Finora non ho lasciato alcun commento perchè condivido a tal punto quel che dice Marco da non aver sentito la necessità di aggiungere altro anche se, mi rendo conto, quel che uno dice può sempre essere utile a qualcuno.
Stavolta, però, voglio sottolineare due passaggi del suo discorso che mi hanno più del solito colpito e che perciò ripropongo alla vostra attenzione meditativa. E cioè, quando ha affermato che il ‘principiante’ è il vero maestro perchè rivive sempre COME NUOVE tutte le cose epperciò non si annoia mai e conserva la capacità di stupirsi di un bambino e, con questa consapevolezza vissuta, esperienziale, INCARNATA, l’altra grande, consapevole affermazione che il VERBO, se solo glielo consenti, VUOLE INCARNARSI in te in ogni momento e non aggiungo altro. Ettore.
Grazie Ettore, del tuo commento su quei due punti così importanti da ricordare ogni giorno… L’atteggiamento del principiante richiede l’umiltà che a me tante volte manca e mancando questa anche lo stupore e la gioia di fare l’esperienza in modo assolutamente nuovo e inedito ogni volta. Credo che questo punto sia da scrivere in ogni angolo di casa per avere sempre presente che ogni attimo, ogni respiro è assoluta novità, esperienza mai fatta e sempre cammino in avanti. Come giustamente ricordava Marco, nel cammino spirituale non esiste staticità, o si va avanti o si regredisce… La vita è dinamismo, movimento, avanzamento. Vorrei proprio anch’io entrare consapevolmente in questo flusso di Vita che vuole diventare Carne in me e attraverso la mia “micro” esistenza trasformare l’universo 🙂
un caro saluto
Elisabetta
Ti ringrazio, cara Elisabetta, per la tua risposta e colgo l’occasione per precisare meglio che può considerarsi un principiante colui che vive con la consapevolezza di ESSERE SEMPRE ALL’INIZIO di ogni cammino di conoscenza e, questo, non tanto per una pseudo-umiltà di cui autocompiacersi ma perchè COSI’ REALMENTE E’: il nostro, direi, è un DINAMISMO ONTOLOGICO che, scevro da ogni considerazione moralistica e da ogni rappresentazione mentale astraente, DIVIENE ESPERIENZA di VITA CONCRETAMENTE VISSUTA: una INCARNAZIONE, appunto! Un abbraccio, Ettore.
Ciao, Ettore, bentrovato qui, per via telematica, e grazie delle tue sottolineature.
Questo scambio telematico credo che possa diventare un luogo sempre più importante per il nostro lavoro. I nostri gruppi sono fisico-telematici, in quanto crediamo che questa doppia configurazione caratterizzerà sempre più la vita relazionale delle persone del tempo presente e futuro.
Un abbraccio a tutti. Marco
Caro Marco, grazie per la tua nota di risposta. Per non ripetermi, mi permetto di suggerirti di leggere la risposta che ho dato ad Elisabetta. Sono cose che, ovviamente, tu sai benissimo perchè LE VIVI e le insegni ma, credimi, anch’io le sento e le vivo con altrettanta forza perchè esprimono la SOLA VERITA’ POSSIBILE che ci è data di vivere: in alternativa, il NULLA CONTEMPORANEO! Ettore.
Ringrazio Davide per la sua condivisione…questo confronto (come quello con Giulia nello scorso incontro) mi è stato utile per migliorare l’autoconoscimento psicologico e sviluppare una sana e maggiore empatia…grazie!!! 😉
Credo sia utile linkare anche qui le due pratiche meditative citate alla fine della prima parte:
Anche io condivido il mio esercizio di auto-conoscimento…
Per prima cosa l’elenco delle richieste ricevute dai genitori: devi obbedire, devi fare il tuo dovere, devi essere perfetto, devi essere come gli altri coetanei, devi fare bella figura. Sul quaderno ho distinto in due colonne, qui ho riportato per brevità una volta, perché le richieste paterne e materne mi sembrano le stesse. Riguardo le ingiunzioni fondamentali, ho riconosciuto: non essere te stesso (più di tutte le altre), non pensare e non avere opinioni tue, non entrare in intimità e non esprimere i tuoi sentimenti.
