuno si spegne iniziaticamente in una fede, cioè accetto di morire come ego perché credo, aderisco ad una qualche rivelazione dell’Assoluto, e spegnendomi farò esperienza proprio della Rivelazione a cui ho dato credito.

      Nella tradizione cristiana la piena realizzazione della fede è Maria che nella certezza di essere amata si è lasciata guidare dalla fiducia anziché dalla paura. Maria si è fatta completamente vuota, pura preconcezione, pura recettività, ed ha risposto con un si a ciò che era buio per la sua mente, al mistero a lei non comprensibile, e vi ha aderito totalmente, nell’integrità del suo essere corpo- mente-spirito, e proprio per questa sua capacità di svuotarsi e di aprirsi totalmente ha potuto concepire l’inconcepibile, rendere possibile l’ “in-carnazione” del Verbo, il ‘pensiero puro’.

      Chiedi: chi ha aderito ad un’altra rivelazione quando si spegne non potrà essere raggiunto dalla rivelazione di Cristo?
      Ritengo di si. Noi ci predisponiamo all’incontro con l’Assoluto, a fare tutt’uno con esso spegnendoci, poi c’è l’azione della grazia…. la libera iniziativa di Dio …….perché il Padre non cessa mai di cercarci ……e si fa incontrare nei modi più impensabili……, creativi…. come solo il Creatore sa fare.

      Comunque di questo si parlerà più approfonditamente nei prossimi incontri.
      Ti auguro questo Natale un’esperienza sensibile di nascita. Auguri!
      Un grande abbraccio. Giovanna

      • Grazie Giovanna! Leggendo le tue parole il tutto sembra piu’ chiaro … e percepire fra le righe che quanto dici non e’ solo teoria ma esperienza vissuta suscita il desiderio di “praticare” e sperimentare quanto descrivi nella concretezza della propria carne..
        Ed e’ questa concretezza il bello del movimento darsi pace e ulteriore motivazina a proseguire il cammino.
        Buon Natale a tutti
        Marco

      • Cara Giovanna, perdonami se colgo uno spunto interessantissimo a rischio magari di deviare la discussione, ma è troppo bello… e forse mi puoi indirizzare su qualche lettura…

        “E’ il mistero dell’incarnazione, difficile da dire a parole perché il nostro linguaggio nasce e si sviluppa nella separazione. La poesia è la forma di linguaggio che più si avvicina ad esprimere questa modalità di conoscenza che è un accadere, un ‘essere divenuti’ (per dirla con Bion, psicoanalista inglese del secolo scorso, che amo molto).”

        Sì io mi sto convincendo che il problema sia anche linguistico (che non è poco). La lingua usuale fa appello alla razionalità che si impernia su pochi principi drastici, come quello di non contraddizione, per poter ergersi in una rappresentazione del mondo. Sembra logico, se A è diverso da B, A non può essere uguale a B. Eppure a me ormai pare una terribile semplificazione e un impoverimento, segno di uno stato di bassa energia (lo dico consapevole del paradosso, essendo scienziato). La teologia lo supera da millenni questo “principio” (Dio è Uno e Trino, per non parlare delle cose APPARENTEMENTE contraddittorie che dice Gesù nei Vangeli), la poesia lo supera perché fa appello non alla pura razionalità ma allo spirito, che accoglie e compone la contraddizione, non separa, ma perfino la “rigorosa” fisica è costretta a superarlo (la luce è onda ed è particella… per non parlare dei paradossi quantistici).

        Mi scuso se sembra una divagazione, ma penso proprio che parte della difficoltà che troviamo è che ci ostiniamo a far rientrare in un quadro di logica “di bassa energia” qualcosa che danza su moltissimi livelli e trascende ogni rappresentazione, in forza del suo essere divino ed umano.

        Un grande augurio di un Lieto Natale!

        Marco

        • Carissimo Marco, grazie! Hai colto un aspetto essenziale.
          Di fatto sin dall’inizio facciamo esperienza di noi stessi e del mondo attraverso il linguaggio. Noi siamo parole ascoltate, spesso parole male-dette, dette male, trasmesse di generazione in generazione da uno stato originario di scissione.

