Ho trascorso la settimana attanagliata a tratti dall’angoscia ancestrale. Dall’inconscio emergono percezioni del necrotizzato e dell’oscuro, stanze buie, dove c’è un’adolescente infelice che DEVE sentirsi in colpa per il suo pianto disperato. In realtà, dicendomi che ero sana e avevo una famiglia e una casa e la possibilità di studiare, mamma cercava di consolarmi, certamente non voleva farmi stare peggio o forse voleva convincersi lei. Forse anche lei, anzi certamente, stava male e più di me. Ma non ha mai avuto gli strumenti per confessarlo a se stessa ed elaborare la sua situazione.
Questi gli scenari che emergono dopo aver fatto l’esercizio con la guida di Marco. emerge anche una tendenza a piccoli incidenti, tagliarmi mentre affetto la cipolla piuttosto che sbattere la testa nel davanzale, tentativi di riportare l’attenzione sull’io corporeo e fuggire l’angoscia. L’esercizio a nove punti ha questo effetto prolungato nel tempo e il grido di dolore emerso al quarto punto si sta rivelando come una paura terribile di precipitare, perché laggiù tutto finisce.
In effetti nella pratica ho difficoltà nel LASCIAR ANDARE. Durante la fase dell’attenzione sul respiro, nell’inspiro ho acquisito consapevolezza che posso accogliermi e accettarmi come sono, ma subito dopo nell’inspiro non mi abbandono completamente vado come a toccare un punto che mi respinge. Va meglio se sposto l’attenzione, sulle narici per esempio. Non devo accorgermi di precipitare? Come i bambini che hanno paura di addormentarsi. Cullati dalla voce della mamma che racconta una favola, si addormentano senza accorgersene. Mi chiedo quando finalmente proverò la sensazione di essere sdraiata nell’apnea, come sarà.
All’ottavo punto ho scritto:
“Signore aiuto!
Dammi la forza di sopportare questo dolore e questo senso di colpa, questa condizione di prigionia senza scampo”.
Al nono punto:
“Lidia non disperarti…accetta questo dolore ed esso si trasformerà in dolcezza”.
Aspettando l’incontro comune, un abbraccio a tutti.
Con affetto
Lidia
Leggo il bel commento di Lidia, e tante cose che scrive mi risuonano. La paura, il senso di colpa devastante. L’attesa della dolcezza. Tutto trova riscontro, cittadinanza nel mio cuore. E’ un linguaggio che conosco, ne avverto i codici, lo sento e – direi quasi purtroppo – lo avverto familiare.
Perché la paura ancora c’è, c’è tutta quanta. Senza sconti, è qui al 100%. Anzi sembra che si stia liberando, si stia scrostando: e mi viene addosso, però. Come iceberg che finalmente si sciolgono, ma sciogliendosi riempiono il mare del cuore del loro liquido che almeno scorre, inizia a scorrere. Ma si sente tutto.
Rispetto a prima, rispetto all’inizio del percorso Darsi Pace, c’è questo fatto. Che la paura non è passata, ma è più scoperta, è meno bloccata. Andare a mettere il naso in delle struttura contratte da secoli, sta ottenendo questo effetto. Per dirla tutta, è come un effetto sinergico del percorso terapeutico e di quello Darsi Pace, che almeno nel mio caso mi sembra si accordino mirabilmente e armonicamente, per una qualche sincronicità di cui non mi è dato capirne i contorni e i modi, ma solamente accoglierne l’effetto complessivo.
Così l’esercizio a nove punti porta subito fuori il mio strato di paura, lo strato di paura che mi porto appresso tutti i giorni, tutti i momenti. Arrivo al quarto punto e scrivo, finalmente con grande sincerità
“Mi sento abbandonato e dimenticato da tutti. Perso in un mondo freddo ed indifferente a me. Non amato da nessuno, solo sfruttato. Senza nessuno che risponde al mio grido. Mi sento solo. Sento che nessuno mi può aiutare, che non c’è niente da fare.”
Ed è paradossale, ma finalmente scriverlo, metterlo in chiaro senza più finzioni, mi inizia a tranquillizzare. Finalmente la mia paura ha dignità di esistere, trova un posto dove può esistere. E’ anche la sensazione che ho provato in psicoterapia: finalmente un posto dove posso “depositare” tutto, senza giudizio. Senza dover garantire uno standard, una “prestazione”. Un posto dove sono io, giusto o sbagliato, fate voi. Ma io qui non fingo più, qui metto giù la maschera (quello da persona impegnata, consapevole, moderata, morigerata… ma che fatica tener tutte queste cose, sopra un cuore di bambino spaventato!)
Ora capisco cosa vuol dire “non censurare il proprio bisogno”, ammonimento che spesso è venuto alla luce nel mio percorso spirituale. Ma non capivo, finora, a che livello fosse vera questa frase, che pur mi veniva detta e ripetuta. Così capisco – accenno di passaggio – che il percorso Darsi Pace rende più vero il mio percorso da discepolo di Giussani, perché rende più vere quelle stesse parole: non aggiunge altre cose, ma scava nella verità di quelle stesse parole. Le lavora e mette in luce il loro fulgore, prima ovattato dalla mia stessa paura contratta. Mi permette di capirle meglio: Darsi Pace rende più vero il mio percorso in Comunione e Liberazione. Che scava nel bisogno, nel mio bisogno. Lo porta alla luce, stana i miei nascondimenti.
Va beh. Ma torniamo al bisogno.
Nel bisogno totale arriva la richiesta di aiuto, e al punto ottavo scrivo
“Fammi sentire amato e coccolato, fammi sentire in pace, fammi sentire sereno e abbandonato. Fammi sentire calore buono e conforto. Fammi sentire custodito e protetto. Fammi sentire di essere voluto bene.”
Ed iniziano ad arrivare le parole della consolazione. Le sento? Non le sento? Non lo so, potrei bloccarmi su questo. Tante volte mi interrogo sulla fede, la sento la consolazione? Non la sento? Rischio lo stallo. Ma quando Marco aggiunge, “quello che direste ad un bambino piccolo, sotto la vostra cura…” allora tutto si sblocca, e sgorga quello che sempre vorrei sentire… una Presenza amorevole che mi dice
“Non e vero che devi fare qualcosa, devi solo aderire. Devi solo stare tranquillo e seguire, non pensare al fatto che sei in grado o no. Questo non mi importa. Devi solo dire sì con il cuore, e tutto andrà bene. Io ti voglio bene qualsiasi cosa fai, non perderai mai il mio amore. Ecco, puoi finalmente rilassarti…”
E sentire questa frase mi fa bene, anche riscriverla mi fa bene. Ed è anche paradossale perché, capisco, questa sequenza non è appena una sequenza temporale. No. Non è che progredisco dal punto uno al punto nove, in una sorta di ascesa misurata e omogenea. Le cose sono molto più complesse di così: il tempo è relativo ed è per gran parte una convenzione. L’anima ragiona in modo diverso, in modo non lineare.
