Decenni di galera spirituale, volti spenti e relazioni non autentiche, pensieri inespressi a cui questo percorso finalmente ha messo parole. Comincio finalmente un percorso di liberazione che mi fa bene e nel quarto incontro M. Guzzi (dice una buona parte di me) ecco, mi vuol ricacciare dentro la fede. Ma allora non è cambiato niente. Di nuovo migliaia di preghiere, migliaia di messe, migliaia di pensieri di tipo religioso. Io ho chiuso ma proprio chiuso con questo tipo di spiritualità diciamo dogmatico-religiosa.
Ho capito dalle risposte alle domande fatte in sala che non è così ma è qualche cosa di nuovo ma perdonate la mia arroganza di ignoranza proprio ma deve essere qualche cosa di veramente nuovo ma anche nei riti proprio non solo nella interiorità se è vero che il Cristo è vivo ora e trasforma tutte le cose con l aiuto del nascente ovviamente.
Mi piacerebbe liberarmi di questo peso oppressivo con cui ho vissuto la fede (e la vita) per tanti anni e rapportarmi con questa persona (il Cristo)in modo veramente libero e a ben guardare con qualsiasi persona.
Tanti saluti e auguri a tutti,
Claudio.
“Decenni di galera spirituale, volti spenti e relazioni non autentiche, pensieri inespressi a cui questo percorso finalmente ha messo parole. Comincio finalmente un percorso di liberazione che mi fa bene e nel quarto incontro M. Guzzi (dice una buona parte di me) ecco, mi vuol ricacciare dentro la fede. Ma allora non è cambiato niente. Di nuovo migliaia di preghiere….”
Claudio, stamattina sono tornato incuriosito al sito riservato, per cercare proprio qualcosa del genere. Se qualcun altro percepiva in qualche punto alcune mie stesse senzaioni, alcuni timori.
Il punto a cui siamo arrivati mi sembra de-ci-si-vo, e dopo un anno e mezzo di lento avvicinamento, potremmo dire che la scommessa di fondo si svela. In questo senso era anche la mia domanda a fine lezione, come forse avrai visto. E molto interessante e “lavorabile” la risposta franca di Marco (e mi piace anche quella di Alessandro, che ha messo qui al tuo intervento).
Ci sto pensando molto, a questa lezione. A questo rientrare convinti nel cristianesimo. E non posso che essere molto biografico, nel valutarla. Si tratta di una decisione cruciale per me, e non valgono termini generici o generali. Perdonatemi, ma qui è in gioco (per dirla con Giussani) una “decisione per l’esistenza”.
La mia traiettoria nella fede è stata – per anni – una altalena di conforto e di entusiasmo, mista a momenti cupi e periodi di fortissimi sensi di colpa, a volte invalidanti, che hanno richiesto e richiedono tuttora terapie psicologiche (curioso che i sensi di colpa erano ancora più forti in passato, quando – se è lecito far questi conti della serva – forse ero meno “peccatore” di adesso). Sarei forse scappato se il Destino non mi avesse messo sotto il naso continuamente “testimoni” (scusate la clericalità del termine… non so come altro dire), ovvero persone chiaramente e indubitabilmente cambiate -in meglio – dall’incontro della fede. Laici e sacerdoti: persone che non potevo ridurre ad una mia congettura. Nel mio percorso di fede ne ho trovate e ne trovo tuttora. Che DEVI dire “ma allora la fede è un’altra cosa…”
Però nelle mie giornate si declina spesso in una ansia e un’angoscia veramente che rovinano la vita, in un senso di vergogna per questa o quella prescrizione che non riesco a rispettare (…o forse non voglio?), per tanti miei desideri e impulsi e sensazioni che la mente dice “sbagliate”, e giudica senza appello. A volte la tentazione, lo ammetto con dolore e non certo con supponenza, è di “uscire” da tutto, da tutto questo sistema di pensiero, nella speranza – probabilmente fallacie – che si viva più sereni. Ma la nostalgia di un senso, rimane.
Ora sono più alle strette, da questa lezione in avanti mi sembra non si possa più giocare sul “ci sono ma non ci sono”.
Come affrontare – non dico in generale, dico PER ME – questa decisione? E perché questi sensi di colpa devastanti? Nonostante tutto il parlare cattolico di misericordia, poi trovarsi davanti una immagine di una divinità prima di tutto severa e giudicante? E poi, ancora: entrare nella fede è assumere ipso facto tutto l’apparto normativo che, piaccia o no, regola financo i comportamenti più intimi? Anche quest’ultima domanda mi preme, in questo periodo elettrizzante da un verso, ma un po’ confuso dall’altro (anche a livello affettivo).
All’inizio ero piacevolmente confortato dall’approccio “psicologico” di Darsi Pace. La fede – che mi attira e mi spaventa – era certo sottesa, eppure non esplicitamente messa a tema. Potevo non essere spaventato, non dovevo ancora “scegliere”. Ora le cose, lo avverto, stanno cambiando.
Ecco perché l’altra volta ero emozionato e allarmato allo stesso modo. Il mio compromesso interno, raggiunto dopo tanto acuto soffrire psicologico (credere sì ma non “troppo”…) per quanto insufficiente, mi aveva tenuto in piedi fino ad ora, ma qui stava rischiando di saltare…
Dico tutto questo, si badi, con una ultima gratitudine che non deve essere taciuta: la gratitudine concreta di aver trovato un posto dove poter dire queste cose, dove mettermi “a nudo”, e sapendo di essere accolti con affetto e intelligenza, come ho riscontrato abbondantemente in questo anno e mezzo di timida sequela.
Ed è possibile (non posso escluderlo) che la risposta non sia in un discorso, ma in un percorso. Ammetto che possa essere “iniziatica” in un certo senso. Anzi, forse lo spero.
Un abbraccio e moltissimi auguri!
Auguri anche a te caro Claudio, ai tuoi familiari e a tutte le persone a cui vuoi bene.
Ci siamo caro da qui in avanti ciò che auspichi si potrà realizzare ma non senza il tuo lavoro.
Ora cominci a vedere cosa ti imprigiona da tanto tempo e già questo è fondamentale, il nuovo si realizza in noi di pari passo alla nostra VERA disponibilità, quella apertura che ci permetterà di accogliere la PAROLA nuova che rinnova tutte le cose anche se apparentemente restano come prima.
Sarà la nostra capacità di accoglienza che metterà in movimento ciò che lo SPIRITO da sempre ci dona, proseguiamo con la pazienza e la fiducia del contadino che torna a casa dopo aver seminato il campo.
Un abbraccio Ale eeereeeeeeeeee
TANTISSIMI AUGURI PER UN VERO E PROFONDO NATALE
ORIGINE DEL NUOVO INIZIO.
A voi tutti ed alle vostre famiglie.
Mi è piaciuta molto la risposta di uno dei presenti, che l’antidoto alla normale paranoia esistenziale è la ‘metanoia’: non ci avevo mai pensato! Per quanto riguarda, poi, sempre la prima parte del quarto incontro, soltanto una piccola rettifica mi permetto, Marco, di fronte alle tue inoppugnabili argomentazioni: hai citato due volte la parola ‘sacro’ in riferimento all’oltre’ iniziatico’. Pur se tecnicamente appropriata, la parola è comunque legata ad un paganesimo ‘sacrificale’ ossia ‘dionisiaco’. Parlerei piuttosto di un ‘oltre’ santificato e santificante così come donatoci dal Crocifisso. Con immensa stima, Ettore.
Grazie, carissimo Ettore, della precisazione, ora non ricordo, forse parlavo delle iniziazioni appunto sacrali, precristiane, non so, comunque tanti affettuosi auguri! Marco
Ringrazio Marco Castellani per il suo intervento scritto, come sempre, con la precisione e la spontaneità che gli sono propri. E credo che le sue emozioni contrastanti rappresentino tutti noi di fronte ad una “scelta” come quella che il percorso di Darsi Pace propone a questo punto del secondo anno.
Unita al timore che il nostro credo sia solo una delle tante rappresentazioni dell’ego è la speranza che finalmente l’anelito della pienezza di vita trovi una direzione!
Ed è con l’augurio di ravvivare sempre più questa speranza umilmente ma con la ferma convinzione che solo questo ha un senso che auguro a tutti voi cari amici un anno 2016 sereno e di pace. Gabriella
Caro Marco, due appunti su questo quarto incontro, che trovo ESTREMAMENTE interessante!!!
1) tu affermi che le tradizioni precristiane “predichino” sostanzialmente tutte l’ascesi, contrariamente al cristianesimo. Mi sembra però che almeno l’ebraismo faccia eccezione in questo. Non che non ci siano pratiche ascetiche nell’ebraismo, cosi come nel cristianesimo, ma il cuore dell’ebraismo non mi sembra lo si possa individuare nella “rinuncia al mondo” di tipo ascetico-buddhista. Forse potresti precisare con due righe come leggi tu l’ebraismo.
2) Per quanto riguarda l’Islam, e per quello che ho studiato, a me sembra una religione che eredita alcuni aspetti dell’ebraismo e del cristianesimo, ma che non ne eredita aspetti fondamentali tipo la libertà di coscienza ed il “dialogo interiore” con Dio ecc. Nel senso che nell’Islam, per come lo conosco io, conta quello che fai, non quello che pensi o senti. L’importante è non rubare, e se lo fai, ti taglio una mano, se commetti adulterio (proibito), anche con una donna consenziente, c’è la pena di morte. Punto. Non è contemplata la libertà di peccare, come ad esempio nel cristianesimo, con la possibilità del pentimento ecc. è una religione anche più “barbara” direi dell’ebraismo, e non un compimento. Certo, maometto ha creato e diffuso una religione tra i beduini del deserto (popolazioni guerriere), e questo va riconosciuto come un’impresa impressionante, in senso positivo, però è indiscusso che, nella sua biografia ad esempio, è presente molta violenza, ha attaccato e derubato caravane, ha ucciso e/o lasciato uccidere, ecc.