Ho ricavato delle conclusioni errate, cioè: se non sarò me stesso, sarò accettato (questa è l’ingiunzione che sento più operante). Se non avrò opinioni mie, sarò approvato. Se non esprimerò i miei sentimenti, starò bene, al sicuro.
Tutto questo ha avuto un’influenza molto forte sulla mia vita. Nelle scelte individuali, ho sempre avvertito di dover rinunciare a esprimere me stesso, per sopravvivere in un ambiente che altrimenti mi avrebbe escluso. Nei rapporti umani, l’immagine che tendo a dare è distaccata, tendo a isolarmi e a non creare nuovi legami…
buon fine settimana a tutti,
Filippo
Caro Filippo mi sembra che già in precedenza avevi riconosciuto questa tua tendenza all’isolamento e ad apparire distaccato.
Stai lavorando molto bene su te stesso in modo preciso. Questi esercizi, in particolare quello sulla genesi familiare delle nostre ferite, si potranno ripetere con il tempo e magari, avendo ritrovato una maggiore concentrazione e pace interiore, si potranno scoprire altri aspetti di noi ed altre strategie difensive che adottiamo inconsciamente!
Un caro saluto Gabriella
Dopo giorni di oppressione interiore ho capito che ho sempre vissuto una rappresentazione di me stesso.
Una falsa immagine di
me stesso costruita con molta cura fin dalla mia iinfanzia; il tutto per difendermi dal mondo di cui avevo paura.
Me la sono sempre portata appresso fino ad adesso.
Questo falso “essere me stesso” ha questi connotati essenziali:
falsa moralità, falsa sapienza;da cui tutto deriva!
Questa immagine è esterna a me e il mondo prima di arrivare a me deve attraversare questa falsa immagine di me; questo falso me stesso che elabora ciò che può entrare dentro me e quello che non può entrare lo fa come rimbalzare fuori di me;cioè quasi tutto; tanto è vero che sento poco niente dentro di me; poca vita,pochi sentimenti.
Anche se sento di avere amore da dare.
Avverto che questo essere me stesso fuori di me non è più necessario e si sta dissolvendo non so bene se per mia volontà o frutto del lavoro svolto finora!
Tutto ciò mi rende più contento,più vivo ma non posso dire più sereno; perché….. che ne sarà di me?
Comunque vediamo un po’ come è il mondo con un po’ meno maschere o meglio adesso che i miei occhi vedono un tantino più chiaro.
Una cosa è certa!
Mi sento un po’ più a casa!
Scusate per la complessità e la lunghezza ma non sapevo bene come esprimermi.
Ciao a tutti
Claudio.
Cla
Eccomi qui a svolgere il compito assegnato oramai diverse settimane fa. Inizialmente ho preso del tempo perché mi riusciva difficile scrivere quel che si andava ordinando in testa, nemmeno adesso mi piace quel che sto inviando, le cose sono più complesse di come riesco a scriverle, richiedono maggiore riflessione e maggiore abilità di scrittura perché la sintesi necessaria non si traduca in un tradimento della realtà. In più ho dovuto vincere un certo imbarazzo all’idea di condividere cose del tutto personali con perfetti sconosciuti (imbarazzo vinto ma non superato, confesso che il pensiero di stare commettendo un errore è tuttora presente). Poi sono intervenute una serie di circostanze e problemi che mi hanno allontanata dal lavoro del Gruppo. Adesso che per fortuna mi si è riaperto un piccolo spazio, ho deciso di postare quanto avevo buttato giù inizialmente e rinuncio ad aggiungere altro che avevo in mente, per non dover posticipare ancora.
Anche se non serve, se è chiaro a tutti, me compresa, lo spirito e l’intento dell’esercizio, devo dirlo ugualmente: Nonostante quel che scriverò nel seguito è certo che i miei genitori si sono dati da fare per essere buoni genitori.