Così tutti questi punti, piuttosto, dal primo al nono, è come se vibrassero insieme, in una sorta di accordo polifonico che ha in sé la frequenza della paura e dell’abbandono, e quella dell’amore e del conforto. Devo focalizzarmi su alcune frequenze e cercare di privilegiare quelle, dar loro spazio. Farle diffondere nel mio cuore.
E’ sempre più paradossale il percorso di conversione/guarigione (vorrei una parola sola per dire la stessa realtà che è spirituale e psicologica insieme, non la trovo ed allora accosto queste due). E’ paradossale nella mentalità comune, quella cartesiana che accoglie il principio di non contraddizione. La psiche se ne infischia di tale principio, e vive in ambienti molto più vasti: Jung ce lo insegna, e dopo di lui molti altri.
Così è quando penso di essere “sano” o “guarito” che il malessere irrompe e dilaga, senza scampo. Se cerco di essere l’individuo “realizzato” che sta nel mondo con consapevolezza e sa cosa prendere e cosa dare, che non ha questa ferita immensa, precipito nel baratro più freddo.
E’ quando invece mi dico che sono “malato”, che sono in un percorso di Cura, che è un percorso lungo e che forse è lungo la vita stessa, che mi sento finalmente più amato e coccolato. Lo capisco attraverso mille dolori e diecimila malesseri: accogliere il fatto che sono in Cura, che sto camminando, che ho bisogno mille volte al giorno di una voce rassicurante, inizia a placarmi. Inizio timidamente a dialogare con questo “buco immenso” che per qualche motivo esiste al centro di me stesso. Che vuole essere guardato con amore. Con amore, altrimenti farà malissimo.
Così inizio a coltivare la speranza di essere preso per mano: fermo davanti all’abisso nero – e quanto reale, quanto sconfinato, ora che lo vedo meglio! – mentre piango e mi dispero, sento a volte una mano che sfiora la mia.
E non mi servono i discorsi, non mi serve alcuna retorica (laica o religiosa). Davanti al baratro te ne freghi di tutto, non puoi permetterti più di fare accademia, di coltivare bei pensieri. La retorica è irritante, in questo contesto, e quella religiosa lo è il doppio. Ogni cosa che vuole negare frettolosamente il baratro, o vuole frettolosamente coprirlo, è una menzogna.
Te ne freghi di tutto, di tutte le finzioni, che qui appaiono tali. Se non di questo, di quando avverti una mano dolce che sfiora la tua… Così che quando non la senti, pur pieno di paura, magari la torni a cercare… Perché ora sai che ci sono, ci sono posti dove puoi tornare.
Dove il tuo bambino interiore che urla e si dispera non viene più rimproverato, ma accolto. Dove sei curato, amorevolmente.
Caro Marco c’è un di più in quello che scrivi, c’è dello spirito. Agendo il dono della scrittura dai voce al travaglio interiore di chi come me vorrebbe dire tante cose ma ha difficoltà ad esprimersi e farsi capire. Davvero le tue parole sono di guida e di aiuto per me.
Sei artista e scienziato: l’emozione artistica accoppiata alla visione scientifica è una bellezza che smuove dall’interno e produce un di più. Grazie infinite
Grazie Lidia e grazie Marco, le vostre parole confermano pienamente la bellezza, l’utilità e la progressività del percorso iniziatico che stiamo vivendo.
Gli strumenti che ci ritroviamo in mano hanno grandi potenzialità che si sviluppano nel tempo e nella pratica più ne facciamo uso più ne scopriremo i benefici.
Il baratro è lì, sempre lì, pronto a bloccarci, impaurirci, isolarci, annientarci . . . . . . se siamo ego-guidati !
Per imparare l’abbandono bisogna praticarlo ed ecco la grande importanza della pratica meditativa che ci permette di sperimentare, ogni volta che DECIDO, i passaggi necessari, indispensabili al grande incontro.
Buon cammino Ale
Resoconto “stringato” dell’esercizio a nove punti
1. Descrivere la situazione …
Ennesimo furto del minimo spazio vitale e conseguente mio sentimento di spreco dell’ultimo tempo rimasto, soffoco e mi adatto
2. Esprimiamo, se c’è, … la nostra rabbia …
Urlando caccerei tutti o me ne andrei io, sbattendo la porta
3. Ci chiediamo: di che cosa ho veramente paura? …
Vorrei essere capita e avere il permesso di vivere
4. Scendiamo nel nostro punto di dolore o di scissione …
Sono triste, desidero sparire da questo mondo, desidero non essere,
ma anche ho desiderio di un altrove e di aria fresca da respirare
5. Ci chiediamo: quando mi sentivo così … nella mia infanzia? …
Tutte le volte che mi pareva di non avere un nido. Mi “silenziavo”, aspettavo in un canto che in qualche modo passasse.
6. In questo modo possiamo individuare le forme specifiche del nostro mascherarci/difenderci …
Mi isolo, mi faccio carico delle cose, così mi lasciano stare, nella speranza di salvare almeno un minuto di aria.
7. A questo punto ci chiederemo: nella situazione da cui siamo partititi abbiamo agito almeno in parte reiterando questi codici di comportamento … ?
Si
8. Ritorniamo adesso a contattare il nostro punto di scissione …
“Aiutami a dire no, a tollerare di non essere capita, a scegliere una strada di vita”
9. … che cosa diresti ad un bambino impaurito che chiedesse adesso il tuo aiuto? …
Direi “Certo che puoi, vai, ce la fai, se cadi ci sono io a tirarti su. E se prendi la strada sbagliata non preoccuparti sono qui con te, ti avverto. E se nonostante tutto cadi in errore ti voglio bene lo stesso vieni qui e io ti abbraccio”
Buona giornata a tutti
Maria
Carissima Maria sei riuscita ad abbandonarti chiedendo l’aiuto di cui hai bisogno ed ascoltando vere parole consolatorie. Bene! L’unico consiglio è questo:
nella sequenza dell’esercizio a nove punti è importante che ogni passo venga meditato con la giusta lentezza. In particolare quando si arriva alla paura è bene individuarla in modo preciso.
Quando dici “Vorrei essere capita e avere il permesso di vivere” qual’è la tua paura? Prova a chiederti “Di cosa hai veramente paura Maria se non sei capita?”
Probabilmente hai paura di essere annientata e soffocata e quindi di non poter più vivere. Questo naturalmente ti fa sentire molto triste direi disperata. E ti comprendo!
Vorrei rispondere a Marco C. quando dice
“Che la paura non è passata, ma è più scoperta, è meno bloccata.”….
Quando si osserva e si riconosce la paura già si comincia a prenderne la dovuta distanza, non ci si identifica più con essa, da qui parte il senso di liberazione che è certo graduale ma c’è.
Carissimi tutti l’esercizio a 9 punti è un condensato del percorso di Darsi Pace, in esso possiamo ritrovare prima il nostro io in conversione che studia e osserva l’ego arrabbiato, rattrappito e paralizzato dalle paure, poi l’io in relazione con la fonte del nostro essere che consola e ci fa capire che forse c’è un’altra possibilità di vivere in pienezza.