Mi chiedo come si possa quindi affermare che tutti i punti di vista, tutte le religioni, sono “ammissibili”. Un conto è fare delle crociate, quando nel vangelo si trovano gli anticorpi per denuciarle come obbrobrio, altro è una religione come l’Islam, la quale si basa non solo sul corano, ma anche la Sunna, che racconta i comportamenti di Maometto e che viene presa come fondamento dottrinale dell’islam (o almeno da un certo Islam). Questo lo fa anche il cristianesimo (vedere come il Cristo si è comportato e cercare di imitarlo), ma Cristo è stato un “non violento”, non un guerriero. Tu cosa pensi in proposito?
Ciao. Emanuele
PS: Qui in Germania è pieno di musulmani, e ho anche delle conoscenze (purtroppo solo conoscenti, e non amici, purtroppo) musulmane. Ne ho conosciuto anche a scuola, tra i ragazzi. A me sembra che fatichino molto a dialogare con l’occidente cristiano, proprio perchè per loro il dialogo non è un valore. I musulmani liberali sono quelli che, come la maggior parte dei “cristiani” ormai, non credono piu veramente nella propria religione
Caro Emanuele, certamente l’esperienza del popolo di Israele è cosa diversa dalle religioni precristiane, essa è la radice, la storia che prepara l’Incarnazione, e così noi leggiamo l’ebraismo: esso è l’antico testamento, dal quale il Cristo nasce, e che Egli porta a compimento con un rovesciamento però di prospettive. In tal senso Giovanni Battista, ultimo profeta dell’antico, è il più piccolo nel Regno.
Per quanto riguarda l’Islam io mi limiterei per ora a segnalare che esso propone un rapporto ancora molto separante tra Dio/Assoluto e uomo, una sottomissione determinata da una distanza incolmabile. Non vive cioè, in quanto non conosce e non vuole riconoscere, l’Incarnazione, la coniugazione indissolubile tra Dio e Uomo, tra Parola di Do e parola (storica) dell’uomo.
Da ciò derivano molti degli effetti che indichi.
Per ora comunque il nostro compito consiste nel comprendere la novità dell’Io in relazione, da cui nasce l’Io in Cristo, e cioè la rivoluzione che Cristo attua nella storia delle religioni, e quindi del mondo, per riattualizzarla ADESSO.
Ciao. Marco
Caro Marco, e cari amici, dovrebbe essere abbastanza chiaro che qui non si propone alcun ritorno all’ordine, alcun rientro acritico in gabbie psichiche o culturali del passato.
Qui noi proponiamo un andare ancora più avanti nella libertà e nella realizzazione personali.
Ciò comporterà, come vedrete, un confronto molto serrato e appunto critico con tutta la storia del cristianesimo e con gli assetti attuali delle chiese, un confronto che è d’altronde già avviato da tempo, almeno dal Concilio in ambito cattolico.
Le nostre paure sono più che comprensibili, e, come dici, ruotano attorno ad immagini ed esperienze concrete di fede e di appartenenza alle chiese, che ci hanno deturpato, imprigionato, avvilito, a volte per secoli.
La scelta della fede in Cristo per noi e in questo 2016 non può che sgorgare da una coscienza molto critica, nutrita da tutti gli elementi della modernità e dello stesso nichilismo, per quel tanto che queste correnti culturali avevano di evangelico, e cioè di liberatorio.
Cosa che lo stesso Benedetto XVI dovrebbe avere insegnato al cattolicesimo del XXI secolo. Ma, lo so, siamo ancora molto indietro, forse di due secoli, come diceva Martini; ma i passi personali, umilissimamente profetici, li possiamo già compiere, ed è ciò che tentiamo nei nostri gruppi.
Un abbraccio. Marco
Affettuosi auguri di buon 2016 al gruppo del secondo anno e grazie di cuore a voi Marco Paola Gabriella e Alessandro, che rendete possibile questa esperienza che sta trasformando il mio cuore!
Un abbraccio. Lidia
Grazie Lidia cari auguri anche a te
Caro Marco,
grazie perché le tue parole (quelle scritte qui, e quelle che hai pronunciato alla lezione) suscitano in me un senso di autentica speranza, danno sprazzi di luce su una via che ora intravedo possa esserci come percorso di “salvezza” autentica tra le alternative entrambe insoddisfacenti che soltanto vedevo, cioè andar via da “tutto” (ma andar dove?) o rimanere nella gabbia mugugnando e mascherando il rancore per una sensazione cupa di “promessa non realizzata”.
Credo – e mi accorgo sempre più – che il percorso del 2016 che ci aspetta in Darsi Pace possa essere di importanza decisiva. E non credo sia per caso che io ci arrivi adesso, quando più acuminato che mai è il “pungolo” per il cammino di risoluzione e di scioglimento delle prospettive (ultimamente) egoiche.
L’anima è in qualche modo tutto, infatti tutto avviene “per me”.
Anche questo.
Un abbraccio,
Marco
Buon giorno e buon anno
sì, sono d’accordo, l’idea fissa del ” possesso” e dell’ ” avere ” che noi umani continuiamo fin da adulti a coltivare è totalmente malefica, pertanto la fede ” non si ha” e tantomeno ” non si possiede”: anch’io dico che la fede è uno stato dell’anima; e se siamo in un certo stato , questo influenza e condiziona il nostro parlare, o forse il contrario.
Possiamo collegare questa riflessione al ” vantaggio ” di cui tanto parla il sapiente Qoelet?. Non usiamo forse anche noi lo stesso linguaggio economicistico quando ci poniamo di fronte alla domanda di senso, di un utile o di un’inutilità della sofferenza , del dolore, della vita stessa?
Ancora se Qoelet che era un grande saggio è andato in crisi, ha dato risposte negative sul mondo da fargli dire ” odio la vita e …. ogni lavoro fatto da me sotto il sole”….., pensa come posso sentirmi io che non sono nessuno……
Ma attenzione…. perchè anche Elia pregò Dio: ” Signore prendi la mia vita perchè non sono migliore dei miei padri”, ma egli era in preda ad una forte depressione .( pensava forse al grande Mosè?).
Allora Qoelet, come qualcuno ha osservato, ha aperto il cervello ed è riuscito ad elaborare la depressione, il lutto, tanto da ritrovare non più quel semplice ” vantaggio” ( avere) …. ma ….” godere”( stato) delle fatiche….e ” anche questo viene dalle mani di Dio “.
Edonismo, sì, ma teologico, è lo stato in cui si sentì Dio quando creò, senza……fini di lucro,
Sul secondo punto, attenta perchè guardare troppo quello che fanno o sono gli altri a volte è sintomo di un blocco, tu stai ferma……, oppure…. può sfociare in competizione, (gli altri….migliori o io…migliore ).
Mi ha dato lo spunto Marco C., e questo il primo effetto dell’anno nuovo…
Rinnovo l’augurio di un tempo più sereno
Giovanna
Un ottimo effetto Giovanna se ci ha permesso di riascoltare la tua voce.
Direi che il proposito dell’anno nuovo potrebbe essere dunque svuotarci da tante certezze e soprattutto pregiudizi. I termini “religione” “fede” “credere o non credere” non ci appartengono più per come li abbiamo intesi fin’ora.
L’intento è lavorare per “spostarci” continuamente e sempre di nuovo in quello stato in cui, come bene hai detto, possiamo vivere in modo autentico ed integro la nostra “fede”.
Ti abbraccio e buon proseguimento in Darsi Pace.
Gabriella
Io non sono come voi, non ho un passato di frequentazioni religiose, tutt’altro. Si sono stata battezzata, come tutti più o meno in questo paese, ma non ha significato niente, quando andavo a scuola (pubblica) fino alla seconda elementare ancora si usava iniziare la giornata tutti in piedi con la signora maestra che dirigeva la preghiera della classe, ma non significava nulla, tutte cose che si facevano perché andavano fatte, così come si doveva essere iscritti all’anagrafe comunale. Da più grande è stato molto facile vedere le ipocrisie e le falsità dell’istituzione religiosa e dei suoi frequentatori da ambo i lati della barricata, farne un bel mucchio e rifiutare in blocco tutto. Ben altre erano le strade da percorrere per un riscatto delle vittime della terra, ben altri gli strumenti da utilizzare. Così semplicemente non ci ho pensato più. Senonché quarant’anni dopo mi sono ritrovata a girare senza intenzione, quasi per caso tra i banchi delle chiese vuote, a sedermi a riposare, poi a leggere qui e là, poi a cercare cosa leggere, poi a parlare con qualcuno che potesse dirmi qualcosa in più, poi a rivedere in fila momenti della mia vita che improvvisamente assumevano un altro colore e tutti insieme sembravano dirmi proprio qualcosa di preciso, poi ad ascoltare qualche Messa, poi mi sono chiesta cosa significasse esattamente ciascun gesto, poi ho sentito un sacerdote che leggeva il Vangelo, poi ho riletto il Vangelo, poi ho desiderato partecipare, poi ho desiderato non “di credere o credere meglio” ma di essere Impastata del Pensiero di Dio, poi mi sono arrabbiata perché dovrei sapere stravolgere la mia vita e invece è uguale, poi mi sono detta “che pretese! pazienta che sei un pivellino, pedala piuttosto”, ma questo non mi ha calmata affatto … Chiedi, prega qualcuno mi ha detto. Non mi basta. E, anche, tra le cose, pensavo al mio confuso modo di essere credente, il mio modo di questo posto, se fossi nata indiana pregherei sempre Dio in un altro mio modo. E qui è arrivato il video del quarto incontro: grande stupore, grande meraviglia, estrema curiosità.
Ciao a tutti.