Per l’una dovevo essere pronta, disponibile, affettuosa, brillante, intelligente, non conforme alla massa, attiva, comprendere bisogni e prevenire necessità, riconoscente, non disturbare, non essere lagnosa.
Per l’altro obbediente, educata, composta, soprattutto silenziosa, rispettosa dei dettami formali, diligente.
Per l’una ero unica fonte di senso della vita, per l’altro era sufficiente non creare nessun tipo di problema, possibilmente non esistere e, crescendo, in prospettiva, essere utile.
Ciò mi garantiva l’amore di mia madre, necessario come l’aria, e la tranquillità di non essere oggetto né di rimproveri, né di richieste, né di disdegno paterno.
Mi sono esercitata molto da subito e, devo dire, anche con un certo successo (e non era proprio tutto un sacrificio, mi piaceva, c’era una parte di me che si adoperava di buon grado). Per il resto stavo coi miei pensieri , poi leggevo, studiavo e poi ancora leggevo e leggevo (questo era il pezzo di vita mio).
Il rovescio della medaglia? Essere fonte di benessere, diciamo così, era un riconoscimento di una mia “potenza” (non che mi fosse chiaro così come lo dico ora, ma immagino avvertissi qualcosa di gratificante) , alla fine non sapevo più se mi interessava il benessere di chi avevo di fronte oppure se quel che volevo era la conferma di una mia bravura … In più andavo sviluppando inconsapevolmente il convincimento che bastasse applicare più sforzo o uno sforzo migliore per risolvere quasi ogni problema.
Contemporaneamente perdevo totalmente di vista i miei propri interessi-abilità-desideri . Ragazzetta mi domandavo “ma perché io non sento un interesse forte per qualcosa? Nei romanzi ci sono tutti questi animi tormentati, anch’io vorrei un tormento così”. Credo di essermi risposta che ero nata col difetto non sanabile di non avere una vocazione per qualcosa, quindi non potevo essere una persona interessante e per conseguenza dovevo “sforzarmi” di più per diventarlo (tanto per cambiare).
Sono andata avanti cercando di interpretare cosa si volesse da me e dandomi da fare per realizzarlo, aggiungendo sforzo a sforzo ove il risultato non fosse soddisfacente e, ahimé, negli anni era sempre meno soddisfacente. Avevo intorno a me solo persone dolenti . E allora tornavo indietro, riesaminavo ogni singola azione, ogni singolo passo, per trovare l’errore e correggerlo con un qualcosa che si rivelava uno sbaglio anch’esso, fino a che non mi è esploso dentro l’urlo “vi prego ditemi la mia colpa!” e non ho trovato risposta.
Ciao a tutti
Maria
Salve a tutti,
torno a scrivere dopo un silenzio durato qualche incontro, che ho frattanto recuperato. Mi spiace di essere stato assente, lo capisco adesso. Volevo esprimere da un lato la gratitudine al gruppo e a chi si espone (grazie Giulia e Davide!), dall’altro condividere innanzitutto, e specularmente, la mia ritrosia nell’espormi. Non mi è affatto naturale, no, e soltanto il constatare come l’esposizione avvenga senza sentimentalismi o patetismi di affettata condivisione mi ha dato ragioni in più per farlo.
Voglio dirvi poi che il mio bisogno di conferme per così dire “intellettuali” mi ha portato in questo periodo a una paralisi del sospetto. Il cinismo che satura gli ambienti che frequento non fa crescere nulla, altro che spine, altro che asfalto e sassi, è il cinismo che con la sua risata da paresi rende sterile tutto.
Dicevo delle “conferme”, del bisogno di capire tutto prima di fare: riconosco questo meccanismo di conferma, è ciclico, e l’immobilità può durare molto a lungo, salvo poi constatare che immobile non sono restato, spesso sono sceso in basso. Sì, perché condivido il pensiero di Marco che non c’è stasi nel cammino, si va avanti o indietro.