È uno strumento meraviglioso!
Un abbraccio Gabriella
Ciao Gabriella, si hai ragione, mi ero resa conto di aver risposto davvero in modo strano alla domanda chiarissima del punto tre, ma avevo rinunciato a spiegare meglio, ho lasciato la cosa lì, per il momento.
Devo prendere il tempo necessario e pensarci su. Forse avrei potuto dire “Ho paura di non avere il permesso di vivere”, il fatto è che nemmeno questo temo sia sufficiente a spiegare la confusione dolorosa che ho in testa. E poi non sono nemmeno gli altri che non mi accordano il “permesso di vivere”, chi davvero non mi permette di vivere sono io stessa, chi davvero non mi capisce sono di nuovo io.
Ripeterò l’esercizio.
Spero di vedervi presto.
Grazie
Maria
Certo Maria con il dovuto tempo, il lavoro spirituale, ma soprattutto gli esercizi di autoconoscimento, non sono immediati, vanno compresi lentamente…. noi siamo tanto complicati!
E infatti stai cominciando a capire che forse gran parte delle distorsioni e paure sono spesso dovute ad una errata percezione degli eventi e delle relazioni da parte nostra.
Gli altri faranno la loro parte certo ma noi ci mettiamo sicuro un carico non indifferente.
Forse tanta sofferenza non è necessaria!
A presto Gabriella
Vorrei farvi giungere da cuore a cuore il mio augurio per una Santa Pasqua di vera resurrezione.
In fondo stiamo lavorando proprio per questo e i segni sono visibili……..
Tanti cari auguri. Ale
Buona Pasqua Alessandro
Buona Pasqua a tutti
Maria
Buona Pasqua anche da me cari amici che possiate viverla in pace e serenità!
Con affetto Gabriella
Grazie. Buona Pasqua a tutti!
Lidia
Sono rimasta un po’ indietro e leggo solo ora la parte relativa all’ottavo incontro. Ringrazio come sempre tutti per le preziose condivisioni.
Grazie veramente per il dono di questo prezioso strumento che è l’esercizio a nove punti che mi rendo conto di aver già fatto senza saperlo varie volte nella vita. Quante volte ho alzato gli occhi al cielo chiedendo aiuto sentendomi veramente spossata ed impotente e quante volte ho ricevuto risposta, magari aprendo a caso una pagina della Bibbia che sembrava contenere un testo scritto apposta per me in quel momento, oppure incontrando proprio quella persona nel mio cammino. Sento veramente che nel corso della mia vita, tutt’altro che linerare, c’è sempre stato un filo che mi ha guidato e che non è casuale
E questa sensazione la provo anche facendo Darsi Pace, quante volte scrivo negli esercizi e poco dopo nelle parole di Marco ritrovo tutto. Anche questa volta riassumendo a grandi punti il mio esercizio:
Qualsiasi sia la situazione iniziale del primo punto, arrivo subito dritta al secondo punto a quella rabbia viscerale che così tante volte sento. Al terzo punto ritrovo sempre la stessa paura radicale, paura di dovermi annullare, di non esistere, di venire annientata. Quarto punto l’emozione: mi sento soffocare, pura sensazione anche fisica che mi manchi letteralmente il fiato. Ottavo punto che è relativo a determinate situazioni e relazioni che sto vivendo in questo periodo “Aiutami, donami la forza di sopportare e di non cadere in tentazione”
Ed ecco che subito dopo Marco legge le parole di Giovanni Cassiano dove si parla proprio del grido di aiuto da usare nelle varie circostanze di tentazione! Casuale? Penso di no. Ed è quello che sto vivendo, perchè ovviamente proprio quando mi do da fare e cerco di non soccombere arrivano sempre più pesi e proprio quando sento un grand bisogno di evasione e leggerezza e ovviamente arriva la tentazione servita su un bel piatto d’argento …. Sento veramente il bisogno di chiedere aiuto per questo
Nono punto, la risposta che penso sia ancora un misto della vera voce dello Spirito in me e del mio ego che elabora “Sono qui vicino a te. Lo so è pesante, ma finirà. Fai ancora un po’ la tua parte, poi finirà, promesso, fidati.” “Anche per il resto sono qui vicino a te, in questa tentazione che la vita ti ha portato, sai che ti lascio libera. Il mio amore è così, lascia liberi. Lo sai che se nella libertà, ancora una volta scegli ME, sarai in pace e libera da questo tormento”
Ed eccoci cara Laura all’esercizio a 9 punti, strumento con cui possiamo incarnare nella nostra vita quotidiana, nelle sofferenze o anche lievi difficoltà di tutti i giorni, quel dinamismo iniziatico che stiamo imparando a percorrere in Darsi Pace.
Rivolgere lo sguardo dentro di noi, ascoltare quella rabbia che spesso alcune situazioni ci scatenano…., sentire nel profondo le paure e quindi l’emozione che caratterizza questo stato, ed infine mollare!
Si mollare che per noi e tanto complicato, renderci conto che da soli non ce la facciamo, non ci salviamo solo con le nostre forze, riconoscere la nostra impotenza e “chiedere aiuto”.
Per te questo è stato possibile ed è importante.
Riguardo ciò che hai condiviso consiglio, se non l’hai fatto, di far parlare quella rabbia, per iscritto puoi rivolgerti proprio a quella persona o a quella situazione che ti ha fatto arrabbiare sfogandoti senza riserve come farebbe la bambina ferita.
Nell’ascoltare poi la risposta alla richiesta di aiuto non pensare: “ma sarò io nello Spirito o è l’ego a pronunciare queste parole o metà e metà?”
Poniti semplicemente in ascolto e se quelle parole ti consolano e ti fanno stare meglio provengono sicuramente dalla Verità.
Di nuovo un caro saluto Gabriella
Cari amici,
vi mando il mio esercizio a nove punti.
1. Descrivere la situazione …
Ho deciso di prendere in esame la situazione in cui mi arrabbio con i miei figli. A volte può essere oppurtuno alzare la voce con i bimbi, io scelgo però una situazione in cui loro mi disubbidiscono ed io mi arrabbio non „per scelta libera e consapevole“, ma per „un automatismo“, per nervosismo…
2. Esprimiamo, se c’è, … la nostra rabbia …
I sentimenti presenti sono rabbia, aggressività, nervosismo, stanchezza.