Maria
“poi ho desiderato partecipare, poi ho desiderato non “di credere o credere meglio” ma di essere Impastata del Pensiero di Dio, poi mi sono arrabbiata perché dovrei sapere stravolgere la mia vita e invece è uguale, poi mi sono detta “che pretese! pazienta che sei un pivellino, pedala piuttosto”, ma questo non mi ha calmata affatto … Chiedi, prega qualcuno mi ha detto. Non mi basta.”
Che bella cosa che scrivi, Maria! Ti ringrazio, queste condivisioni autentiche e senza finzioni fanno molto bene. Riconosco l’umanità – che mi appartiene – di quello che dici, è proprio anche mia. E’ mio ogni tuo dubbio e tormento, ed è mia la tua “meraviglia e curiosità”, parimenti.
Anche i miei dubbi e i miei tormenti non evaporano in un momento (come vorrei), però c’è questo, ogni mattina mi posso alzare e dire “qui c’è una strada”. E mettere da parte – senza censurarle mai! – un momento tutte le mie riserve, e seguire questa curiosità… Vediamo un po’ dove mi porta…
Un abbraccio,
Marco
Cari amici,
il nostro percorso ci sta accompagnando verso quello spiraglio di luce che abbiamo intravisto.
Le nostre vite ci hanno portato sin qui ma ora potremo avere l’opportunità di scoprire come la semplicità del quotidiano può cambiare nei colori, odori, sapori, suoni e relazioni.
Avete notato come il numero 40 ricorre nelle nostre vite ?
Anche in quella del popolo eletto e di Gesù, sembra essere il tempo giusto di maturazione .
Se abbiamo lavorato bene ora ci conosciamo un pochino meglio, possiamo riconoscere le emozioni con i pensieri di fondo e smascherare gli automatismi caratteriali.
Tutto ciò non è poca cosa ma a noi piacciono gli ” effetti speciali ” quindi il rischio di impantanarci nelle resistenze è sempre grande, il nostro lento passo necessita sempre di un grande impegno, umiltà e pazienza.
La crescita è in atto !
La meditazione si arricchirà e l’io in conversione entrerà in relazione con la VITA, presto riceverete le parole di una preghiera dei figli di DIO che illuminerà la VIA e tutto sarà un pochino più chiaro.
Un abbraccio forte. Ale
Grazie Marco, come è bello sentirsi ascoltati, compresi e in cammino non più soli.
Faccio mio il tuo pensiero, anche io potrò dirmi “qui c’è una strada”.
Alessandro è tornato sulla errata ricerca di “effetti speciali”, già l’anno scorso lo disse a commento di un mio commento (scusate l’impiccio di parole), lì per lì rimasi disorientata, poi però ho continuato a ripensarci e ancora mi torna in mente, perché sì riconosco che “a noi piacciono gli effetti speciali”, è anche vero però che il confine tra una paziente e umile calma e l’adagiarsi in una calma apparente ma in realtà mortifera è assai labile. Mi accorgo di non riuscire a dire bene ciò che intendo, quindi smetto. Ci tornerò su quando saprò spiegarmi meglio.
Anche io voglio abbracciarvi.
Maria
” è anche vero però che il confine tra una paziente e umile calma e l’adagiarsi in una calma apparente ma in realtà mortifera è assai labile. Mi accorgo di non riuscire a dire bene ciò che intendo”
Sbagli, Maria. Ma soltanto dove dici che non riesci a spiegare bene. A me sembra di capire lucidamente il tuo pensiero, e ne sono confortato, perché riflette bene la mia stessa interiorità e dà voce a cose che tutti, penso, dobbiamo affrontare. E allo stesso tempo mi sprona e mi forza a comprendere la ragionevolezza del percorso.
Se non sono in errore, quella che tu individui è la sottile linea tra pazienza e rassegnazione. Simili ad una superficiale esame esterno, ma totalmente diversi per l’animo. Direi, uno è uno stato ad alta frequenza, l’altro è una sua degenerazione a frequenza bassa. Abbiamo tutti bisogno di tornare sul primo stato, dove poi avvengono le cose e ci possono essere sorprese (quando uno è rassegnato è come se si confinasse in una zona di universo dove tutto ciò che accade conferma la sua posizione di tristezza). Beh forse ora sono io a non essere molto chiaro… comunque era per dire che qui c’è qualcosa da verificare bene, su cui – probabilmente – è ragionevole scommettere.
Gli effetti speciali, del resto, piacciono molto anche a me. Vorrei svegliarmi una mattina (diciamo, domattina, perché sono impaziente…), ed essere istantaneamente convinto del percorso, convinto della scelta di fede e della sua umana convenienza, libero da sensi di colpa e inadeguatezza, soddisfatto e sereno e capace di gestire gli impulsi e navigare le passioni.
Così a volte vince il disappunto: come al secondo anno non sono ancora cambiato? Ma non è che…..? Poi in altri momenti capisco che sto facendo resistenza… una forte resistenza. Ma se faccio resistenza, vuol dire magari che qui c’è veramente qualcosa di “sovversivo” per la mia vita (altrimenti l’ego se ne starebbe tranquillo, invece si sente minacciato).
Vediamo. Diamo spazio. Nonostante io non sia come vorrei, qualcosa mi dice che non sono qui per caso. Tutto questo accade per un motivo.
Un abbraccio forte forte,
Marco
Condivido molto quanto ha scritto Giovanna Tarì sulla fede che NON E’ QUALCOSA CHE SI POSSIEDE O SI HA, come impropriamente si dice, ma LA SI PUÒ DEFINIRE UNO STATO TRANSEGOICO, dunque, DELL’ESSERE. L’ego, in quanto tale, è una distorsione identitaria secondo le categorie dell’avere-possedere-potere, che sono poi categorie economicistico-sacrificali, rispetto alla divina, originaria identità fondata sulla GRATUITA’ DEL DONO. Questa è la nostra eredità di “figli di Dio” della quale, perciò, non possiamo re-impossessarci ma accogliere come puro dono della Sua benevolenza. E da questa dinamica trans-figurativa di identità (attraverso progressive ‘rettificazioni’), si evince l’importanza del ‘lasciarsi andare’, ‘non trattenere’, ‘abbandonarsi’. Buon Anno a tutti, Ettore.
Si Marco, hai inteso bene e hai detto meglio, molto meglio.
Provo però a trascinare il tema giù alle faccende di ogni giorno, cose concrete, impoverisco il discorso quindi ma devo misurare la difficoltà in qualche modo.
Per esempio, osservando bene, mi accorgo di svolgere, nei fatti, il lavoro di “asina alla macina”. Succede pure che ogni tanto qualcuno venga e mi dia un po’ d’acqua, mi metta una benda nuova sugli occhi più morbida, mi conceda una pausa, ecco sono pure giustamente grata per il sollievo ma sempre attaccata alla macina rimango, oppure succede che io stessa impari a modulare il passo e il respiro così da fare meno fatica, a governare il pensiero così da non diventare totalmente scema, ecco tutto ciò mi permette solo di far meglio la mia parte in un ingranaggio che (nonostante i proclami) in sé è sterile se non dannoso, retto da leggi e funzionale ad obiettivi che non sono miei e non sono nemmeno condivisibili.
Eppure se annuso l’aria avverto che c’è dell’altro altrove, neanche lontano, proprio lì intorno a me, ciononostante continuo a non fuggire, a non scalciare, a non morire finalmente. Mi invitano alla ragionevolezza anche i più accorti, i più illuminati, i più liberi e io mi adatto, ci provo. Come faccio a trovare la Grazia nella vita di ogni giorno? Ma è davvero possibile trovarla nella vita di ogni giorno? O la trovi se la vita di ogni giorno la cambi? Sono io che interpreto male? Quanto della protesta inespressa è dettato dall’egoismo, dalla paura, dalla vigliaccheria? Quanto del desiderio di rivolta non agito è dettato dalla presunzione, dalla fretta? Quanto chi mi circonda va capito e quanto invece combattuto?
Che confusione
Sto dicendo le prime cose che mi vengono in mente, ma so che ce ne sono altre. Il sistema è complesso e sicuramente non converge, nemmeno se rilasso i vincoli.
I Santi non si adattano, gli eroi neanche (nemmeno quelli che nessuno conosce), Gesù era “folle”. E almeno per i Santi e Gesù non si può parlare di “effetti speciali”. No?
BUONA giornata
(rileggendo mi sembra un po’ infantile, ma lo mando lo stesso)
Ciao Maria,
prova a guardare meglio e vedrai che siamo in moltissimi ad essere attaccati alla tua stessa macina, non che questo alleggerisca il carico ma sicuramente prenderne consapevolezza è il primo passo verso un futuro che potrebbe essere diverso.
Scoprire la macina che ci grava addosso è un passo fondamentale e non tutti purtroppo ci riescono, aiutare i vicini a farlo aiuta anche noi a capire dipiù quei meccanismi che lo hanno permesso.
Del resto chi cresce vede le cose con occhi nuovi, cadono le scaglie che lo impedivano, e il cambiamento inizia il suo corso; come si concretizzerà non è prevedibile ma se restiamo concentrati sicuramente avverrà perchè saremo pronti a cogliere al volo l’occasione propizia.
A proposito di ciò che annusi nell’aria, forse è più vicino di quello che sembra.
Nella nostra ricerca stiamo andando piano-piano sempre più in profondità, la nostra interiorità si sta svelando uno spazio accogliente e vasto nel quale poter accogliere relazioni vere che permetteranno una sempre maggiore consapevolezza e di conseguenza liberazione.
Come potrebbe esistere una libertà senza la consapevolezza del proprio stato, nella Verità ?!
L’esperienza che sto vivendo in DP dopo 10 anni non mi ha alleggerito il carico e non mi ha reso più forte, il peso a volte sembra addirittura maggiore ma capire come mi sono ritrovato così e sapere che posso aiutare altri a non cadere sotto lo stesso gioco mi da una grande motivazione che trasforma, a volte, lo stato quotidiano in grazia.