          Il nostro linguaggio oggettivante è espressione di una metafisica della luce basata sul primato del ‘vedere’, sul concetto di essere come ‘presenza’ che si cristallizza in formule di verità.
          Ma la Verità è una Persona, il Verbo che si fa carne, è un Evento, si eventua, è un accadere.

          Nel silenzio della mente possiamo riscoprire un linguaggio nuovo, intimamente coinvolto con l’esserci, con l’essere divenuto.
          Dici bene, è un altro livello di energia, un vero salto quantico, che ci fa ‘danzare’ (mi piace molto questa espressione) “nello splendore misterioso della divina oscurità” (come dice Dionigi).

          Nella zona oscura (quella che Heidegger chiama la ‘Lichtung’, ‘radura boschiva’) lo spazio aperto del mistero che domina l’esserci dell’uomo, il primato non è più della vista ma dell’udito; la verità si rivela nell’ascolto.
          Nella zona oscura il linguaggio che dice l’esperienza non ha più la chiarezza razionale della mente oggettivante, si rivela spesso come un tormentato balbettio per la mancanza della parola adatta ad esprimere l’inesprimibile.

          Ecco che interviene il linguaggio poetico per descrivere il «gioco» di luce e oscurità, l’intimo intreccio di velamento e disvelamento che costituisce la verità dell’essere.
          Il pensiero che si dispiega nella zona oscura non rimuove l’oscurità ma al contrario la preserva; è quel pensiero che nel linguaggio dei mistici realizza la coincidenza degli opposti: vuoto, nulla e niente diventano il tutto e la pienezza

          “Per giungere tutto al tutto,
          devi rinnegare tutto in tutto.
          E quando giungessi ad avere il tutto,
          lo devi tenere senza volere nulla
          Poiché se tu volessi qualche cosa nel tutto,
          non avresti in Dio solo il tuo tesoro”
          (S. Giovanni della Croce)

          Possiamo questo Natale, con l’aiuto di Maria, fare esperienza, di un ascolto che ci ingravida del Verbo, per dare alla luce la parola che salva.

          Auguri a tutti di un santo Natale. Un grande abbraccio. Giovanna

  9. Cari tutti,
    sono rimasta un attimo indietro e ancora devo ascoltare/vedere come si deve questo quarto incontro, recupero adesso, nei prossimi giorni.
    Volevo però lasciare i miei auguri a ciascuno di voi.

    Desidero fortemente non lasciarmi trascinare mai più in un altrove che non abbia un vero senso,
    l’unico.
    Desidero fortemente avere occhi aperti per distinguere i camuffamenti che l’Errore mette in pratica
    Desidero fortemente non voler essere perfetta e dire “no, ho altro da fare” col sorriso nel cuore
    Desidero fortemente non far male a nessuno
    Desidero fortemente vedere i miei piedi finalmente su un altro cammino e l’impronta lasciata da ogni passo
    Desidero fortemente che le impronte siano tante, così tante da essere indistinguibili.

    Buon Natale
    Maria

  10. Il grazie esce dal cuore per questo quarto incontro.
    Che bello!!!
    Grazie Giovanna, grazie Gabriella per lo spazio che avete lasciato in voi perchè potesse parlare lo Spirito.
    Ho tanto sentito una vicinanza di umanità nelle vostre voci emozionate, nel comunicare realtà difficili da raccontare con parole, nel riconoscere le paure, le fragilità, le emozioni che fanno le matte dentro …
    Ho percepito e gioito per un incontro di comunicazione profonda … Lo spazio per le domande è stato riempito di condivisioni, di racconto di gestazioni del Parlante dentro di noi.
    Il mio grazie si fa “magnificat”, perchè Dio è all’opera in ciascuno.

    Mi è tanto risuonata dentro l’immagine del travaglio del parto per una vita che può nascere ora, può cambiare ora.
    E’ come se avesse dato un volto, un’immagine concreta a qualcosa che stavo cercando, in un tempo di non-senso e confusione, di fatica e stanchezza in una situazione circoscritta ormai lunga.
    Sto caricando di aspettative esagerate la prossima estate, quando mi è stato annunciato che qualcosa cambierà e che finalmente questa situazione assurda che va avanti da tanti anni e, per quanto mi riguarda, da tre anni, avrà fine. E così è come se vivessi già là, per non sentire la sofferenza del qui ed ora … E mi perdo quel silenzio e quell’ascolto mariani che quella Parola la generano dentro di sè. E la generano ora.
    Il travaglio invece è una vita che può nascere ora, se ora dico sì. Ora in questa fragilità, ora in questo non-senso, ora in questo assurdo. ORA!
    E quando vivo questo “ora” la fatica rimane circoscritta, e posso mettere vita in altri contesti, in altre situazioni; quando non vivo quest’ “ora”, tutto attorno a me è morte e parla di morte.