3. Ci chiediamo: di che cosa ho veramente paura? …
– Paura che la situazione di stress non smetta
– paura di perdere il controllo
– paura di non essere rispettato come padre
– paura che mia moglie soffra in quella situazione (se i bimbi ad esempio la stanno facendo innervosire, per esempio non ubbidendo, io intervengo pure per fare „fronte comune“ con mia moglie, se però i bimbi continuano a non ubbidire, lei continua a stare in una situazione stressante)
– paura che i bimbi soffrano (se non fanno quello che dicono i genitori, che si presuppone sia un bene per loro, poi dovranno anche loro sopportare le conseguenze)
– Paura di farsi prendere in giro da un ragazzino/da dei ragazzini
– Paura della sofferenza
– Paura che la famiglia vada a rotoli, che i bimbi non crescano come dovrebbero, che non acquisiscano gli strumenti adatti per orientarsi nel mondo (mi accorgo facendo questo esercizio che queste paure sono del tutto esagerate rispetto alla situazione concreta, e che la mia reazione è anche esagerata)
4. … l’emozione di fondo…?
– Non mi sento capito, ascoltato
– mi sento un animale in gabbia che vorrebbe spaccare tutto, ma non può (i bimbi non si toccano + bisogna avere pazienza e capirli, lasciargli un ampio margine di manovra)
– Mi sento un animale che vorrebbe azzannare alla carotide il prossimo, ma non può, mi sento legato mani e piedi, mi sento soffocare, mi sento impotente
5. Ci chiediamo: quando mi sentivo così … nella mia infanzia? …
– Questi aneddoti me li ha raccontati mia madre, ma io li ricordo molto bene: C’erano dei momenti di discussione con mia madre. Io argomentavo che era una bellezza, e lei, quando dopo due giorni di discussioni non riusciva ad avere ragione con gli argomenti, diceva: „è così e basta!“. Io rispondevo: „questa é l’autorità, obbedisco, ma non sono d’accordo!“ E lei: „non importa, basta che lo fai!!“ (… come la capisco oggi!!! ;-P …)
6. In questo modo possiamo individuare le forme specifiche del nostro mascherarci/difenderci …
– Aggredisco verbalmente
7. A questo punto ci chiederemo: nella situazione da cui siamo partititi abbiamo agito almeno in parte reiterando questi codici di comportamento … ?
Si
8. Ritorniamo adesso a contattare il nostro punto di scissione, formuliamo l’invocazione di aiuto…
“Aiutami Signore ad avere pazienza, a mettere avanti il bene dei bimbi piuttosto che le mie paure. Donami calma, autorità, amore, coraggio, fiducia nei bimbi, la consapevolezza che non posso preservarli dal male e da tutti gli ostacoli, che devono fare anche loro esperienze dolorose ma che tu sarai con loro.”
9. … risposta…
„Stai tranquillo, l’educazione non si fa con i comandi, ma dando il buon esempio, grazie all’atmosfera che si respira in famiglia. Fra 20 anni questo episodio di disobbedienza ti sembrerà ridicolo, come del tutto esagerata ti sembrerà la tua reazione di violenza verbale, quasi che i bimbi avessero compiuto un oltraggio imperdonabile. non è cosi, sono bimbi, stai tranquillo… non avere fretta che i bimbi facciano tutto come si deve“
Eccomi a te Emanuele
L’esercizio a 9 punti come tutti gli esercizi di autoconoscimento devono far parlare la nostra parte inconscia, ferita, anche un po’ infantile, che c’è in ognuno di noi e che ha bisogno di consolazione e perché no…di coccole.
Dico ciò perché non devi preoccuparti di riconoscere che le tue paure sono esagerate diciamo che forse non sono necessarie ed è per questo che ci lavoriamo.
Come già ho espresso a qualcuno prima di te questo esercizio va elaborato in tutti i suoi punti ed è bene non solo riconoscere che c’è una rabbia ma lasciarla esprimere, parlare……cosa direbbe la tua rabbia in quel momento ai tuoi figli? Per liberarci da questo sentimento dobbiamo tirarlo fuori e non reprimerlo.
Forse la rabbia l’hai descritta molto bene quando passi a sentire l’emozione: “l’animale che vorrebbe azzannare alla carotide il prossimo” è un’immagine perfetta di come ci sentiamo in certe situazioni e sei stato bravo ad avere il coraggio di scrivere questo.
L’emozione è l’impotenza, forse unita ad una disperazione, normale inevitabile emozione di chi si sente imprigionato, in gabbia.
Caro Emanuele spero che essere riuscito a chiedere aiuto ed aver ascoltato quelle belle parole di consolazione ti abbia rasserenato.
Ricordo molto bene il periodo con i figli piccoli, la stanchezza, la paura di non essere un bravo genitore e di non farcela.
Ti sono vicina con tanto affetto e devo dire che è molto bello anche il tuo rammarico per la sofferenza degli altri (in questo caso dei tuoi figli e di tua moglie).
A presto Gabriella
Cari tutti, caro Marco,
Scusate sono un po indietro con i video.. quindi questa domanda arriva un po’ ritardo. In tanto vorrei direi che mi e’ piaciuto molto questo incontro, che e’ stato davvero “rvielatore” per me sotto vari punti..
Poi vorrei fare una domanda di chiarimento:
Marco, se non ho capito male nel video dici che il messaggio di Gesu’ non contraddice il Buddha.. e che il suo arrivo risolve grandi questioni aperte che erano rimaste, come per esempio se esiste un Dio come persona intelligente… e che cio’ non si sapeva prima. Dici che il Buddhismo si considerava ateo da questo punto di vista. Il Buddha dice con chiarezza che non sa qale sia la consistenza dell’io umano, ovvero se esiste o non esiste un io non-egoico…
Pero’ Dennis Gira (“La scelta che non esclude” p.32) dice ” i buddhisti non sono atei, per la semplicissima ragione che l’idea di Dio e’ per loro totalmente inconcepibile”. Lo ripete anche piu volte.
Da qui nasce la mia confusione sul fatto che il messaggio di Gesu’ contraddica o meno quello del Buddha..
Questa domanda puo’ sembrare molto “mentale” ma per me e’ importante capire bene anche questo aspetto..
Ti ringrazio in anticipo per la tua risposta!
Un caro saluto a tutti da Colonia,
Lea
Cara Lea in questi giorni Marco è impegnato in alcune conferenze in varie parti d’Italia ma ti risponderà quanto prima. Ti abbraccio e spero di vederti presto
Grazie Gabriella per l’informazione. Non c’e’ fretta 🙂
Ti abbraccio forte anch’io.
Cara Lea, il problema sta nel concetto stesso di Dio: Buddha concepisce eccome una Realtà Assoluta, uno stato assoluto della realtà, che l’uomo può realizzare attraverso un lungo processo di purificazione; ma non concepisce un Dio Creatore. In tal senso la rivelazione di Gesù ci illumina, potremmo dire, sui segreti di questa Realtà Assoluta, non contraddice perciò il Buddha, ma, dal suo (cristiano) punto di vista, ne completa la comprensione della realtà ultima. Forse qualche chiarimento ulteriore lo puoi trovare nel mio Yoga e preghiera cristiana, oppure tra i libri suggeriti nella bibliografia della 2a, ma anche della 3a annualità (e infatti l’anno prossimo approfondiremo molto questo punto….).
Ciao, e auguri per tutto! Marco
Grazie mille Marco per la tua chiara risposta!