E tuttavia devo fare in qualche modo i giusti conti con questo bisogno di ordine intellettuale. Sono quindi alle prese con una torre tutta da rifondare: monca, sbilenca, cementata di paure, è crollata. Posso non pensarci ma le macerie sono ovunque: e finalmente si direbbe (germoglia una sorridente disperazione a volte, che non ha niente a che fare col cinismo)! Si vedrà quindi, ma almeno lavoriamo per costruire sulla roccia, non su maschere di falsità.
Un’altra remora al lavoro è stata costituita dall’ambiente in cui vivo, la famiglia, non silenzioso, e anche di mattina piuttosto “affollato”. Posso rimediare puntando prima la sveglia, ma in generale mi accorgo di svolgere la meditazione, l’ascolto degli incontri, come un ladro, di nascosto. Capita anche a qualcuno di voi? Mi accorgo adesso che è un atteggiamento che riservo a molte delle cose a cui tengo. Ah, la vergogna (un capitolo? un abisso!).
Ma andiamo all’esercizio. Le conclusioni errate che credo di aver finora individuato sono queste, alcune con indecisioni, sfocature.
Se non esisto: sono apprezzato (perché do spazio agli altri, sono buono, generoso);
Se non sono me stesso: sono accettato, sto in pace con tutti;
Se non sono un bambino: sono apprezzato (perché sono forte, responsabile, buono, in gamba);
Se non cresco/non riesco/non ho successo: sono al sicuro (a casa, posso addolorarmi – sono accettato?);
Se non mi muovo/non faccio niente: sono apprezzato, ammirato (perché diligente, “educato”);
Se non appartengo/non mi aggrego/sono diverso: sono speciale, carismatico, migliore.
Se non entro in intimità/non mi espongo/non esprimo i miei sentimenti: sono al sicuro, ho intere le possibilità (non sconvolgo la situazione);
Se non penso, se non ho opinioni mie: vado d’accordo con tutti, sono al sicuro (non mi espongo), tranquillo;
Se non sto bene: sono buono (partecipo al dolore).
Grazie ancora di tutto, questo ottavo incontro mi ha dato la sensazione netta di essere in un cammino molto serio (che sollievo!) e con una ciurma davvero speciale.
A presto,
Giuseppe
ciao Giuseppe, mi riconosco in quanto scrivi e ne approfitto per qualche considerazione. Anche io respiro un’atmosfera mortifera in tutti gli ambienti che frequento (di cui peraltro molti di “tradizione cattolica”), tranne Darsi Pace, e i tentativi di espansione trovano molti ostacoli.
A questo proposito, leggendo le parole di Maria, sento di poter aggiungere alle ingiunzioni anche “non esistere”, infatti mi trovo a vivere in un mondo fintamente tollerante, pronto a condannare ogni tentativo di contestazione delle logiche di questo mondo.
“Un cristiano se non è rivoluzionario in questo tempo non è cristiano” (papa Francesco, giugno 2013)… parole sante!
La sperimentazione avviata da Darsi Pace sancisce la fine di un mondo, e alla pars destruens fa seguire un tentativo concreto di liquidazione delle rappresentazioni egoiche, individuali e collettive. Ciò significa che l’ego si sente messo in discussione (anche il nostro…). Vengono tollerate chiacchiere vane sulla crisi (antropologica, culturale, politica ecc.), mentre i tentativi di rigenerazione a volte sono guardati con uno scetticismo giudicante.
In tutto ciò, i pochi vivi hanno orecchie per ascoltare, e riconoscono l’autorevolezza donata dallo Spirito. Ciò significa che bisogna proseguire nel cammino anche per riuscire a esprimere parole sempre più convincenti, perché vitali, rigeneranti, salvifiche.
Per il resto, anche io medito di nascosto, e gli incontri video li guardo quando sono da solo, per evitare incomprensioni che sono già sorte in passato con chi mi circonda (“è una setta religiosa” o “buddhista”, ecc.). Per lo stesso motivo definisco ciò che leggo e studio – tra cui manuali DP – “libri di filosofia”…
Mi espongo invece con alcuni amici, miei coetanei, che invece sono incuriositi, sia dalla meditazione che dagli argomenti dei libri, e ne discuto quasi liberamente (la natura spirituale dell’uomo è spesso negata, ma il nuovo attrae).