    Maria è compagna di viaggio in questo cammino: non l’irraggiungibile, ma la sorella che cammina a fianco.
    La sorella, l’amica, la confidente che mi invita: “damiana, tu sposa, madre e figlia, è possibile anche per te. Ora”

    L’uomo nuovo vuole nascere … Aspetta il mio sì, che non è detto una volta per sempre, che è ripetuto nel travaglio del parto, che è confermato nella fede prima che nel vedere.

    Ho bisogno di ripetermelo tante e tante volte. Mi fa bene sentirvi in cammino insieme a me.

    Buon Natale, allora, nell’accogliere e dare misericordia alle nostre paure e fragilità, perchè accogliendo timori e fragilità ci disponiamo ad accogliere il Dio-con-noi, l’uomo nuovo, una nuova edizione di noi.
    Un abbraccio forte.
    dam

  11. Cara Maria quel “desidero fortemente” reiterato più volte mi colpisce!
    Mi permetto di estendere questa espressione a tutti noi, perché è solo un forte desiderio di “altro”, un forte desiderio di “rinascita” che forse ci ha spinto verso questo luogo, verso questo percorso iniziatico che è sempre più emozionante e vitale.
    Grazie e Buona natale anche a te.

    Damiana le tue parole poi mi lasciano davvero senza fiato e sono lieta anch’io di vivere insieme a voi il cammino di darsi pace con una nuova, vera comprensione dei misteri della Fede.

    Colgo l’occasione per rinnovare a tutti un Sereno Natale vissuto con la consapevolezza che potete far parte di quel presepe che sicuramente ognuno di voi ha, con amore, sistemato nella propria casa.

    E vi lascio con alcune delle parole dette da Papa Francesco nell’udienza di ieri 21 dicembre 2016 proprio parlando del presepe:

    “Nella sua semplicità, il presepe trasmette speranza; ognuno dei personaggi è immerso in questa atmosfera di speranza….. Cari fratelli e sorelle, in questi giorni, contemplando il presepe, ci prepariamo al Natale del Signore.
    Sarà veramente una festa se accoglieremo Gesù, seme di speranza che Dio depone nei solchi della nostra storia personale e comunitaria.
    Ogni “sì” a Gesù che viene è un germoglio di speranza. Abbiamo fiducia in questo germoglio di speranza, in questo sì: “Sì, Gesù, tu puoi salvarmi, tu puoi salvarmi”.

    Un caro abbraccio a tutti Gabriella

  12. Un caro e affettuoso augurio a tutti, carissimi ricercatori della Vita,
    per vivere il Santo Natale, ogni giorno, nello splendore della Luce dell’uomo nuovo che stiamo procreando con i nostri umilissimi passi dentro il laboratorio della nostra storia personale.
    Vi abbraccio e vi saluto con le parole del testo poetico di Marco che mi hanno accompagnato in questo avvento 2016.
    AUGURI di cuore! Vanna

    LA CROCE DELL’ANNO

    C’è un tempo dell’anno in cui la vita
    Sembra fermarsi.
    La radice contorta geme
    D’un albero tutto sfiorito.
    La foglia è morta. Il verde è nero.

    Un gelo

    Assidera le spoglie
    Paralizzate, come fuoco
    Interno che consuma
    Il bosco. Ma non rincuora.

    Agli inizi di dicembre il Sole cade
    A precipizio. Una voragine
    E’ il giorno del solstizio:
    Una cascata fino a natale.