Un abbraccio e spero a presto,
Lea
Ho trascorso la settimana attanagliata a tratti dall’angoscia ancestrale. Dall’inconscio emergono percezioni del necrotizzato e dell’oscuro, stanze buie, dove c’è un’adolescente infelice che DEVE sentirsi in colpa per il suo pianto disperato. In realtà, dicendomi che ero sana e avevo una famiglia e una casa e la possibilità di studiare, mamma cercava di consolarmi, certamente non voleva farmi stare peggio o forse voleva convincersi lei. Forse anche lei, anzi certamente, stava male e più di me. Ma non ha mai avuto gli strumenti per confessarlo a se stessa ed elaborare la sua situazione.
Questi gli scenari che emergono dopo aver fatto l’esercizio con la guida di Marco. emerge anche una tendenza a piccoli incidenti, tagliarmi mentre affetto la cipolla piuttosto che sbattere la testa nel davanzale, tentativi di riportare l’attenzione sull’io corporeo e fuggire l’angoscia. L’esercizio a nove punti ha questo effetto prolungato nel tempo e il grido di dolore emerso al quarto punto si sta rivelando come una paura terribile di precipitare, perché laggiù tutto finisce.
In effetti nella pratica ho difficoltà nel LASCIAR ANDARE. Durante la fase dell’attenzione sul respiro, nell’inspiro ho acquisito consapevolezza che posso accogliermi e accettarmi come sono, ma subito dopo nell’inspiro non mi abbandono completamente vado come a toccare un punto che mi respinge. Va meglio se sposto l’attenzione, sulle narici per esempio. Non devo accorgermi di precipitare? Come i bambini che hanno paura di addormentarsi. Cullati dalla voce della mamma che racconta una favola, si addormentano senza accorgersene. Mi chiedo quando finalmente proverò la sensazione di essere sdraiata nell’apnea, come sarà.
All’ottavo punto ho scritto:
“Signore aiuto!
Dammi la forza di sopportare questo dolore e questo senso di colpa, questa condizione di prigionia senza scampo”.
Al nono punto:
“Lidia non disperarti…accetta questo dolore ed esso si trasformerà in dolcezza”.
Aspettando l’incontro comune, un abbraccio a tutti.
Con affetto
Lidia
Leggo il bel commento di Lidia, e tante cose che scrive mi risuonano. La paura, il senso di colpa devastante. L’attesa della dolcezza. Tutto trova riscontro, cittadinanza nel mio cuore. E’ un linguaggio che conosco, ne avverto i codici, lo sento e – direi quasi purtroppo – lo avverto familiare.
Perché la paura ancora c’è, c’è tutta quanta. Senza sconti, è qui al 100%. Anzi sembra che si stia liberando, si stia scrostando: e mi viene addosso, però. Come iceberg che finalmente si sciolgono, ma sciogliendosi riempiono il mare del cuore del loro liquido che almeno scorre, inizia a scorrere. Ma si sente tutto.
Rispetto a prima, rispetto all’inizio del percorso Darsi Pace, c’è questo fatto. Che la paura non è passata, ma è più scoperta, è meno bloccata. Andare a mettere il naso in delle struttura contratte da secoli, sta ottenendo questo effetto. Per dirla tutta, è come un effetto sinergico del percorso terapeutico e di quello Darsi Pace, che almeno nel mio caso mi sembra si accordino mirabilmente e armonicamente, per una qualche sincronicità di cui non mi è dato capirne i contorni e i modi, ma solamente accoglierne l’effetto complessivo.
Così l’esercizio a nove punti porta subito fuori il mio strato di paura, lo strato di paura che mi porto appresso tutti i giorni, tutti i momenti. Arrivo al quarto punto e scrivo, finalmente con grande sincerità
“Mi sento abbandonato e dimenticato da tutti. Perso in un mondo freddo ed indifferente a me. Non amato da nessuno, solo sfruttato. Senza nessuno che risponde al mio grido. Mi sento solo. Sento che nessuno mi può aiutare, che non c’è niente da fare.”
Ed è paradossale, ma finalmente scriverlo, metterlo in chiaro senza più finzioni, mi inizia a tranquillizzare. Finalmente la mia paura ha dignità di esistere, trova un posto dove può esistere. E’ anche la sensazione che ho provato in psicoterapia: finalmente un posto dove posso “depositare” tutto, senza giudizio. Senza dover garantire uno standard, una “prestazione”. Un posto dove sono io, giusto o sbagliato, fate voi. Ma io qui non fingo più, qui metto giù la maschera (quello da persona impegnata, consapevole, moderata, morigerata… ma che fatica tener tutte queste cose, sopra un cuore di bambino spaventato!)
Ora capisco cosa vuol dire “non censurare il proprio bisogno”, ammonimento che spesso è venuto alla luce nel mio percorso spirituale. Ma non capivo, finora, a che livello fosse vera questa frase, che pur mi veniva detta e ripetuta. Così capisco – accenno di passaggio – che il percorso Darsi Pace rende più vero il mio percorso da discepolo di Giussani, perché rende più vere quelle stesse parole: non aggiunge altre cose, ma scava nella verità di quelle stesse parole. Le lavora e mette in luce il loro fulgore, prima ovattato dalla mia stessa paura contratta. Mi permette di capirle meglio: Darsi Pace rende più vero il mio percorso in Comunione e Liberazione. Che scava nel bisogno, nel mio bisogno. Lo porta alla luce, stana i miei nascondimenti.
Va beh. Ma torniamo al bisogno.
Nel bisogno totale arriva la richiesta di aiuto, e al punto ottavo scrivo
“Fammi sentire amato e coccolato, fammi sentire in pace, fammi sentire sereno e abbandonato. Fammi sentire calore buono e conforto. Fammi sentire custodito e protetto. Fammi sentire di essere voluto bene.”
Ed iniziano ad arrivare le parole della consolazione. Le sento? Non le sento? Non lo so, potrei bloccarmi su questo. Tante volte mi interrogo sulla fede, la sento la consolazione? Non la sento? Rischio lo stallo. Ma quando Marco aggiunge, “quello che direste ad un bambino piccolo, sotto la vostra cura…” allora tutto si sblocca, e sgorga quello che sempre vorrei sentire… una Presenza amorevole che mi dice
“Non e vero che devi fare qualcosa, devi solo aderire. Devi solo stare tranquillo e seguire, non pensare al fatto che sei in grado o no. Questo non mi importa. Devi solo dire sì con il cuore, e tutto andrà bene. Io ti voglio bene qualsiasi cosa fai, non perderai mai il mio amore. Ecco, puoi finalmente rilassarti…”
E sentire questa frase mi fa bene, anche riscriverla mi fa bene. Ed è anche paradossale perché, capisco, questa sequenza non è appena una sequenza temporale. No. Non è che progredisco dal punto uno al punto nove, in una sorta di ascesa misurata e omogenea. Le cose sono molto più complesse di così: il tempo è relativo ed è per gran parte una convenzione. L’anima ragiona in modo diverso, in modo non lineare.