Filippo
Claudio, pensa siamo solo all’8° incontro del primo anno e tu sei già così in profondità!
C’è ancora tantissimo da scoprire assieme ma la tua sensazione conferma la giusta via: si torna a casa finalmente.
Grazie per la tua condivisione e forza il bello deve ancora arrivare . . . . . .
Maria, certo questi sconosciuti ti stanno ascoltando e con te fanno piccoli passi di autoconoscimento che muovono e sciolgono il nostro blocco interiore.
Quella bimba ha bisogno di essere abbracciata, baciata, coccolata insomma amata così come è, non deve dimostrare niente più.
Le involontarie ma pesanti ingiunzioni l’hanno spinta verso scelte folli di sacrificio estremo.
Adesso dedichiamoci un pochino a lei, ascoltiamola meglio, facciamola sentire in pace, tra amici che la accolgono e la stimano.
Finalmente è tempo di pensare un po anche a noi senza cadere nei sensi di colpa, se siamo nell’integrità non corriamo il rischio di fare danni quindi lavoriamo sulla pratica il più possibile ma senza doverismi.
In fondo noi cerchiamo il piacere di una verità pacificante e gioiosa .
Grazie per il lavoro condiviso.
Sai Giuseppe, ho la netta sensazione che il tuo sentirti come un ladro sia una esperienza molto diffusa, anche per me, come per Filippo, è stato così e a volte ( spesso ) lo è ancora.
La fase iniziale del nostro lavoro di frequente provoca un innalzamento della forza delle resistenze e la migliore analisi può acuire le sensazioni che descrivi ma le cose si assesteranno con il crescere della consapevolezza.
Siamo tutti distolti dall’orizzonte di verità che iniziamo ad intravedere, ogni passo che facciamo le cose si chiariranno un pochino dipiù e crescerà anche la nostra capacità di accoglienza.
Grazie a te e a Filippo.
Un abbraccio Ale
È cosi la vergogna c’è in quella parte di noi che non ci crede ancora. Pensate che non alberga più in me quella parte? Vi sbagliate.
Eppure la bellezza è che piano piano, man mano che mi sto liberando, che sto sperimentando l’altra parte di me l’altra vita, comincio ad avere più coraggio e a parlarne anche con sconosciuti. E si scopre quanto anche gli altri hanno bisogno di questo!
Spesso è più difficile in famiglia da far comprendere, è inevitabile che coloro che ci vivono accanto vedono il lavoro come qualcosa che ci allontana da loro. Ma anche questo aspetto cambierà la nostra trasformazione diventera’ contagiosa. Lo sto sperimentando. ..un caro abbraccio a tutti! Gabriella
Ciao a tutti, sono ritornata per dirvi qualcosa di questo cammino, anche se sono un po’ impacciata. Sono tanto contenta e benché non riesca con la mia età a seguire come vorrei il corso di Darsi Pace, desidero condividere con voi l’esercizio di auto conoscimento che ho svolto con l’aiuto di una consorella della mia comunità.
I miei genitori sono stati molto buoni con me. Per il babbo era importante fare bene i lavori che ci indicava, essere ordinate, puntuali. Ero ubbidiente e forse per come vivevo ero portata ed essere sottomessa.
Le ingiunzioni che ho sentito nella mia vita, non solo da bambina ma anche nella vita religiosa, sono state: non essere te stessa, non essere bambina, tu sei diversa, non entrare in intimità, non esprimere i tuoi sentimenti, non avere tue opinioni, non stare bene.
Quelle che però ho sentito di più sono le prime tre. Le conclusioni sbagliate sono state: se non sarò me stessa esisterò; se non sarò bambina sarò considerata e le persone mi cercheranno; se sarò diversa sarò più libera di essere me stessa. Ma questi modi di pensare mi hanno portato solo a vivere con un grande senso d’inferiorità e umiliazione. E mi hanno portato a donarmi al prossimo sempre con troppa condiscendenza senza pensare a me.