    Imperterrito continua a sperare
    Il buon cantore. La sua mente
    Allucinata è l’al di là: quest’acero
    Fiorente e senza storia
    Che a dicembre o a maggio
    Cresce lo stesso.
    “ Canta
    Ragazzo in te
    L’alba dell’increato”
    Marco Guzzi

  13. GIovanni.
    C’ è un invito nel Vangelo di ieri a riflettere sul significato di questo nome: Giovanni significa DONO di Dio e anche DIO È MISERICORDIOSO.
    Mi sono chiesta ‘chi è il giovanni/dono che mi sta accanto per preparare le strade al Signore che viene, attraverso l’accesso al fondo della mia anima?’
    La risposta è Iside e Darsi Pace di conseguenza.
    Iside è una ragazza intelligentissima. Una sorprendente energia spirituale la attraversa e la spinge.
    A studiare pensare interrogarsi scrivere combattere.
    È lei che mi ha incoraggiata a iscrivermi a DP, movimento che due anni dopo incomincia a rivelarsi a me come luogo di conversione continua, un incessante battesimo.
    Sperimento l’elasticità della misericordia come categoria generatrice di questo luogo di condivisione nel quale mi sento ascoltata accolta e accompagnata, luogo nel quale mi piace abitare.
    Un grazie incommensurabile a Iside e a tutti voi perché questo Natale è il primo in cui sperimento la dolcezza del bambino che vuole nascere dentro di me.
    AUGURI

  14. Carissima Lidia è vero, c’è sempre qualcuno che ci ha spianato la strada, che ci ha illuminato, il nostro San Giovanni Battista…..
    Per me è stato mio cognato Fabrizio, giornalista ex collega di Marco Guzzi nonché amico carissimo.
    Dobbiamo essere grati a chi ci ha consigliato e spinto per la giusta via.
    Il buon proponimento è che noi facciamo altrettanto con chi ne ha bisogno!
    Un sereno Buon Natale anche a te e Buon proseguimento del cammino che ci unisce tutti. Gabriella

  15. Ciao a tutti,
    Vorrei un chiarimento importante:
    La Madre di Dio è immacolata per Grazia ricevuta appena nata e poi non ha conosciuto peccato in modo libero (mi sembra sia così ) perciò può appunto in queste condizioni generare il Figlio di Dio!
    E lo dà per tutti. (così ripeto la sapevo io).

    Ma qui si dice che noi possiamo avere un anima immacolata come Maria e con questa anima generare noi….. Il Figlio di Dio..!!!!

    Come possiamo avere un anima immacolata??
    Ma se possiamo generare…. non può che essere così!!?

    Io personalmente ritengo che la mia anima non sarà mai immacolata!
    Sono pieno di tutto, essere immacolati mi è impossibile.!

    È un modo di dire avere un anima immacolata o è….vero??

    Perché se è vero….cambia radicalmente tutto!!
    Dentro di me intendo dire!!

    Non mi so spiegare meglio!

    Buone feste a tutti
    Grazie
    Claudio.

  16. Caro Claudio, la domanda che poni è molto importante per comprendere bene il passaggio che stiamo compiendo, è fondamentale capire come può avvenire in noi, concretamente, la realtà interiore in cui il mio Io diventa immacolato, Il mio io purificato, svuotato, realizza lo “stato mariano”, lo stato che ci conduce, ci apre il passaggio all’esperienza dell’ io in relazione.

    L’io immacolato è un io purificato da tutte le visioni distorte prodotte dall’ego un io che si ricollega con il principio della Vita, con Dio Padre, l’io mariano si sposta, concentra tutta la sua mente, tutto il suo cuore verso l’ascolto della Parola che lo ricrea con una nuova mente.
    La mia anima può tornare immacolata con il perseverante, deciso e reiterato gesto interiore di totale affidamento al Mistero salvifico che la abita, sempre per grazia torna immacolata, io mi predispongo a collaborare con la Fonte della vita ogni volta che decido di morire al mio ego, rinuncio a ciò che credo di sapere di me, mi svuoto di ogni pensiero maledetto che mi allontana dalla verità del mio essere, con decisione spengo, muoio e rinuncio ad ogni pensiero dell’ego che si percepisce come un io separato dalla fonte di amore. Aderisco per fede al processo della mia ri generazione.

    Caro Claudio, tornare immacolati è lasciarci immergere fiduciosamente nelle acque del Giordano per morire ad una vecchia forma di uomo per essere generati nuove creature, il battesimo della nostra umanità sta avvenendo in te, in me, in noi, ora, passa dall’esperienza concreta di una scelta di fede libera e nuovamente rinnovata, mai scontata, sempre attraversata da dubbi e incredulità.
    Procediamo con coraggio, con fiducia e anche con gioia perché i passi che stai compiendo con tanta determinazione sono veri e concreti.