Così tutti questi punti, piuttosto, dal primo al nono, è come se vibrassero insieme, in una sorta di accordo polifonico che ha in sé la frequenza della paura e dell’abbandono, e quella dell’amore e del conforto. Devo focalizzarmi su alcune frequenze e cercare di privilegiare quelle, dar loro spazio. Farle diffondere nel mio cuore.
E’ sempre più paradossale il percorso di conversione/guarigione (vorrei una parola sola per dire la stessa realtà che è spirituale e psicologica insieme, non la trovo ed allora accosto queste due). E’ paradossale nella mentalità comune, quella cartesiana che accoglie il principio di non contraddizione. La psiche se ne infischia di tale principio, e vive in ambienti molto più vasti: Jung ce lo insegna, e dopo di lui molti altri.
Così è quando penso di essere “sano” o “guarito” che il malessere irrompe e dilaga, senza scampo. Se cerco di essere l’individuo “realizzato” che sta nel mondo con consapevolezza e sa cosa prendere e cosa dare, che non ha questa ferita immensa, precipito nel baratro più freddo.
E’ quando invece mi dico che sono “malato”, che sono in un percorso di Cura, che è un percorso lungo e che forse è lungo la vita stessa, che mi sento finalmente più amato e coccolato. Lo capisco attraverso mille dolori e diecimila malesseri: accogliere il fatto che sono in Cura, che sto camminando, che ho bisogno mille volte al giorno di una voce rassicurante, inizia a placarmi. Inizio timidamente a dialogare con questo “buco immenso” che per qualche motivo esiste al centro di me stesso. Che vuole essere guardato con amore. Con amore, altrimenti farà malissimo.
Così inizio a coltivare la speranza di essere preso per mano: fermo davanti all’abisso nero – e quanto reale, quanto sconfinato, ora che lo vedo meglio! – mentre piango e mi dispero, sento a volte una mano che sfiora la mia.
E non mi servono i discorsi, non mi serve alcuna retorica (laica o religiosa). Davanti al baratro te ne freghi di tutto, non puoi permetterti più di fare accademia, di coltivare bei pensieri. La retorica è irritante, in questo contesto, e quella religiosa lo è il doppio. Ogni cosa che vuole negare frettolosamente il baratro, o vuole frettolosamente coprirlo, è una menzogna.
Te ne freghi di tutto, di tutte le finzioni, che qui appaiono tali. Se non di questo, di quando avverti una mano dolce che sfiora la tua… Così che quando non la senti, pur pieno di paura, magari la torni a cercare… Perché ora sai che ci sono, ci sono posti dove puoi tornare.
Dove il tuo bambino interiore che urla e si dispera non viene più rimproverato, ma accolto. Dove sei curato, amorevolmente.
Caro Marco c’è un di più in quello che scrivi, c’è dello spirito. Agendo il dono della scrittura dai voce al travaglio interiore di chi come me vorrebbe dire tante cose ma ha difficoltà ad esprimersi e farsi capire. Davvero le tue parole sono di guida e di aiuto per me.
Sei artista e scienziato: l’emozione artistica accoppiata alla visione scientifica è una bellezza che smuove dall’interno e produce un di più. Grazie infinite
Grazie Lidia e grazie Marco, le vostre parole confermano pienamente la bellezza, l’utilità e la progressività del percorso iniziatico che stiamo vivendo.
Gli strumenti che ci ritroviamo in mano hanno grandi potenzialità che si sviluppano nel tempo e nella pratica più ne facciamo uso più ne scopriremo i benefici.
Il baratro è lì, sempre lì, pronto a bloccarci, impaurirci, isolarci, annientarci . . . . . . se siamo ego-guidati !
Per imparare l’abbandono bisogna praticarlo ed ecco la grande importanza della pratica meditativa che ci permette di sperimentare, ogni volta che DECIDO, i passaggi necessari, indispensabili al grande incontro.
Buon cammino Ale
Resoconto “stringato” dell’esercizio a nove punti
1. Descrivere la situazione …
Ennesimo furto del minimo spazio vitale e conseguente mio sentimento di spreco dell’ultimo tempo rimasto, soffoco e mi adatto
2. Esprimiamo, se c’è, … la nostra rabbia …
Urlando caccerei tutti o me ne andrei io, sbattendo la porta
3. Ci chiediamo: di che cosa ho veramente paura? …
Vorrei essere capita e avere il permesso di vivere
4. Scendiamo nel nostro punto di dolore o di scissione …
Sono triste, desidero sparire da questo mondo, desidero non essere,
ma anche ho desiderio di un altrove e di aria fresca da respirare
5. Ci chiediamo: quando mi sentivo così … nella mia infanzia? …
Tutte le volte che mi pareva di non avere un nido. Mi “silenziavo”, aspettavo in un canto che in qualche modo passasse.
6. In questo modo possiamo individuare le forme specifiche del nostro mascherarci/difenderci …
Mi isolo, mi faccio carico delle cose, così mi lasciano stare, nella speranza di salvare almeno un minuto di aria.
7. A questo punto ci chiederemo: nella situazione da cui siamo partititi abbiamo agito almeno in parte reiterando questi codici di comportamento … ?
Si
8. Ritorniamo adesso a contattare il nostro punto di scissione …
“Aiutami a dire no, a tollerare di non essere capita, a scegliere una strada di vita”
9. … che cosa diresti ad un bambino impaurito che chiedesse adesso il tuo aiuto? …
Direi “Certo che puoi, vai, ce la fai, se cadi ci sono io a tirarti su. E se prendi la strada sbagliata non preoccuparti sono qui con te, ti avverto. E se nonostante tutto cadi in errore ti voglio bene lo stesso vieni qui e io ti abbraccio”
Buona giornata a tutti
Maria
Carissima Maria sei riuscita ad abbandonarti chiedendo l’aiuto di cui hai bisogno ed ascoltando vere parole consolatorie. Bene! L’unico consiglio è questo:
nella sequenza dell’esercizio a nove punti è importante che ogni passo venga meditato con la giusta lentezza. In particolare quando si arriva alla paura è bene individuarla in modo preciso.
Quando dici “Vorrei essere capita e avere il permesso di vivere” qual’è la tua paura? Prova a chiederti “Di cosa hai veramente paura Maria se non sei capita?”
Probabilmente hai paura di essere annientata e soffocata e quindi di non poter più vivere. Questo naturalmente ti fa sentire molto triste direi disperata. E ti comprendo!
Vorrei rispondere a Marco C. quando dice
“Che la paura non è passata, ma è più scoperta, è meno bloccata.”….
Quando si osserva e si riconosce la paura già si comincia a prenderne la dovuta distanza, non ci si identifica più con essa, da qui parte il senso di liberazione che è certo graduale ma c’è.
Carissimi tutti l’esercizio a 9 punti è un condensato del percorso di Darsi Pace, in esso possiamo ritrovare prima il nostro io in conversione che studia e osserva l’ego arrabbiato, rattrappito e paralizzato dalle paure, poi l’io in relazione con la fonte del nostro essere che consola e ci fa capire che forse c’è un’altra possibilità di vivere in pienezza.