Quando non venivo accettata, oppure compresa o anche accolta, reagivo aggressivamente o con la fuga. Adesso riesco ad accogliere le difficoltà con più serenità.
Carissimi, ciao a tutti!
E grazie delle condivisioni e del lavoro di Alessandro, Marco e Gabriella.
Un abbraccio,
Maria
Salve a tutti,
riesco solo adesso a raccontare un po’ quella che è stata la mia esperienza familiare della mia giovinezza….pesantissima!
Partecipo sovente agli incontri di un gruppo di Preghiera del Rinnovamento Carismatico e, di tanto in tanto, si chiede a tutti, e ad ognuno, il perdono del cuore per gli errori commessi dai propri genitori…. Quindi l’argomento, in effetti, non è che mi giunga poi nuovo, però….a volte mi chiedo se davvero io sia riuscito nell’attuazione reale di tale necessaria “operazione” interiore…(?)
Sta di fatto che, se ripenso a quel mio lontano passato, della mia infanzia e prima adolescenza, è come se la osservassi, ora ma anche allora, dall’esterno, non so spiegare meglio. Non da dentro, ma dal di fuori. Evidentemente per il disagio che vivevo. Di allora vedo solo dei brevi “flash”, momenti più o meno sereni, ma la sensazione generale è di aver vissuto parecchio male quegli anni, con una profondissima solitudine e rifiuto di quanto mi circondava. Non ero partecipe del vivere famigliare, ne prendevo le distanze….A quattordici anni, senza chiedere nulla ai miei, andai dal medico e mi feci prescrivere degli ansiolitici (!), che continuai a farne uso fino ai 33……. Quindi provo non poca difficoltà a ricordare, anche per il semplice fatto che a giorni compio 63 anni.
Naturalmente, tutto questo, ha influenzato largamente la mia vita, nella quale, conseguentemente, ho capito quanto sia la più essenziale necessità esistenziale quella dell’ amore…..
Per ora è tutto.
Un saluto e un buon proseguire a tutti,
Giovanni Camponeschi.
Cara Maria le ingiunzioni che hai percepito sono ben chiare, forse il “tu sei diversa” si traduce in “non ti aggregare”.
Sulla premessa che i tuoi genitori sono stati molto buoni con te non ho dubbi, sappiamo infatti che noi lavoriamo sulle loro immagini distorte dalla nostra area infantile confusa e ferita.
Le tue modalità di essere, oltre all’accondiscendenza che mi pare è una costante della tua vita, contemplano anche l’isolamento ed una certa aggressività.
La consapevolezza di quanto, aprendo gli occhi, possiamo non fare più del male a noi stessi e di conseguenza anche agli altri è davvero liberante.
Un caro abbraccio Gabriella
Caro Giovanni è stato davvero toccante per me e Alessandro condividere i tuoi ricordi dell’infanzia (volutamente rimossi) nell’incontro supplementare del 5 marzo. Spero che ti sia stato di sollievo il nostro supporto. Di fronte alle tue comprensibili perplessità e difficoltà nel riconoscere le ingiunzioni ti ho suggerito che forse per te una era particolarmente presente “non esistere”.
Quando si rimuove una parte della propria infanzia e si pensa di non averla vissuta (ecco perchè la guardi dal di fuori) forse è proprio perchè sentivi la richiesta di non esserci. Non so se hai riflettuto su questo, ne riparliamo se vuoi. Un caro saluto e a presto Gabriella
Ciao Gabriella, grazie della tua attenzione. In effetti, la mia infanzia l’ho vissuta a sprazzi, lì dove me la “inventavo” a modo mio, lì dove ero “artefice” di una proposta, indipendentemente dalla sua risposta esterna….. Ma forse così è di chiunque…
Ringrazio come sempre Alessandro per il suo commento a quanto avevo scritto il 10 Marzo.