Siamo solo al quarto incontro di un cammino di 7 anni per iniziare………
Un abbraccio Ale
Ah caro Alessandro, lo so bene che non sono l’unica legata alla macina, non dicevo solo per me (fossi solo io non varrebbe la pena neanche parlarne), vedo chiaro che è condizione generale, ma è proprio questo quello che non va. Non è nemmeno la fatica che mi spaventa, questo se mai è il lato facile anche perché quando non ce la fai più stramazzi e il problema è risolto, ciò che tormenta è sapere che tutta questa energia spesa si risolve solo in un qualcosa che consente al meccanismo perverso di autoriprodursi.
Leggerò di nuovo il tuo commento, ho imparato che c’è sempre dell’altro oltre a quello che risulta evidente alla prima lettura.
Notte serena
Maria
Cara Maria mi unisco ad Alessandro e Marco nel condividere la tua amarezza che è la stessa che accompagna la nostra esistenza quando ci sentiamo imprigionati.
Nella mia vita ho sempre vissuto nella carne l’idea che solo faticando fino allo stremo delle mie forze potevo essere una persona degna di essere amata e accettata.
Questo mi ha portato ad un iperattivismo causa di malessere e disperazione ed al contempo ad una insofferenza verso le persone cosiddette sfaticate quelle che fanno tutto con i “loro tempi”.
Il percorso in Darsi Pace mi ha fatto comprendere questa distorsione e se pur, come dice Ale, non è cambiato molto nel mio quotidiano (anche perché non sempre ci si può fermare) sicuramente vivo in modo più sereno, dandomi delle priorità.
E’ importante affrontare ogni cosa vedendone il senso anche come occasione per donare e gustandone il lato positivo (che c’è sempre).
Nelle occasioni in cui io non ci riesco ecco allora mi affido con la meditazione e la preghiera e chiedo aiuto, ma niente rassegnazione né adattamento!
Ho imparato ad essere un po’ meno Marta e un po’ piu Maria e questo mi sembra già un bel salto di qualità.
Ti abbraccio con tanto tanto affetto Gabriella
“Ho imparato ad essere un po’ meno Marta e un po’ piu Maria…” (Gabriella)
Faccio mia questa frase che cita Gabriella, anche io la rifletto da un po di tempo, e mi rimanda alla festività di ieri giorno dell’Epifania, alla Parola e all’omelia ascoltate: i magi si prostrano e adorano…, non chiedono nulla, ed è strano perchè generalmente quando ci si mette a pregare, si è sempre spesso portati a chiedere qualcosa.. Così diceva ieri il mio vescovo nell’omelia, e mi è piaciuta questa riflessione, perchè ho sentito in me che ieri potesse essere un giorno in cui “meravigliarsi”, ringraziare, non chiedere, lodare… magari per i tanti doni e cose belle che già ho ricevuto, e allo stesso modo stare in silenzio, meditando attento ad ascoltare o intravedere dal mio di dentro un percorso, una idea, una direzione, approfittando della luce della stella che non è fuori di me, ma dentro, perchè è la luce di Cristo.
Dedico queste righe a te Marco C., affinchè le tue domande e spinte a comprendere, o a fare sempre meglio, possano trovare nella figura di Maria, una specie di esempio, aiuto o conforto, e che se rallentiamo il ritmo e ci adagiamo lievemente, è solo per riconoscere meglio ciò che è più consono alle ragioni spirituali, e non a quelle che potentemente il mondo ci sbatte in faccia da subito appena ci si sveglia al mattino, aprendo un tg, o mettendoci in auto…
Buon anno 2016, a tutti, …che sarà quello della svolta, dai 🙂
Gabriella grazie per quel che dici.
Vado di corsa, non dovrei essere davanti al pc in questo momento, mi urge però riferire dei pensieri, delle associazioni che mi frullano in testa, forse servono a chiarire ciò che intendo, se invece generano solo confusione mi perdonerete.
A) “Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10, 40-42)
Noto che il Signore non ha detto a Marta di portare pazienza, né a Maria di aiutare la sorella.
B) Vi sono belle pagine di Tolstoj (adesso però non saprei dire con precisione quali) in cui si propone il modo per raggiungere o tendere verso una “vera” concezione di vita ed è il lavoro interiore che ciascuno, ogni singolo piccolo individuo, nella sua giornata, deve fare per essere l’artefice del proprio miglioramento morale.
C) Gandhi che ha insegnato che non ci si deve sottomettere al male né opporvisi usando i suoi stessi strumenti …
D) Marco Guzzi IV incontro, dal minuto 9 della seconda parte “La rivelazione cristiana… l’Assoluto , l’intelligenza si è incarnata in un uomo… il Verbo è sceso nel più buio della realtà terrestre …”
E) Marco Castellani in queste pagine “… tra pazienza e rassegnazione. Simili ad un superficiale esame esterno, ma totalmente diversi per l’animo. Direi, uno è uno stato ad alta frequenza, l’altro è una sua degenerazione a frequenza bassa. Abbiamo tutti bisogno di tornare sul primo stato, dove poi avvengono le cose e ci possono essere sorprese”
Bene, allora se l’Intelligenza si è incarnata e io mi “nutro” di questo “fatto” DEVO esprimerla nella mia vita, in ogni singolo istante della mia vita, come persona come cittadino e così via. Devo saper riconoscere l’albero che produce frutti da quello sterile, ma non da domani, da ora, devo trovare le forme che almeno non mi rendano complice del meccanismo perverso che ci lega tutti alla macina, devo costantemente fare operazione di verità, discernere quantomeno tra la pazienza “produttiva” e la rassegnazione, costi quel che costi.
Mi fermo e vi abbraccio
Maria
Dici bene Maria, “Devo saper riconoscere l’albero che produce frutti da quello sterile, ma non da domani, da ora, devo trovare le forme che almeno non mi rendano complice del meccanismo perverso che ci lega tutti alla macina, devo costantemente fare operazione di verità, discernere quantomeno tra la pazienza “produttiva” e la rassegnazione, costi quel che costi.”
Qual è la pazienza produttiva? Come distinguerla dalla rassegnazione? Mi colpisce proprio stamattina questa domanda, davanti ad un problema banale ma molto pungente, legato alla problematica scolastica di uno dei miei figli.
Come vado al lavoro, stamattina, con pazienza o rassegnazione? In realtà, come dice Marco, noi oscilliamo continuamente tra diversi stati. Così io passo dall’uno all’altro varie volte in un solo minuto. Io, praticante DP del secondo anno, in un cammino di fede in un movimento ecclesiale da più di 30 anni, posso rischiare, per un problema non piccolo ma nemmeno devastante, di passare la giornata nella inconsapevolezza.
Ci penso, e mi sembra di comprendere qualcosa. Un piccolo seme. Ma decisivo. E si ricollega a quanto scrivi, cara Maria (e già nel tuo nome c’è tutto, in fondo….).
Per quanto conta, vi dico quanto mi sembra di capire. La pazienza di suo ha la fiducia, la “scommessa” sul fatto che vi sia la strada. Che il baratro non sia l’ultima parola. Una appartenenza tranquilla è il modo di cambiare il mondo, una fede semplice. Questo mi pare di capire adesso. Una appartenenza tranquilla, sporchi e irrisolti come siamo. Pieni di dubbi e difetti (parlo per me, si intende…).
Dubbi, mancanze, miserie. D’accordo. Non è un problema.
L’appartenenza tranquilla è dirompente, è intrinsecamente rivoluzionaria.
Ogni altra valutazione, ogni considerazione su se stessi, è il gioco dell’ego che vuole comunque governare il processo.
Sì Marco è così come dici, più ci penso e più mi sembra chiaro, ma anche difficile. Grazie
Maria
Sì Maria, hai ragione.
E’ difficile, è molto difficile. Anche ieri, al suo intervento alla parrocchia romana, Marco non l’ha nascosto. E’ difficile. E’ impegnativo.
Ma forse è possibile. Forse siamo vivi per questo. Non per essere bravi mariti, mogli, genitori, lavoratori, elettori, consumatori. Nemmeno per accumulare punti di virtù (e io starei messo malino…).
Forse siamo vivi per scegliere liberamente questo percorso. Forse facciamo del bene a tutti gli uomini e all’universo intero, accogliendo questo lavoro. E un passetto avanti anche microscopico, anche visto da nessuno, è una gloria dei cieli, in qualunque condizione io mi trovi. Senza confrontarmi con nessuno.
In ogni momento, per quanto assillato da mille dubbi, c’è questo.
Ci sono io, e questo possibile lavoro.
Forse, il resto sono chiacchiere.
un abbraccio,
Marco
Grazie per le vostre riflessioni.
È proprio così, la nostra vita si gioca ogni giorno sulla ricerca del giusto equilibrio tra Marta e Maria, tra i doveri e l’ascolto, le persone che incontriamo e il rivolgimento interiore, il servizio e la lode, il voler bene e il lasciarsi voler bene.
Le ore del giorno sono poche però. Per me che tendevo all’improvvisazione, si è rivelata corroborante, potente, e – guarda un po’ – fonte di gioia, la disciplina, che mi spinge ad organizzarmi meglio per trovare il tempo da dedicare alla pratica e allo studio e poi al mettere in pratica. Il tempo ritrovato è quello sottratto al lamento interiore, al tendermi trappole dolorose, al sentirmi inadeguata.
Aspettando l’incontro di domani, saluto affettuosamente tutti con la famosa frase di Anne Herbert
“Practice random kindness and senseless acts of beauty”
A presto, Lidia
Si Lidia attendiamo l’appuntamento di domani per ridare forza allo Spirito che è in noi! Ogni incontro è una sorta di nutrimento a cui personalmente non so rinunciare da molti anni. D’altra parte noi siamo sempre principianti e ogni volta è un vero “inizio”.
A presto Gabriella
….ogni volta è per me una esperienza del profondo, un momento di Grazia, dove l’Essere c’invita ad essere (non più maschere). Alleluja!