È uno strumento meraviglioso!
Un abbraccio Gabriella
Ciao Gabriella, si hai ragione, mi ero resa conto di aver risposto davvero in modo strano alla domanda chiarissima del punto tre, ma avevo rinunciato a spiegare meglio, ho lasciato la cosa lì, per il momento.
Devo prendere il tempo necessario e pensarci su. Forse avrei potuto dire “Ho paura di non avere il permesso di vivere”, il fatto è che nemmeno questo temo sia sufficiente a spiegare la confusione dolorosa che ho in testa. E poi non sono nemmeno gli altri che non mi accordano il “permesso di vivere”, chi davvero non mi permette di vivere sono io stessa, chi davvero non mi capisce sono di nuovo io.
Ripeterò l’esercizio.
Spero di vedervi presto.
Grazie
Maria
Certo Maria con il dovuto tempo, il lavoro spirituale, ma soprattutto gli esercizi di autoconoscimento, non sono immediati, vanno compresi lentamente…. noi siamo tanto complicati!
E infatti stai cominciando a capire che forse gran parte delle distorsioni e paure sono spesso dovute ad una errata percezione degli eventi e delle relazioni da parte nostra.
Gli altri faranno la loro parte certo ma noi ci mettiamo sicuro un carico non indifferente.
Forse tanta sofferenza non è necessaria!
A presto Gabriella
Vorrei farvi giungere da cuore a cuore il mio augurio per una Santa Pasqua di vera resurrezione.
In fondo stiamo lavorando proprio per questo e i segni sono visibili……..
Tanti cari auguri. Ale
Buona Pasqua Alessandro
Buona Pasqua a tutti
Maria
Buona Pasqua anche da me cari amici che possiate viverla in pace e serenità!
Con affetto Gabriella
Grazie. Buona Pasqua a tutti!
Lidia
Sono rimasta un po’ indietro e leggo solo ora la parte relativa all’ottavo incontro. Ringrazio come sempre tutti per le preziose condivisioni.
Grazie veramente per il dono di questo prezioso strumento che è l’esercizio a nove punti che mi rendo conto di aver già fatto senza saperlo varie volte nella vita. Quante volte ho alzato gli occhi al cielo chiedendo aiuto sentendomi veramente spossata ed impotente e quante volte ho ricevuto risposta, magari aprendo a caso una pagina della Bibbia che sembrava contenere un testo scritto apposta per me in quel momento, oppure incontrando proprio quella persona nel mio cammino. Sento veramente che nel corso della mia vita, tutt’altro che linerare, c’è sempre stato un filo che mi ha guidato e che non è casuale
E questa sensazione la provo anche facendo Darsi Pace, quante volte scrivo negli esercizi e poco dopo nelle parole di Marco ritrovo tutto. Anche questa volta riassumendo a grandi punti il mio esercizio:
Qualsiasi sia la situazione iniziale del primo punto, arrivo subito dritta al secondo punto a quella rabbia viscerale che così tante volte sento. Al terzo punto ritrovo sempre la stessa paura radicale, paura di dovermi annullare, di non esistere, di venire annientata. Quarto punto l’emozione: mi sento soffocare, pura sensazione anche fisica che mi manchi letteralmente il fiato. Ottavo punto che è relativo a determinate situazioni e relazioni che sto vivendo in questo periodo “Aiutami, donami la forza di sopportare e di non cadere in tentazione”
Ed ecco che subito dopo Marco legge le parole di Giovanni Cassiano dove si parla proprio del grido di aiuto da usare nelle varie circostanze di tentazione! Casuale? Penso di no. Ed è quello che sto vivendo, perchè ovviamente proprio quando mi do da fare e cerco di non soccombere arrivano sempre più pesi e proprio quando sento un grand bisogno di evasione e leggerezza e ovviamente arriva la tentazione servita su un bel piatto d’argento …. Sento veramente il bisogno di chiedere aiuto per questo
Nono punto, la risposta che penso sia ancora un misto della vera voce dello Spirito in me e del mio ego che elabora “Sono qui vicino a te. Lo so è pesante, ma finirà. Fai ancora un po’ la tua parte, poi finirà, promesso, fidati.” “Anche per il resto sono qui vicino a te, in questa tentazione che la vita ti ha portato, sai che ti lascio libera. Il mio amore è così, lascia liberi. Lo sai che se nella libertà, ancora una volta scegli ME, sarai in pace e libera da questo tormento”
Ed eccoci cara Laura all’esercizio a 9 punti, strumento con cui possiamo incarnare nella nostra vita quotidiana, nelle sofferenze o anche lievi difficoltà di tutti i giorni, quel dinamismo iniziatico che stiamo imparando a percorrere in Darsi Pace.
Rivolgere lo sguardo dentro di noi, ascoltare quella rabbia che spesso alcune situazioni ci scatenano…., sentire nel profondo le paure e quindi l’emozione che caratterizza questo stato, ed infine mollare!
Si mollare che per noi e tanto complicato, renderci conto che da soli non ce la facciamo, non ci salviamo solo con le nostre forze, riconoscere la nostra impotenza e “chiedere aiuto”.
Per te questo è stato possibile ed è importante.
Riguardo ciò che hai condiviso consiglio, se non l’hai fatto, di far parlare quella rabbia, per iscritto puoi rivolgerti proprio a quella persona o a quella situazione che ti ha fatto arrabbiare sfogandoti senza riserve come farebbe la bambina ferita.
Nell’ascoltare poi la risposta alla richiesta di aiuto non pensare: “ma sarò io nello Spirito o è l’ego a pronunciare queste parole o metà e metà?”
Poniti semplicemente in ascolto e se quelle parole ti consolano e ti fanno stare meglio provengono sicuramente dalla Verità.
Di nuovo un caro saluto Gabriella
Cari amici,
vi mando il mio esercizio a nove punti.
1. Descrivere la situazione …
Ho deciso di prendere in esame la situazione in cui mi arrabbio con i miei figli. A volte può essere oppurtuno alzare la voce con i bimbi, io scelgo però una situazione in cui loro mi disubbidiscono ed io mi arrabbio non „per scelta libera e consapevole“, ma per „un automatismo“, per nervosismo…
2. Esprimiamo, se c’è, … la nostra rabbia …
I sentimenti presenti sono rabbia, aggressività, nervosismo, stanchezza.