    Per approfondire la comprensione di questo passaggio ti invito alla lettura meditata delle pagine 151/154 del manuale di “Darsi Pace”.

    Un caro saluto e un rinnovato augurio per proseguire con vigore il tuo cammino per una piena realizzazione della tua vita. Vanna

  17. Cari tutti,
    nemmeno domani potrò essere con voi perché dalle mie parti si sono ammalati e serve qualcuno che distribuisca medicine e spremute. Meno male che esiste la via telematica al corso.
    Vorrei dire qualcosa sul quarto incontro. Veramente ne avrei più d’una, anche questa faccenda del linguaggio (Marco e Giovanna) mi solleciterebbe un commento che però tralascio, non ho molto tempo e alla fine è meglio così.
    Dunque, mi si mostra adesso, in questa prima parte del terzo anno, il “come si fa” a spegnere (si potrebbe dire superare, andare oltre?) il proprio ego e aderire ad una “rivelazione dell’Assoluto” (come dice Giovanna 19 Dicembre). Si fa guardando Maria.
    Buffo, nei gruppi Darsi Pace al III anno si dice questo e, sarà un caso, ma sto sentendo da più parti richiami alla figura di Maria (o forse ci sono sempre stati e solo adesso li avverto), non la Maria delle statuine ma la donna che ha saputo essere la madre di un uomo che era Figlio di Dio. Preso alla lettera è una cosa enorme.
    Qualche anno fa, quando ho cominciato a leggere le pagine dei Vangeli mi intristiva un po’ lo scarso spazio concesso alla madre di Gesù e ne attribuivo la causa a ragioni di tipo storico-socio-economiche … poi mi sono detta ma lasciamo stare queste categorie che, ancorché abbiano una loro validità, sono robe minime se decidi di leggere il Vangelo come l’annuncio della buona notizia, vediamo piuttosto che dice e che fa questa donna. Così ho riletto. All’inizio mi è solo piaciuto il suono delle parole di Luca, nel capitolo 1, ma non ci ho capito nulla, mi dava invece fastidio per esempio sentire Gesù rivolgersi a lei con “donna”. Mi rimaneva però la sensazione che ci fosse qualcosa d’altro da scoprire. Poi le cose vanno come sempre, uno legge, ascolta, ricorda, ripensa, rilegge, gli sembra di apprendere qualcosa, a volte questo qualcosa si palesa all’improvviso a volte entra in silenzio, lì per lì manco te ne accorgi.
    Riassumendo.
    (Luca capitolo 1) L’angelo annuncia, Maria si turba, poi non teme e accoglie, è contenta tanto da dire il magnificat, (Matteo 1) Giuseppe ha seri dubbi sul da farsi e un angelo lo tranquillizza, (Luca 2) Gesù nasce, accadono cose inusuali e Maria custodisce le cose a cui assiste meditandole nel suo cuore. Al tempio Simeone le parla anche di futuri dolori, Gesù a 12 anni si separa dal gruppo e rimane a Gerusalemme, poi lo ritrovano, lui spiega ma i genitori, Giuseppe e Maria, non capiscono e Maria (di nuovo) custodisce queste cose nel suo cuore. (Matteo 2) Visita dei Magi e poi fuga in Egitto. (Giovanni 2) Nozze di Cana, Maria dice a Gesù che lì c’è qualcosa da fare, lui “Donna, che vuoi da me? “Non è ancora giunta la mia ora” e lei imperterrita manco gli risponde semplicemente si rivolge ai servitori “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. A me questa storia fa sorridere, perché Maria sembra proprio come una mamma che invita il figlio ad iniziare la sua vita, che lo vede pronto e capace ed è così sicura da non discutere nemmeno, e da rivolgersi agli altri con assoluta certezza del risultato. Aveva visto un bisogno e questo aveva indicato al figlio, il Figlio poi ne vedrà e risolverà ben altri, sempre che ci si sappia affidare alla potenza della sua parola.
    Poi su Maria quasi più niente, (Marco 6, Matteo 13, Giovanni 6) si racconta di quando Gesù torna al suo paese e lo accolgono con alterigia-condiscendenza-scherno (ma chi Gesù? il figlio di Giuseppe e Maria? … della serie “ma ci faccia il piacere”) e di quando (Luca 8, Marco 3, Matteo 12) madre fratelli e sorelle lo cercano ma lui afferma che madre e fratello è chi ascolta la parola di Dio … . Non è dato sapere cosa abbia pensato Maria della risposta di Gesù forse avrà capito o forse pur non capendo avrà custodito anche queste cose nel suo cuore. Non si sarà stracciata le vesti. Nemmeno presso la Croce (Giovanni 19), lì STAVA. E dopo? Negli atti degli Apostoli si dice che era con gli altri perseverante e concorde nella preghiera.
    E’ stato a questo punto che il fatto che di lei si dicesse “immacolata” mi è sembrato ricco di significato lo stesso che riporta Luca quando scrive “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva… Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente (nel senso per mezzo di me, giusto? Ma tutto sommato anche nel senso “per me”, o no?)”
    Bella storia, certo qualche parola in più si poteva pure dire, a beneficio di quelli come me, che lì per lì mi pare tutto chiaro, luminoso, esaltante e poi torna a rodere quel pensiero “e se è tutta una vostra costruzione?”
    Un caro saluto.
    Maria