Decenni di galera spirituale, volti spenti e relazioni non autentiche, pensieri inespressi a cui questo percorso finalmente ha messo parole. Comincio finalmente un percorso di liberazione che mi fa bene e nel quarto incontro M. Guzzi (dice una buona parte di me) ecco, mi vuol ricacciare dentro la fede. Ma allora non è cambiato niente. Di nuovo migliaia di preghiere, migliaia di messe, migliaia di pensieri di tipo religioso. Io ho chiuso ma proprio chiuso con questo tipo di spiritualità diciamo dogmatico-religiosa.
Ho capito dalle risposte alle domande fatte in sala che non è così ma è qualche cosa di nuovo ma perdonate la mia arroganza di ignoranza proprio ma deve essere qualche cosa di veramente nuovo ma anche nei riti proprio non solo nella interiorità se è vero che il Cristo è vivo ora e trasforma tutte le cose con l aiuto del nascente ovviamente.
Mi piacerebbe liberarmi di questo peso oppressivo con cui ho vissuto la fede (e la vita) per tanti anni e rapportarmi con questa persona (il Cristo)in modo veramente libero e a ben guardare con qualsiasi persona.
Tanti saluti e auguri a tutti,
Claudio.
“Decenni di galera spirituale, volti spenti e relazioni non autentiche, pensieri inespressi a cui questo percorso finalmente ha messo parole. Comincio finalmente un percorso di liberazione che mi fa bene e nel quarto incontro M. Guzzi (dice una buona parte di me) ecco, mi vuol ricacciare dentro la fede. Ma allora non è cambiato niente. Di nuovo migliaia di preghiere….”
Claudio, stamattina sono tornato incuriosito al sito riservato, per cercare proprio qualcosa del genere. Se qualcun altro percepiva in qualche punto alcune mie stesse senzaioni, alcuni timori.
Il punto a cui siamo arrivati mi sembra de-ci-si-vo, e dopo un anno e mezzo di lento avvicinamento, potremmo dire che la scommessa di fondo si svela. In questo senso era anche la mia domanda a fine lezione, come forse avrai visto. E molto interessante e “lavorabile” la risposta franca di Marco (e mi piace anche quella di Alessandro, che ha messo qui al tuo intervento).
Ci sto pensando molto, a questa lezione. A questo rientrare convinti nel cristianesimo. E non posso che essere molto biografico, nel valutarla. Si tratta di una decisione cruciale per me, e non valgono termini generici o generali. Perdonatemi, ma qui è in gioco (per dirla con Giussani) una “decisione per l’esistenza”.
La mia traiettoria nella fede è stata – per anni – una altalena di conforto e di entusiasmo, mista a momenti cupi e periodi di fortissimi sensi di colpa, a volte invalidanti, che hanno richiesto e richiedono tuttora terapie psicologiche (curioso che i sensi di colpa erano ancora più forti in passato, quando – se è lecito far questi conti della serva – forse ero meno “peccatore” di adesso). Sarei forse scappato se il Destino non mi avesse messo sotto il naso continuamente “testimoni” (scusate la clericalità del termine… non so come altro dire), ovvero persone chiaramente e indubitabilmente cambiate -in meglio – dall’incontro della fede. Laici e sacerdoti: persone che non potevo ridurre ad una mia congettura. Nel mio percorso di fede ne ho trovate e ne trovo tuttora. Che DEVI dire “ma allora la fede è un’altra cosa…”
Però nelle mie giornate si declina spesso in una ansia e un’angoscia veramente che rovinano la vita, in un senso di vergogna per questa o quella prescrizione che non riesco a rispettare (…o forse non voglio?), per tanti miei desideri e impulsi e sensazioni che la mente dice “sbagliate”, e giudica senza appello. A volte la tentazione, lo ammetto con dolore e non certo con supponenza, è di “uscire” da tutto, da tutto questo sistema di pensiero, nella speranza – probabilmente fallacie – che si viva più sereni. Ma la nostalgia di un senso, rimane.
Ora sono più alle strette, da questa lezione in avanti mi sembra non si possa più giocare sul “ci sono ma non ci sono”.
Come affrontare – non dico in generale, dico PER ME – questa decisione? E perché questi sensi di colpa devastanti? Nonostante tutto il parlare cattolico di misericordia, poi trovarsi davanti una immagine di una divinità prima di tutto severa e giudicante? E poi, ancora: entrare nella fede è assumere ipso facto tutto l’apparto normativo che, piaccia o no, regola financo i comportamenti più intimi? Anche quest’ultima domanda mi preme, in questo periodo elettrizzante da un verso, ma un po’ confuso dall’altro (anche a livello affettivo).
All’inizio ero piacevolmente confortato dall’approccio “psicologico” di Darsi Pace. La fede – che mi attira e mi spaventa – era certo sottesa, eppure non esplicitamente messa a tema. Potevo non essere spaventato, non dovevo ancora “scegliere”. Ora le cose, lo avverto, stanno cambiando.
Ecco perché l’altra volta ero emozionato e allarmato allo stesso modo. Il mio compromesso interno, raggiunto dopo tanto acuto soffrire psicologico (credere sì ma non “troppo”…) per quanto insufficiente, mi aveva tenuto in piedi fino ad ora, ma qui stava rischiando di saltare…
Dico tutto questo, si badi, con una ultima gratitudine che non deve essere taciuta: la gratitudine concreta di aver trovato un posto dove poter dire queste cose, dove mettermi “a nudo”, e sapendo di essere accolti con affetto e intelligenza, come ho riscontrato abbondantemente in questo anno e mezzo di timida sequela.
Ed è possibile (non posso escluderlo) che la risposta non sia in un discorso, ma in un percorso. Ammetto che possa essere “iniziatica” in un certo senso. Anzi, forse lo spero.
Un abbraccio e moltissimi auguri!
Auguri anche a te caro Claudio, ai tuoi familiari e a tutte le persone a cui vuoi bene.
Ci siamo caro da qui in avanti ciò che auspichi si potrà realizzare ma non senza il tuo lavoro.
Ora cominci a vedere cosa ti imprigiona da tanto tempo e già questo è fondamentale, il nuovo si realizza in noi di pari passo alla nostra VERA disponibilità, quella apertura che ci permetterà di accogliere la PAROLA nuova che rinnova tutte le cose anche se apparentemente restano come prima.
Sarà la nostra capacità di accoglienza che metterà in movimento ciò che lo SPIRITO da sempre ci dona, proseguiamo con la pazienza e la fiducia del contadino che torna a casa dopo aver seminato il campo.
Un abbraccio Ale eeereeeeeeeeee
TANTISSIMI AUGURI PER UN VERO E PROFONDO NATALE
ORIGINE DEL NUOVO INIZIO.
A voi tutti ed alle vostre famiglie.
Mi è piaciuta molto la risposta di uno dei presenti, che l’antidoto alla normale paranoia esistenziale è la ‘metanoia’: non ci avevo mai pensato! Per quanto riguarda, poi, sempre la prima parte del quarto incontro, soltanto una piccola rettifica mi permetto, Marco, di fronte alle tue inoppugnabili argomentazioni: hai citato due volte la parola ‘sacro’ in riferimento all’oltre’ iniziatico’. Pur se tecnicamente appropriata, la parola è comunque legata ad un paganesimo ‘sacrificale’ ossia ‘dionisiaco’. Parlerei piuttosto di un ‘oltre’ santificato e santificante così come donatoci dal Crocifisso. Con immensa stima, Ettore.
Grazie, carissimo Ettore, della precisazione, ora non ricordo, forse parlavo delle iniziazioni appunto sacrali, precristiane, non so, comunque tanti affettuosi auguri! Marco
Ringrazio Marco Castellani per il suo intervento scritto, come sempre, con la precisione e la spontaneità che gli sono propri. E credo che le sue emozioni contrastanti rappresentino tutti noi di fronte ad una “scelta” come quella che il percorso di Darsi Pace propone a questo punto del secondo anno.
Unita al timore che il nostro credo sia solo una delle tante rappresentazioni dell’ego è la speranza che finalmente l’anelito della pienezza di vita trovi una direzione!
Ed è con l’augurio di ravvivare sempre più questa speranza umilmente ma con la ferma convinzione che solo questo ha un senso che auguro a tutti voi cari amici un anno 2016 sereno e di pace. Gabriella
Caro Marco, due appunti su questo quarto incontro, che trovo ESTREMAMENTE interessante!!!
1) tu affermi che le tradizioni precristiane “predichino” sostanzialmente tutte l’ascesi, contrariamente al cristianesimo. Mi sembra però che almeno l’ebraismo faccia eccezione in questo. Non che non ci siano pratiche ascetiche nell’ebraismo, cosi come nel cristianesimo, ma il cuore dell’ebraismo non mi sembra lo si possa individuare nella “rinuncia al mondo” di tipo ascetico-buddhista. Forse potresti precisare con due righe come leggi tu l’ebraismo.
2) Per quanto riguarda l’Islam, e per quello che ho studiato, a me sembra una religione che eredita alcuni aspetti dell’ebraismo e del cristianesimo, ma che non ne eredita aspetti fondamentali tipo la libertà di coscienza ed il “dialogo interiore” con Dio ecc. Nel senso che nell’Islam, per come lo conosco io, conta quello che fai, non quello che pensi o senti. L’importante è non rubare, e se lo fai, ti taglio una mano, se commetti adulterio (proibito), anche con una donna consenziente, c’è la pena di morte. Punto. Non è contemplata la libertà di peccare, come ad esempio nel cristianesimo, con la possibilità del pentimento ecc. è una religione anche più “barbara” direi dell’ebraismo, e non un compimento. Certo, maometto ha creato e diffuso una religione tra i beduini del deserto (popolazioni guerriere), e questo va riconosciuto come un’impresa impressionante, in senso positivo, però è indiscusso che, nella sua biografia ad esempio, è presente molta violenza, ha attaccato e derubato caravane, ha ucciso e/o lasciato uccidere, ecc.