3. Ci chiediamo: di che cosa ho veramente paura? …
– Paura che la situazione di stress non smetta
– paura di perdere il controllo
– paura di non essere rispettato come padre
– paura che mia moglie soffra in quella situazione (se i bimbi ad esempio la stanno facendo innervosire, per esempio non ubbidendo, io intervengo pure per fare „fronte comune“ con mia moglie, se però i bimbi continuano a non ubbidire, lei continua a stare in una situazione stressante)
– paura che i bimbi soffrano (se non fanno quello che dicono i genitori, che si presuppone sia un bene per loro, poi dovranno anche loro sopportare le conseguenze)
– Paura di farsi prendere in giro da un ragazzino/da dei ragazzini
– Paura della sofferenza
– Paura che la famiglia vada a rotoli, che i bimbi non crescano come dovrebbero, che non acquisiscano gli strumenti adatti per orientarsi nel mondo (mi accorgo facendo questo esercizio che queste paure sono del tutto esagerate rispetto alla situazione concreta, e che la mia reazione è anche esagerata)
4. … l’emozione di fondo…?
– Non mi sento capito, ascoltato
– mi sento un animale in gabbia che vorrebbe spaccare tutto, ma non può (i bimbi non si toccano + bisogna avere pazienza e capirli, lasciargli un ampio margine di manovra)
– Mi sento un animale che vorrebbe azzannare alla carotide il prossimo, ma non può, mi sento legato mani e piedi, mi sento soffocare, mi sento impotente
5. Ci chiediamo: quando mi sentivo così … nella mia infanzia? …
– Questi aneddoti me li ha raccontati mia madre, ma io li ricordo molto bene: C’erano dei momenti di discussione con mia madre. Io argomentavo che era una bellezza, e lei, quando dopo due giorni di discussioni non riusciva ad avere ragione con gli argomenti, diceva: „è così e basta!“. Io rispondevo: „questa é l’autorità, obbedisco, ma non sono d’accordo!“ E lei: „non importa, basta che lo fai!!“ (… come la capisco oggi!!! ;-P …)
6. In questo modo possiamo individuare le forme specifiche del nostro mascherarci/difenderci …
– Aggredisco verbalmente
7. A questo punto ci chiederemo: nella situazione da cui siamo partititi abbiamo agito almeno in parte reiterando questi codici di comportamento … ?
Si
8. Ritorniamo adesso a contattare il nostro punto di scissione, formuliamo l’invocazione di aiuto…
“Aiutami Signore ad avere pazienza, a mettere avanti il bene dei bimbi piuttosto che le mie paure. Donami calma, autorità, amore, coraggio, fiducia nei bimbi, la consapevolezza che non posso preservarli dal male e da tutti gli ostacoli, che devono fare anche loro esperienze dolorose ma che tu sarai con loro.”
9. … risposta…
„Stai tranquillo, l’educazione non si fa con i comandi, ma dando il buon esempio, grazie all’atmosfera che si respira in famiglia. Fra 20 anni questo episodio di disobbedienza ti sembrerà ridicolo, come del tutto esagerata ti sembrerà la tua reazione di violenza verbale, quasi che i bimbi avessero compiuto un oltraggio imperdonabile. non è cosi, sono bimbi, stai tranquillo… non avere fretta che i bimbi facciano tutto come si deve“
Eccomi a te Emanuele
L’esercizio a 9 punti come tutti gli esercizi di autoconoscimento devono far parlare la nostra parte inconscia, ferita, anche un po’ infantile, che c’è in ognuno di noi e che ha bisogno di consolazione e perché no…di coccole.
Dico ciò perché non devi preoccuparti di riconoscere che le tue paure sono esagerate diciamo che forse non sono necessarie ed è per questo che ci lavoriamo.
Come già ho espresso a qualcuno prima di te questo esercizio va elaborato in tutti i suoi punti ed è bene non solo riconoscere che c’è una rabbia ma lasciarla esprimere, parlare……cosa direbbe la tua rabbia in quel momento ai tuoi figli? Per liberarci da questo sentimento dobbiamo tirarlo fuori e non reprimerlo.
Forse la rabbia l’hai descritta molto bene quando passi a sentire l’emozione: “l’animale che vorrebbe azzannare alla carotide il prossimo” è un’immagine perfetta di come ci sentiamo in certe situazioni e sei stato bravo ad avere il coraggio di scrivere questo.
L’emozione è l’impotenza, forse unita ad una disperazione, normale inevitabile emozione di chi si sente imprigionato, in gabbia.
Caro Emanuele spero che essere riuscito a chiedere aiuto ed aver ascoltato quelle belle parole di consolazione ti abbia rasserenato.
Ricordo molto bene il periodo con i figli piccoli, la stanchezza, la paura di non essere un bravo genitore e di non farcela.
Ti sono vicina con tanto affetto e devo dire che è molto bello anche il tuo rammarico per la sofferenza degli altri (in questo caso dei tuoi figli e di tua moglie).
A presto Gabriella
Cari tutti, caro Marco,
Scusate sono un po indietro con i video.. quindi questa domanda arriva un po’ ritardo. In tanto vorrei direi che mi e’ piaciuto molto questo incontro, che e’ stato davvero “rvielatore” per me sotto vari punti..
Poi vorrei fare una domanda di chiarimento:
Marco, se non ho capito male nel video dici che il messaggio di Gesu’ non contraddice il Buddha.. e che il suo arrivo risolve grandi questioni aperte che erano rimaste, come per esempio se esiste un Dio come persona intelligente… e che cio’ non si sapeva prima. Dici che il Buddhismo si considerava ateo da questo punto di vista. Il Buddha dice con chiarezza che non sa qale sia la consistenza dell’io umano, ovvero se esiste o non esiste un io non-egoico…
Pero’ Dennis Gira (“La scelta che non esclude” p.32) dice ” i buddhisti non sono atei, per la semplicissima ragione che l’idea di Dio e’ per loro totalmente inconcepibile”. Lo ripete anche piu volte.
Da qui nasce la mia confusione sul fatto che il messaggio di Gesu’ contraddica o meno quello del Buddha..
Questa domanda puo’ sembrare molto “mentale” ma per me e’ importante capire bene anche questo aspetto..
Ti ringrazio in anticipo per la tua risposta!
Un caro saluto a tutti da Colonia,
Lea
Cara Lea in questi giorni Marco è impegnato in alcune conferenze in varie parti d’Italia ma ti risponderà quanto prima. Ti abbraccio e spero di vederti presto
Grazie Gabriella per l’informazione. Non c’e’ fretta 🙂
Ti abbraccio forte anch’io.
Cara Lea, il problema sta nel concetto stesso di Dio: Buddha concepisce eccome una Realtà Assoluta, uno stato assoluto della realtà, che l’uomo può realizzare attraverso un lungo processo di purificazione; ma non concepisce un Dio Creatore. In tal senso la rivelazione di Gesù ci illumina, potremmo dire, sui segreti di questa Realtà Assoluta, non contraddice perciò il Buddha, ma, dal suo (cristiano) punto di vista, ne completa la comprensione della realtà ultima. Forse qualche chiarimento ulteriore lo puoi trovare nel mio Yoga e preghiera cristiana, oppure tra i libri suggeriti nella bibliografia della 2a, ma anche della 3a annualità (e infatti l’anno prossimo approfondiremo molto questo punto….).
Ciao, e auguri per tutto! Marco
Grazie mille Marco per la tua chiara risposta!
Un abbraccio e spero a presto,
Lea