  18. Carissima Maria molto interessante e penso pertinente, al punto in cui siamo, il tuo ripercorrere la figura di Maria attraverso le Scritture.
    Quante volte abbiamo letto questi passi del Vangelo senza capirne a fondo il significato!
    Però preferisco risponderti soprattutto dalla fine del tuo commento: “e se è tutta una vostra costruzione?”, perché pur essendo una lecita perplessità, è fondamentale al fine del nostro lavoro.
    Vedi già ieri avevo in mente alcune parole da dirti per poterti in un certo senso…. tranquillizzare….se mai ne fossi in grado, ma oggi, al quinto incontro, ho avuto conferma di quel che pensavo.
    Il nostro percorso, lo diciamo sempre, è un cammino iniziatico, cioè parte da una ricerca interiore, da un senso di insofferenza, uno stato di insostenibilita’ che ci predispone all’ascolto, ma procede solo e unicamente (e se lo vogliamo) con una trasformazione del nostro essere se pur a piccolissimi passi.
    Ogni nostro incontro è centrato prima sulla conoscenza di come funzioniamo, del nostro stato profondo, poi in un processo continuo e dinamico di liberazione, sul riconoscere la massima espressione di noi stessi come esseri umani e al contempo figli di Dio.
    Questo richiede anche una rilettura del Cristianesimo sia nei fatti storici accaduti che nelle figure che lo hanno caratterizzato.
    Ora carissima io ti comprendo perché tante volte in passato mi è capitato di pensare, ascoltando Marco, ma sarà vero o è tutta una sua suggestione?
    Ebbene poi ho capito…..ho capito che solo realizzando quei pensieri, sentendoli nella mia carne viva, percependoli nei miei piccoli cambiamenti quotidiani potevo farli veramente miei.
    Sta a noi dunque condurre la fase esperienziale che parte sempre da un credo, da una adesione  (questo è stato ribadito proprio nell’incontro di oggi) ma poi si concretizza in una realizzazione, altrimenti rimane solo e unicamente una illusione.
    E questo non ce lo auguriamo davvero.
    Spero di vederti fisicamente quanto prima un abbraccio con affetto
     Gabriella

  19. Gabriella grazie
    Dici “Sta a noi dunque condurre la fase esperienziale che parte sempre da un credo, da una adesione (questo è stato ribadito proprio nell’incontro di oggi) ma poi si concretizza in una realizzazione, altrimenti rimane solo e unicamente una illusione.” Si mi è chiaro, almeno così mi pare, ma ho una fretta terribile, mi verrebbe da dire atroce, di vedere una “realizzazione”.
    Anche io ti abbraccio
    Maria

  20. Caro Marco, ho apprezzato moltissimo la tua risposta, nella seconda parte del quinto incontro, alla domanda posta sulla precarietà di vita che caratterizza i nostri tempi. L’ho sentita profondamente vera. Questa precarietà onnipervasiva impostaci, vissuta del tutto esteriormente, nel suo schiavizzarci ed isolarci sempre più gli uni dagli altri, vuol indicare però, a chi sa intendere, una diversa modalità di relazione, tutta interiore, con un Assoluto che non è, appunto, un totalmente Altro irragiungibile ma un Emanuele (Dio con noi), che ci dona l’umile, profonda consapevolezza di quanto, realmente, in questa vita, siamo precari. E allora, o di questa verità se ne fa una guida di saggezza interiore o la si dovrà subire in modo passivo e alienante e in tutto il suo nichilismo relazionale. Ettore.