Mi chiedo come si possa quindi affermare che tutti i punti di vista, tutte le religioni, sono “ammissibili”. Un conto è fare delle crociate, quando nel vangelo si trovano gli anticorpi per denuciarle come obbrobrio, altro è una religione come l’Islam, la quale si basa non solo sul corano, ma anche la Sunna, che racconta i comportamenti di Maometto e che viene presa come fondamento dottrinale dell’islam (o almeno da un certo Islam). Questo lo fa anche il cristianesimo (vedere come il Cristo si è comportato e cercare di imitarlo), ma Cristo è stato un “non violento”, non un guerriero. Tu cosa pensi in proposito?
Ciao. Emanuele
PS: Qui in Germania è pieno di musulmani, e ho anche delle conoscenze (purtroppo solo conoscenti, e non amici, purtroppo) musulmane. Ne ho conosciuto anche a scuola, tra i ragazzi. A me sembra che fatichino molto a dialogare con l’occidente cristiano, proprio perchè per loro il dialogo non è un valore. I musulmani liberali sono quelli che, come la maggior parte dei “cristiani” ormai, non credono piu veramente nella propria religione
Caro Emanuele, certamente l’esperienza del popolo di Israele è cosa diversa dalle religioni precristiane, essa è la radice, la storia che prepara l’Incarnazione, e così noi leggiamo l’ebraismo: esso è l’antico testamento, dal quale il Cristo nasce, e che Egli porta a compimento con un rovesciamento però di prospettive. In tal senso Giovanni Battista, ultimo profeta dell’antico, è il più piccolo nel Regno.
Per quanto riguarda l’Islam io mi limiterei per ora a segnalare che esso propone un rapporto ancora molto separante tra Dio/Assoluto e uomo, una sottomissione determinata da una distanza incolmabile. Non vive cioè, in quanto non conosce e non vuole riconoscere, l’Incarnazione, la coniugazione indissolubile tra Dio e Uomo, tra Parola di Do e parola (storica) dell’uomo.
Da ciò derivano molti degli effetti che indichi.
Per ora comunque il nostro compito consiste nel comprendere la novità dell’Io in relazione, da cui nasce l’Io in Cristo, e cioè la rivoluzione che Cristo attua nella storia delle religioni, e quindi del mondo, per riattualizzarla ADESSO.
Ciao. Marco
Caro Marco, e cari amici, dovrebbe essere abbastanza chiaro che qui non si propone alcun ritorno all’ordine, alcun rientro acritico in gabbie psichiche o culturali del passato.
Qui noi proponiamo un andare ancora più avanti nella libertà e nella realizzazione personali.
Ciò comporterà, come vedrete, un confronto molto serrato e appunto critico con tutta la storia del cristianesimo e con gli assetti attuali delle chiese, un confronto che è d’altronde già avviato da tempo, almeno dal Concilio in ambito cattolico.
Le nostre paure sono più che comprensibili, e, come dici, ruotano attorno ad immagini ed esperienze concrete di fede e di appartenenza alle chiese, che ci hanno deturpato, imprigionato, avvilito, a volte per secoli.
La scelta della fede in Cristo per noi e in questo 2016 non può che sgorgare da una coscienza molto critica, nutrita da tutti gli elementi della modernità e dello stesso nichilismo, per quel tanto che queste correnti culturali avevano di evangelico, e cioè di liberatorio.
Cosa che lo stesso Benedetto XVI dovrebbe avere insegnato al cattolicesimo del XXI secolo. Ma, lo so, siamo ancora molto indietro, forse di due secoli, come diceva Martini; ma i passi personali, umilissimamente profetici, li possiamo già compiere, ed è ciò che tentiamo nei nostri gruppi.
Un abbraccio. Marco
Affettuosi auguri di buon 2016 al gruppo del secondo anno e grazie di cuore a voi Marco Paola Gabriella e Alessandro, che rendete possibile questa esperienza che sta trasformando il mio cuore!
Un abbraccio. Lidia
Grazie Lidia cari auguri anche a te
Caro Marco,
grazie perché le tue parole (quelle scritte qui, e quelle che hai pronunciato alla lezione) suscitano in me un senso di autentica speranza, danno sprazzi di luce su una via che ora intravedo possa esserci come percorso di “salvezza” autentica tra le alternative entrambe insoddisfacenti che soltanto vedevo, cioè andar via da “tutto” (ma andar dove?) o rimanere nella gabbia mugugnando e mascherando il rancore per una sensazione cupa di “promessa non realizzata”.
Credo – e mi accorgo sempre più – che il percorso del 2016 che ci aspetta in Darsi Pace possa essere di importanza decisiva. E non credo sia per caso che io ci arrivi adesso, quando più acuminato che mai è il “pungolo” per il cammino di risoluzione e di scioglimento delle prospettive (ultimamente) egoiche.
L’anima è in qualche modo tutto, infatti tutto avviene “per me”.
Anche questo.
Un abbraccio,
Marco
Buon giorno e buon anno
sì, sono d’accordo, l’idea fissa del ” possesso” e dell’ ” avere ” che noi umani continuiamo fin da adulti a coltivare è totalmente malefica, pertanto la fede ” non si ha” e tantomeno ” non si possiede”: anch’io dico che la fede è uno stato dell’anima; e se siamo in un certo stato , questo influenza e condiziona il nostro parlare, o forse il contrario.
Possiamo collegare questa riflessione al ” vantaggio ” di cui tanto parla il sapiente Qoelet?. Non usiamo forse anche noi lo stesso linguaggio economicistico quando ci poniamo di fronte alla domanda di senso, di un utile o di un’inutilità della sofferenza , del dolore, della vita stessa?
Ancora se Qoelet che era un grande saggio è andato in crisi, ha dato risposte negative sul mondo da fargli dire ” odio la vita e …. ogni lavoro fatto da me sotto il sole”….., pensa come posso sentirmi io che non sono nessuno……
Ma attenzione…. perchè anche Elia pregò Dio: ” Signore prendi la mia vita perchè non sono migliore dei miei padri”, ma egli era in preda ad una forte depressione .( pensava forse al grande Mosè?).
Allora Qoelet, come qualcuno ha osservato, ha aperto il cervello ed è riuscito ad elaborare la depressione, il lutto, tanto da ritrovare non più quel semplice ” vantaggio” ( avere) …. ma ….” godere”( stato) delle fatiche….e ” anche questo viene dalle mani di Dio “.
Edonismo, sì, ma teologico, è lo stato in cui si sentì Dio quando creò, senza……fini di lucro,
Sul secondo punto, attenta perchè guardare troppo quello che fanno o sono gli altri a volte è sintomo di un blocco, tu stai ferma……, oppure…. può sfociare in competizione, (gli altri….migliori o io…migliore ).
Mi ha dato lo spunto Marco C., e questo il primo effetto dell’anno nuovo…
Rinnovo l’augurio di un tempo più sereno
Giovanna
Un ottimo effetto Giovanna se ci ha permesso di riascoltare la tua voce.
Direi che il proposito dell’anno nuovo potrebbe essere dunque svuotarci da tante certezze e soprattutto pregiudizi. I termini “religione” “fede” “credere o non credere” non ci appartengono più per come li abbiamo intesi fin’ora.
L’intento è lavorare per “spostarci” continuamente e sempre di nuovo in quello stato in cui, come bene hai detto, possiamo vivere in modo autentico ed integro la nostra “fede”.
Ti abbraccio e buon proseguimento in Darsi Pace.
Gabriella
Io non sono come voi, non ho un passato di frequentazioni religiose, tutt’altro. Si sono stata battezzata, come tutti più o meno in questo paese, ma non ha significato niente, quando andavo a scuola (pubblica) fino alla seconda elementare ancora si usava iniziare la giornata tutti in piedi con la signora maestra che dirigeva la preghiera della classe, ma non significava nulla, tutte cose che si facevano perché andavano fatte, così come si doveva essere iscritti all’anagrafe comunale. Da più grande è stato molto facile vedere le ipocrisie e le falsità dell’istituzione religiosa e dei suoi frequentatori da ambo i lati della barricata, farne un bel mucchio e rifiutare in blocco tutto. Ben altre erano le strade da percorrere per un riscatto delle vittime della terra, ben altri gli strumenti da utilizzare. Così semplicemente non ci ho pensato più. Senonché quarant’anni dopo mi sono ritrovata a girare senza intenzione, quasi per caso tra i banchi delle chiese vuote, a sedermi a riposare, poi a leggere qui e là, poi a cercare cosa leggere, poi a parlare con qualcuno che potesse dirmi qualcosa in più, poi a rivedere in fila momenti della mia vita che improvvisamente assumevano un altro colore e tutti insieme sembravano dirmi proprio qualcosa di preciso, poi ad ascoltare qualche Messa, poi mi sono chiesta cosa significasse esattamente ciascun gesto, poi ho sentito un sacerdote che leggeva il Vangelo, poi ho riletto il Vangelo, poi ho desiderato partecipare, poi ho desiderato non “di credere o credere meglio” ma di essere Impastata del Pensiero di Dio, poi mi sono arrabbiata perché dovrei sapere stravolgere la mia vita e invece è uguale, poi mi sono detta “che pretese! pazienta che sei un pivellino, pedala piuttosto”, ma questo non mi ha calmata affatto … Chiedi, prega qualcuno mi ha detto. Non mi basta. E, anche, tra le cose, pensavo al mio confuso modo di essere credente, il mio modo di questo posto, se fossi nata indiana pregherei sempre Dio in un altro mio modo. E qui è arrivato il video del quarto incontro: grande stupore, grande meraviglia, estrema curiosità.
Ciao a tutti.