Poi, sulla meditazione svolta “di nascosto” da Giuseppe e Filippo ho sorriso perché anche io faccio così, ma non è vergogna è che sto difendendo lo sviluppo di un qualcosa di prezioso da incomprensioni, attacchi ingiustificati … attacchi non solo esterni anche miei, anche io ogni tanto ho dubbi e sospetti su quel che faccio e temo fortemente eventuali disillusioni, sarebbe davvero triste. Di nascosto dicevo, ma non in chiusura. Ogni tanto butto lì qualcosa, una mezza frase, sondo il terreno, il giorno che non dovessi trovare “ostilità” sarei felice di condividere.
Buona giornata a tutti
Maria
Eccoci in questo salotto spirituale, una salmodia di voci più variegate che gridano in prima persona, ciascuna la propria condizione: domandano, invocano, denunciano, ringraziano…..
In questo coro anonimo di anime, non in tutte e sempre…. ma ti ritrovi.
A volte le espressioni cristallizzate nella scrittura appaiono subito forti, troppo forti….
,
” il disagio psichico ”
c’è, certamente si avverte, ma cosa c’è che non è attraversato dalla psiche?… importante è non lasciarsi dominare da esso.
” cosa ne sarà di me”
evoca il cammino inverso, opposto a Gerusalemme dei due discepoli di Emmaus ( Lc. 24,13 ), i quali stanno elaborando un LUTTO, ignari di Quello che avrebbero incontrato poco dopo.
” vediamo un pò il mondo come è con un pò meno maschere”……” si sta dissolvendo non so bene se per mia volontà o frutto del lavoro svolto finora”:
Unita al desiderio di di AMARE è implicata la verifica razionalistica, della fede notturna di Nicodemo che deve traslocarsi di piano…..in quello del VERO MAESTRO. ” Se uno non rinasce dall’ALTO non può vedere il Regno di Dio ” Gv. 3,3.
Caro amico il lavoro e la pratica sono fondamentali, ma ricordiamoci che chi agisce per primo e prima di te e me, è LUI, L’OLTRE, l’INEFFABILE, che Elia riconobbe nella LEGGEREZZA e nel SILENZIO e ” si coprì il volto col mantello ” 1 Re 19,12-13.
Tienilo sempre presente perchè riecheggi sempre come il TUO MANTRA.
Giovanna
Salve, mi metto nei panni di un destinatario ideale.
L’effetto forte di certe espressioni è vero, spesso si percepisce, c’è d’altro canto un disagio, credo, nell’esprimere questi concetti, questi eventuali bisogni, e può capitare quindi di farlo con una goffaggine che se è tale pecca solo per genuino eccesso. D’altronde è come in amore: specie alle prime fasi, si possono perdonare gli spropositi della parola perché genuini (l’altro punto di vista è che siano ingenui, stessa parola occhi diversi).
Seconda cosa, senza il lavoro individuale l’eventuale l’altro, l’ineffabile, l’oltre, se ci sono là restano, nell’avverbio là, non so se nell’aldilà ma sicuramente nell’al-di-là di me, che sono un carattere prosaicamente minuscolo. Siamo all’inizio e senza un costante contatto con la terra della pratica si può rischiare di prendere il volo dell’abbaglio che è sempre di andata e ritorno. È il rischio che vorrei evitare di correre, quindi per adesso gattono terra terra. E si vedrà.
Un saluto,
Giuseppe
P.S.: scusate il tono puntuto, un abbraccio
Giuseppe
Giovanna, Giuseppe le vostre riflessioni arricchiscono la condivisione e anche se in alcuni punti possono essere poco chiare, almeno a me, accompagnano il nostro cammino .
Il nostro passo è lento ma costante, ogni movimento ha un senso, restiamo ben saldi alla terreno del quotidiano perchè è proprio li che vogliamo sperimentarci giorno dopo giorno.