  21. Ciao a tutti,
    ancora non ho ascoltato il quinto incontro, però vorrei condividervi un’esperienza che mi ha colpito.
    Sabato e domenica scorsi mi sono regalata del tempo per continuare la lettura del libro Yoga e Preghiera cristiana e mi sono inoltrata nel secondo capitolo gustando ogni parola come occasione propizia per ripercorrere il cammino fatto fin qui e rivedere alcuni passaggi.
    Qualche volta riprendo in mano l’esercizio a nove punti per darmi pace ed entrare un pochino di più, ogni volta, nelle mie dinamiche disfunzionali e … ho scoperto, o meglio, messo maggiormente a fuoco una dinamica che metto in atto automaticamente per la quale accuso il mondo esterno, ma che è tutta tutta mia.
    Il punto più basso a cui finora sono arrivata con gli esercizi fatti è l’angoscia di non esistere per gli altri, non essere nessuno, non avere ragione d’esserci. Per questo, mi è molto caro fare le cose bene, piacere agli altri e non deluderli, dire sempre sì, ecc. Solo così ho il permesso di esistere!
    Mi è tornata in mente una frase che sentivo spesso ripetere dai miei genitori quando parlavano di me e mia sorella (loro operai di fabbrica, fuori tutta la giornata, che ci lasciavano dalla nonna materna, già anziana): “Sono brave. Ah, come sono brave. Non disturbano e studiano da sole. Sarebbe un problema venire a casa stanchi la sera e mettersi lì a fare i compiti con loro. C’è da ringraziare il Signore davvero!”. Mi sembra ancora di sentirlo il papà mentre in dialetto racconta di una preoccupazione in meno a chi domanda notizie delle due figlie amate e predilette, a confronto con tanti genitori che invece questa “grazia”, come la chiamava lui, non l’aveva.
    E mi si è accesa una luce:
    io nelle mie dinamiche relazionali, nel portare avanti un lavoro, un compito, … sono ancora la brava figlia che non disturba.
    Adesso che ci faccio più caso, mi scopro più volte impegnata automaticamente a non dare fastidio, a rasentare i muri per non disturbare, a mangiare quella cosa o quell’altra per finirla o non guardare al tempo per portare a termine una cosa per non chiamare un altro e impegnarlo, senza prendermi cura di me. Mentre accuso il mondo di non vedermi, di considerarmi inesistente e temere qs paura come la più drammatica per me ora, in realtà io stessa mi faccio non esistente, invisibile…
    Che storia!

    Volevo condividervi questo passaggio, morire all’io-egocentrato non è non esistere … Tutt’altro. Qui sta la menzogna per me: dare credito alla voce interiore che mi dice “fatti piccola, fatti da parte, non dare fastidio …così vai bene”. Mi sembro impazzita, allora, quando qualche volta mi fermo tra me e me e mi dico in modo assertivo: “No! io esisto!”.

    E ieri sera, a coronamento di questi passi compiuti, mia sorella mi ha mandato una canzone (lei ascolta molto la radio quando in macchina va al lavoro e spesso mi manda dei link sapendo che io lavoro molto con i giovani e le mamme giovani e mi piace utilizzare questi linguaggi e far nascere un confronto o partire da qui per proporre una catechesi) commentando: “il video è un po’ drammatico, ma le parole della canzone sono molto significative”.