Maria
“poi ho desiderato partecipare, poi ho desiderato non “di credere o credere meglio” ma di essere Impastata del Pensiero di Dio, poi mi sono arrabbiata perché dovrei sapere stravolgere la mia vita e invece è uguale, poi mi sono detta “che pretese! pazienta che sei un pivellino, pedala piuttosto”, ma questo non mi ha calmata affatto … Chiedi, prega qualcuno mi ha detto. Non mi basta.”
Che bella cosa che scrivi, Maria! Ti ringrazio, queste condivisioni autentiche e senza finzioni fanno molto bene. Riconosco l’umanità – che mi appartiene – di quello che dici, è proprio anche mia. E’ mio ogni tuo dubbio e tormento, ed è mia la tua “meraviglia e curiosità”, parimenti.
Anche i miei dubbi e i miei tormenti non evaporano in un momento (come vorrei), però c’è questo, ogni mattina mi posso alzare e dire “qui c’è una strada”. E mettere da parte – senza censurarle mai! – un momento tutte le mie riserve, e seguire questa curiosità… Vediamo un po’ dove mi porta…
Un abbraccio,
Marco
Cari amici,
il nostro percorso ci sta accompagnando verso quello spiraglio di luce che abbiamo intravisto.
Le nostre vite ci hanno portato sin qui ma ora potremo avere l’opportunità di scoprire come la semplicità del quotidiano può cambiare nei colori, odori, sapori, suoni e relazioni.
Avete notato come il numero 40 ricorre nelle nostre vite ?
Anche in quella del popolo eletto e di Gesù, sembra essere il tempo giusto di maturazione .
Se abbiamo lavorato bene ora ci conosciamo un pochino meglio, possiamo riconoscere le emozioni con i pensieri di fondo e smascherare gli automatismi caratteriali.
Tutto ciò non è poca cosa ma a noi piacciono gli ” effetti speciali ” quindi il rischio di impantanarci nelle resistenze è sempre grande, il nostro lento passo necessita sempre di un grande impegno, umiltà e pazienza.
La crescita è in atto !
La meditazione si arricchirà e l’io in conversione entrerà in relazione con la VITA, presto riceverete le parole di una preghiera dei figli di DIO che illuminerà la VIA e tutto sarà un pochino più chiaro.
Un abbraccio forte. Ale
Grazie Marco, come è bello sentirsi ascoltati, compresi e in cammino non più soli.
Faccio mio il tuo pensiero, anche io potrò dirmi “qui c’è una strada”.
Alessandro è tornato sulla errata ricerca di “effetti speciali”, già l’anno scorso lo disse a commento di un mio commento (scusate l’impiccio di parole), lì per lì rimasi disorientata, poi però ho continuato a ripensarci e ancora mi torna in mente, perché sì riconosco che “a noi piacciono gli effetti speciali”, è anche vero però che il confine tra una paziente e umile calma e l’adagiarsi in una calma apparente ma in realtà mortifera è assai labile. Mi accorgo di non riuscire a dire bene ciò che intendo, quindi smetto. Ci tornerò su quando saprò spiegarmi meglio.
Anche io voglio abbracciarvi.
Maria
” è anche vero però che il confine tra una paziente e umile calma e l’adagiarsi in una calma apparente ma in realtà mortifera è assai labile. Mi accorgo di non riuscire a dire bene ciò che intendo”
Sbagli, Maria. Ma soltanto dove dici che non riesci a spiegare bene. A me sembra di capire lucidamente il tuo pensiero, e ne sono confortato, perché riflette bene la mia stessa interiorità e dà voce a cose che tutti, penso, dobbiamo affrontare. E allo stesso tempo mi sprona e mi forza a comprendere la ragionevolezza del percorso.
Se non sono in errore, quella che tu individui è la sottile linea tra pazienza e rassegnazione. Simili ad una superficiale esame esterno, ma totalmente diversi per l’animo. Direi, uno è uno stato ad alta frequenza, l’altro è una sua degenerazione a frequenza bassa. Abbiamo tutti bisogno di tornare sul primo stato, dove poi avvengono le cose e ci possono essere sorprese (quando uno è rassegnato è come se si confinasse in una zona di universo dove tutto ciò che accade conferma la sua posizione di tristezza). Beh forse ora sono io a non essere molto chiaro… comunque era per dire che qui c’è qualcosa da verificare bene, su cui – probabilmente – è ragionevole scommettere.
Gli effetti speciali, del resto, piacciono molto anche a me. Vorrei svegliarmi una mattina (diciamo, domattina, perché sono impaziente…), ed essere istantaneamente convinto del percorso, convinto della scelta di fede e della sua umana convenienza, libero da sensi di colpa e inadeguatezza, soddisfatto e sereno e capace di gestire gli impulsi e navigare le passioni.
Così a volte vince il disappunto: come al secondo anno non sono ancora cambiato? Ma non è che…..? Poi in altri momenti capisco che sto facendo resistenza… una forte resistenza. Ma se faccio resistenza, vuol dire magari che qui c’è veramente qualcosa di “sovversivo” per la mia vita (altrimenti l’ego se ne starebbe tranquillo, invece si sente minacciato).
Vediamo. Diamo spazio. Nonostante io non sia come vorrei, qualcosa mi dice che non sono qui per caso. Tutto questo accade per un motivo.
Un abbraccio forte forte,
Marco
Condivido molto quanto ha scritto Giovanna Tarì sulla fede che NON E’ QUALCOSA CHE SI POSSIEDE O SI HA, come impropriamente si dice, ma LA SI PUÒ DEFINIRE UNO STATO TRANSEGOICO, dunque, DELL’ESSERE. L’ego, in quanto tale, è una distorsione identitaria secondo le categorie dell’avere-possedere-potere, che sono poi categorie economicistico-sacrificali, rispetto alla divina, originaria identità fondata sulla GRATUITA’ DEL DONO. Questa è la nostra eredità di “figli di Dio” della quale, perciò, non possiamo re-impossessarci ma accogliere come puro dono della Sua benevolenza. E da questa dinamica trans-figurativa di identità (attraverso progressive ‘rettificazioni’), si evince l’importanza del ‘lasciarsi andare’, ‘non trattenere’, ‘abbandonarsi’. Buon Anno a tutti, Ettore.
Si Marco, hai inteso bene e hai detto meglio, molto meglio.
Provo però a trascinare il tema giù alle faccende di ogni giorno, cose concrete, impoverisco il discorso quindi ma devo misurare la difficoltà in qualche modo.
Per esempio, osservando bene, mi accorgo di svolgere, nei fatti, il lavoro di “asina alla macina”. Succede pure che ogni tanto qualcuno venga e mi dia un po’ d’acqua, mi metta una benda nuova sugli occhi più morbida, mi conceda una pausa, ecco sono pure giustamente grata per il sollievo ma sempre attaccata alla macina rimango, oppure succede che io stessa impari a modulare il passo e il respiro così da fare meno fatica, a governare il pensiero così da non diventare totalmente scema, ecco tutto ciò mi permette solo di far meglio la mia parte in un ingranaggio che (nonostante i proclami) in sé è sterile se non dannoso, retto da leggi e funzionale ad obiettivi che non sono miei e non sono nemmeno condivisibili.
Eppure se annuso l’aria avverto che c’è dell’altro altrove, neanche lontano, proprio lì intorno a me, ciononostante continuo a non fuggire, a non scalciare, a non morire finalmente. Mi invitano alla ragionevolezza anche i più accorti, i più illuminati, i più liberi e io mi adatto, ci provo. Come faccio a trovare la Grazia nella vita di ogni giorno? Ma è davvero possibile trovarla nella vita di ogni giorno? O la trovi se la vita di ogni giorno la cambi? Sono io che interpreto male? Quanto della protesta inespressa è dettato dall’egoismo, dalla paura, dalla vigliaccheria? Quanto del desiderio di rivolta non agito è dettato dalla presunzione, dalla fretta? Quanto chi mi circonda va capito e quanto invece combattuto?
Che confusione
Sto dicendo le prime cose che mi vengono in mente, ma so che ce ne sono altre. Il sistema è complesso e sicuramente non converge, nemmeno se rilasso i vincoli.
I Santi non si adattano, gli eroi neanche (nemmeno quelli che nessuno conosce), Gesù era “folle”. E almeno per i Santi e Gesù non si può parlare di “effetti speciali”. No?
BUONA giornata
(rileggendo mi sembra un po’ infantile, ma lo mando lo stesso)
Ciao Maria,
prova a guardare meglio e vedrai che siamo in moltissimi ad essere attaccati alla tua stessa macina, non che questo alleggerisca il carico ma sicuramente prenderne consapevolezza è il primo passo verso un futuro che potrebbe essere diverso.
Scoprire la macina che ci grava addosso è un passo fondamentale e non tutti purtroppo ci riescono, aiutare i vicini a farlo aiuta anche noi a capire dipiù quei meccanismi che lo hanno permesso.
Del resto chi cresce vede le cose con occhi nuovi, cadono le scaglie che lo impedivano, e il cambiamento inizia il suo corso; come si concretizzerà non è prevedibile ma se restiamo concentrati sicuramente avverrà perchè saremo pronti a cogliere al volo l’occasione propizia.
A proposito di ciò che annusi nell’aria, forse è più vicino di quello che sembra.
Nella nostra ricerca stiamo andando piano-piano sempre più in profondità, la nostra interiorità si sta svelando uno spazio accogliente e vasto nel quale poter accogliere relazioni vere che permetteranno una sempre maggiore consapevolezza e di conseguenza liberazione.
Come potrebbe esistere una libertà senza la consapevolezza del proprio stato, nella Verità ?!
L’esperienza che sto vivendo in DP dopo 10 anni non mi ha alleggerito il carico e non mi ha reso più forte, il peso a volte sembra addirittura maggiore ma capire come mi sono ritrovato così e sapere che posso aiutare altri a non cadere sotto lo stesso gioco mi da una grande motivazione che trasforma, a volte, lo stato quotidiano in grazia.
Siamo solo al quarto incontro di un cammino di 7 anni per iniziare………
Un abbraccio Ale
Ah caro Alessandro, lo so bene che non sono l’unica legata alla macina, non dicevo solo per me (fossi solo io non varrebbe la pena neanche parlarne), vedo chiaro che è condizione generale, ma è proprio questo quello che non va. Non è nemmeno la fatica che mi spaventa, questo se mai è il lato facile anche perché quando non ce la fai più stramazzi e il problema è risolto, ciò che tormenta è sapere che tutta questa energia spesa si risolve solo in un qualcosa che consente al meccanismo perverso di autoriprodursi.
Leggerò di nuovo il tuo commento, ho imparato che c’è sempre dell’altro oltre a quello che risulta evidente alla prima lettura.
Notte serena
Maria
Cara Maria mi unisco ad Alessandro e Marco nel condividere la tua amarezza che è la stessa che accompagna la nostra esistenza quando ci sentiamo imprigionati.
Nella mia vita ho sempre vissuto nella carne l’idea che solo faticando fino allo stremo delle mie forze potevo essere una persona degna di essere amata e accettata.
Questo mi ha portato ad un iperattivismo causa di malessere e disperazione ed al contempo ad una insofferenza verso le persone cosiddette sfaticate quelle che fanno tutto con i “loro tempi”.
Il percorso in Darsi Pace mi ha fatto comprendere questa distorsione e se pur, come dice Ale, non è cambiato molto nel mio quotidiano (anche perché non sempre ci si può fermare) sicuramente vivo in modo più sereno, dandomi delle priorità.
E’ importante affrontare ogni cosa vedendone il senso anche come occasione per donare e gustandone il lato positivo (che c’è sempre).
Nelle occasioni in cui io non ci riesco ecco allora mi affido con la meditazione e la preghiera e chiedo aiuto, ma niente rassegnazione né adattamento!
Ho imparato ad essere un po’ meno Marta e un po’ piu Maria e questo mi sembra già un bel salto di qualità.
Ti abbraccio con tanto tanto affetto Gabriella
“Ho imparato ad essere un po’ meno Marta e un po’ piu Maria…” (Gabriella)
Faccio mia questa frase che cita Gabriella, anche io la rifletto da un po di tempo, e mi rimanda alla festività di ieri giorno dell’Epifania, alla Parola e all’omelia ascoltate: i magi si prostrano e adorano…, non chiedono nulla, ed è strano perchè generalmente quando ci si mette a pregare, si è sempre spesso portati a chiedere qualcosa.. Così diceva ieri il mio vescovo nell’omelia, e mi è piaciuta questa riflessione, perchè ho sentito in me che ieri potesse essere un giorno in cui “meravigliarsi”, ringraziare, non chiedere, lodare… magari per i tanti doni e cose belle che già ho ricevuto, e allo stesso modo stare in silenzio, meditando attento ad ascoltare o intravedere dal mio di dentro un percorso, una idea, una direzione, approfittando della luce della stella che non è fuori di me, ma dentro, perchè è la luce di Cristo.
Dedico queste righe a te Marco C., affinchè le tue domande e spinte a comprendere, o a fare sempre meglio, possano trovare nella figura di Maria, una specie di esempio, aiuto o conforto, e che se rallentiamo il ritmo e ci adagiamo lievemente, è solo per riconoscere meglio ciò che è più consono alle ragioni spirituali, e non a quelle che potentemente il mondo ci sbatte in faccia da subito appena ci si sveglia al mattino, aprendo un tg, o mettendoci in auto…
Buon anno 2016, a tutti, …che sarà quello della svolta, dai 🙂
Gabriella grazie per quel che dici.
Vado di corsa, non dovrei essere davanti al pc in questo momento, mi urge però riferire dei pensieri, delle associazioni che mi frullano in testa, forse servono a chiarire ciò che intendo, se invece generano solo confusione mi perdonerete.
A) “Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10, 40-42)
Noto che il Signore non ha detto a Marta di portare pazienza, né a Maria di aiutare la sorella.
B) Vi sono belle pagine di Tolstoj (adesso però non saprei dire con precisione quali) in cui si propone il modo per raggiungere o tendere verso una “vera” concezione di vita ed è il lavoro interiore che ciascuno, ogni singolo piccolo individuo, nella sua giornata, deve fare per essere l’artefice del proprio miglioramento morale.
C) Gandhi che ha insegnato che non ci si deve sottomettere al male né opporvisi usando i suoi stessi strumenti …
D) Marco Guzzi IV incontro, dal minuto 9 della seconda parte “La rivelazione cristiana… l’Assoluto , l’intelligenza si è incarnata in un uomo… il Verbo è sceso nel più buio della realtà terrestre …”
E) Marco Castellani in queste pagine “… tra pazienza e rassegnazione. Simili ad un superficiale esame esterno, ma totalmente diversi per l’animo. Direi, uno è uno stato ad alta frequenza, l’altro è una sua degenerazione a frequenza bassa. Abbiamo tutti bisogno di tornare sul primo stato, dove poi avvengono le cose e ci possono essere sorprese”
Bene, allora se l’Intelligenza si è incarnata e io mi “nutro” di questo “fatto” DEVO esprimerla nella mia vita, in ogni singolo istante della mia vita, come persona come cittadino e così via. Devo saper riconoscere l’albero che produce frutti da quello sterile, ma non da domani, da ora, devo trovare le forme che almeno non mi rendano complice del meccanismo perverso che ci lega tutti alla macina, devo costantemente fare operazione di verità, discernere quantomeno tra la pazienza “produttiva” e la rassegnazione, costi quel che costi.
Mi fermo e vi abbraccio
Maria
Dici bene Maria, “Devo saper riconoscere l’albero che produce frutti da quello sterile, ma non da domani, da ora, devo trovare le forme che almeno non mi rendano complice del meccanismo perverso che ci lega tutti alla macina, devo costantemente fare operazione di verità, discernere quantomeno tra la pazienza “produttiva” e la rassegnazione, costi quel che costi.”
Qual è la pazienza produttiva? Come distinguerla dalla rassegnazione? Mi colpisce proprio stamattina questa domanda, davanti ad un problema banale ma molto pungente, legato alla problematica scolastica di uno dei miei figli.
Come vado al lavoro, stamattina, con pazienza o rassegnazione? In realtà, come dice Marco, noi oscilliamo continuamente tra diversi stati. Così io passo dall’uno all’altro varie volte in un solo minuto. Io, praticante DP del secondo anno, in un cammino di fede in un movimento ecclesiale da più di 30 anni, posso rischiare, per un problema non piccolo ma nemmeno devastante, di passare la giornata nella inconsapevolezza.
Ci penso, e mi sembra di comprendere qualcosa. Un piccolo seme. Ma decisivo. E si ricollega a quanto scrivi, cara Maria (e già nel tuo nome c’è tutto, in fondo….).
Per quanto conta, vi dico quanto mi sembra di capire. La pazienza di suo ha la fiducia, la “scommessa” sul fatto che vi sia la strada. Che il baratro non sia l’ultima parola. Una appartenenza tranquilla è il modo di cambiare il mondo, una fede semplice. Questo mi pare di capire adesso. Una appartenenza tranquilla, sporchi e irrisolti come siamo. Pieni di dubbi e difetti (parlo per me, si intende…).
Dubbi, mancanze, miserie. D’accordo. Non è un problema.
L’appartenenza tranquilla è dirompente, è intrinsecamente rivoluzionaria.
Ogni altra valutazione, ogni considerazione su se stessi, è il gioco dell’ego che vuole comunque governare il processo.
Sì Marco è così come dici, più ci penso e più mi sembra chiaro, ma anche difficile. Grazie
Maria
Sì Maria, hai ragione.
E’ difficile, è molto difficile. Anche ieri, al suo intervento alla parrocchia romana, Marco non l’ha nascosto. E’ difficile. E’ impegnativo.
Ma forse è possibile. Forse siamo vivi per questo. Non per essere bravi mariti, mogli, genitori, lavoratori, elettori, consumatori. Nemmeno per accumulare punti di virtù (e io starei messo malino…).
Forse siamo vivi per scegliere liberamente questo percorso. Forse facciamo del bene a tutti gli uomini e all’universo intero, accogliendo questo lavoro. E un passetto avanti anche microscopico, anche visto da nessuno, è una gloria dei cieli, in qualunque condizione io mi trovi. Senza confrontarmi con nessuno.
In ogni momento, per quanto assillato da mille dubbi, c’è questo.
Ci sono io, e questo possibile lavoro.
Forse, il resto sono chiacchiere.
un abbraccio,
Marco
Grazie per le vostre riflessioni.
È proprio così, la nostra vita si gioca ogni giorno sulla ricerca del giusto equilibrio tra Marta e Maria, tra i doveri e l’ascolto, le persone che incontriamo e il rivolgimento interiore, il servizio e la lode, il voler bene e il lasciarsi voler bene.
Le ore del giorno sono poche però. Per me che tendevo all’improvvisazione, si è rivelata corroborante, potente, e – guarda un po’ – fonte di gioia, la disciplina, che mi spinge ad organizzarmi meglio per trovare il tempo da dedicare alla pratica e allo studio e poi al mettere in pratica. Il tempo ritrovato è quello sottratto al lamento interiore, al tendermi trappole dolorose, al sentirmi inadeguata.
Aspettando l’incontro di domani, saluto affettuosamente tutti con la famosa frase di Anne Herbert
“Practice random kindness and senseless acts of beauty”
A presto, Lidia
Si Lidia attendiamo l’appuntamento di domani per ridare forza allo Spirito che è in noi! Ogni incontro è una sorta di nutrimento a cui personalmente non so rinunciare da molti anni. D’altra parte noi siamo sempre principianti e ogni volta è un vero “inizio”.
A presto Gabriella
….ogni volta è per me una esperienza del profondo, un momento di Grazia, dove l’Essere c’invita ad essere (non più maschere). Alleluja!