    Ve le trascrivo:
    “Te ne sei accorto sì
    Che parti per scalare le montagne
    E poi ti fermi al primo ristorante
    E non ci pensi più

    Te ne sei accorto sì
    Che tutto questo rischio calcolato
    Toglie il sapore pure al cioccolato
    E non ti basta più

    Ma l’hai capito che non serve a niente
    Mostrarti sorridente
    Agli occhi della gente
    E che il dolore serve
    Proprio come serve la felicità

    Te ne sei accorto sì
    Che passi tutto il giorno a disegnare
    Quella barchetta ferma in mezzo al mare
    E non ti butti mai
    Te ne sei accorto no
    Che non c’hai più le palle per rischiare
    Di diventare quello che ti pare
    E non ci credi più

    Ma hai capito che non ti serve a niente
    Sembrare intelligente
    Agli occhi della gente
    E che morire serve
    Anche a rinascere

    La verità
    È che ti fa paura
    L’idea di scomparire
    L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi
    Prima o poi dovrà finire
    La verità
    È che non vuoi cambiare
    Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
    A cui non credi neanche più

    La verità
    È che ti fa paura
    L’idea di scomparire
    L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi
    Prima o poi dovrà morire
    La verità
    È che non vuoi cambiare
    Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
    A cui non credi neanche più”

    Mi ha colpito questa canzone, che mi sembra legga bene in poesia e musica la morte dell’io-egocentrato e il passaggio all’io-in-relazione e io-reale…
    E la prima volta che l’ho ascoltata, sul suggerimento di mia sorella, non ho badato tanto al video, ma ho ascoltato attentamente le parole, concludendo: effettivamente il video è un po’ drammatico.
    Poi la domanda “ma che c’entra quel video? Perchè quella scelta?” mi ha un po’ seguito e adesso colgo tanta ricchezza anche nel video …
    La maschera di babbo natale che viene lasciata dal protagonista che “svestito” porta il regalo al figlio, cioè in uno stato più autentico; la maschera che fa di tutto per avere, ottenere e coprire le sue paure, ma in modo distorto; la morte della maschera io-egocentrato; il tentativo disperato di rianimarla; La croce rossa giocattolo che il protagonista spegne, quasi a decidere di smascherare lo stato dell’io-egocentrato e crescere, mentre comincia il testo della canzone come voce fuoricampo che smaschera ciò che non è autentico, che è distorto.
    Tutto qua…

    Ciao. A risentirci presto, dopo che ho vissuto il 5 incontro.
    dam

  22. Aggiungo quello che mi è rimasto … “nella penna”.
    L’ambientazione della canzone in una notte di Natale mi richiama l’incarnazione, quel Cristo uomo-Dio che è la nostra nuova umanità.

  23. Cara Damiana, il dono che ti sei fatta in questi giorni, dandoti ascolto, regala anche a noi una nuova luce sul cammino che stiamo compiendo.
    Ho appena ascoltato le parole della canzone e ho visto il commovente video che si sintonizza con il passaggio che stai compiendo: entrare sempre più in relazione con la Verità che abita la profondità del tuo cuore.

    Un passo importante e reale che attraversa sempre un’ esperienza di morte, un passaggio che mette a dura prova il nostro pensiero egocentrato, ogni visione distorta, prodotta dalle nostre forme automatiche di mascheramento e di difesa, ora sono arrivati ad punto estremamente finale.
    Ci sorprende sempre come il nostro umile lavoro di ricerca, ciò che sperimentiamo intimamente come abbandono reale, ci mette in sintonia con la realtà che ci circonda, tutto appare in buon ordine, senza separazione, i nostri occhi si aprono, riescono a percepire ciò che prima non riuscivano a intravedere. Tutto appare meravigliosamente in contatto con la viva realtà della nuova umanità nascente in noi senza separazione.
    Tutto ma proprio tutto è toccato dalla Luce della verità e questa esperienza viva ri – anima e da senso a tutto il nostro lavoro interiore.

    Credo che non vi sia miglior regalo che sperimentare la possibilità di concederci di esistere, di darci finalmente il “diritto “ di esistere per scoprire, giorno dopo giorno, a quale realtà siamo chiamati a partecipare.

    L’esercizio a nove punti è uno strumento potente e molto efficace per realizzare concretamente il passaggio, dal baratro della nostra disperazione, all’abbandono fiducioso che solo lo stato di vera fede può realizzare per vivere l’esperienza misteriosa e sempre nuova della tutta Unità con lo Spirito di Vita e lasciarci trasformare, goccia a goccia, nella nuova umanità di Cristo.

    Auguri, cara Damiana , felice continuazione! Vanna

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