Nel prossimo incontro avremo modo di condividere tutti, in piccoli gruppi, l’esercizio sulla genesi familiare delle nostre distorsioni, così avremo modo di confrontarci direttamente su questo fondamentale sguardo interiore.
Buon proseguimento Ale
Scusate,
c’è libertà di espressione oppure dobbiamo dire e ripetere tutti e sempre le stesse cose?
Inoltre se il destinatario non replica nulla, pazienza…. ha risposto qualcun altro? …. va bene lo stesso.
Buona giornata
Giovanna
Cari amici, questo sito, come sapete, è un luogo in cui i praticanti possono approfondire e condividere il proprio lavoro. E’ perciò un luogo di grande apertura e accoglienza. Ognuno può esprimere ciò che sente, e nessuno di noi dovrebbe dare valutazioni estrinseche su ciò che a volte con grande fatica riusciamo a comunicare.
Qui proviamo ad esporci in modi inusuali e difficili, a condividere parti fragili e dolenti, ad indagare le ferite del cuore, per comprenderle meglio, e sanarle.
Chi ascolta perciò lo dovrebbe fare con il cuore, con il proprio cuore dolente e anche gioioso, felice finalmente di potersi ascoltare senza troppe difese.
Questo luogo insomma, e vorrei dirlo in particolare a Giovanna ma anche a tutti, non è un salotto spirituale, non è un luogo di dibattiti teorici, pur interessanti, piuttosto è una camera di rianimazione, una sala parto, a volte un pronto soccorso, e ognuno di noi è a volte il malato e a volte l’infermiere.
E’ questo clima trans-egoico, e cioè di scioglimento delle difese molteplici che ognuno di noi agisce automaticamente, uno degli elementi essenziali del nostro percorso.
Restiamo perciò al lavoro, e all’esercizio che stiamo elaborando, condividiamo i nostri risultati, la nostra autoosservazione, questo è interessante, e utile per noi e anche per gli altri!
E, credetemi, questa umiltà e questa fedeltà sono di per sé ottimi farmaci contro l’egopatia, la malattia che in questi Gruppi proviamo a curare …
Grazie e auguri di buon viaggio! Marco
Caro Marco, seguendo l’ispirazione del momento (prima che una parte di me la censuri e mi scoraggi a farlo non sapendo se sia appropriata o del tutto fuori luogo) avrei una richiesta: mettendo sullo sfondo il nostro percorso di DP fatto fino a qui, ma anche i fatti di sangue successi i giorni scorsi, mi piacerebbe sentire le tue riflessioni sul Vangelo di Giovanni (12, 20-33) di domani Domenica 22 marzo o un altro brano che ritieni significativo. Tutta la liturgia del tempo di Quaresima non ci rimanda a un percorso interiore spesso analogo a quello che siamo invitati a fare nel nostro gruppo? ARMATI di pazienza umiltà perseveranza e coraggio. Accingendoci alla meditazione sempre come fosse la prima e l’ultima che lo facciamo. Scendendo nell’abisso del nostro cuore durante gli esercizi di autoconoscimento con la consapevolezza che non lo facciamo da soli ma con l’aiuto e la condivisione del gruppo…un caro saluto a tutti gli amici darsipacisti del primo anno,lidia
Certo che c’è libertà e continua ad aumentare ad allargare gli orizzonti ma c’è anche un metodo che si esplica man mano che gli incontri si sviluppano nella loro pedagogia di accompagnamento verso l’ interiorità più profonda.
Darsi Pace si sta sviluppando come laboratorio di ricerca della verità, in quanto tale si poggia su una grande esperienza di applicazione di un metodo che ha un graduale sviluppo.
Ovviamente i trascorsi di ciascuno offrono e sviluppano sensibilità molto diverse ma abbiamo visto che seguire i tempi lavorando su di se è veramente efficace quindi il nostro continuo richiamo a rimanere nell’esercizio o tema all’ordine del giorno nasce solo da questo.
Guardare dentro di noi ci permetterà una maggior concentrazione e questa migliorerà l’efficacia del lavoro.
Spero di essere stato chiaro, nessun vincolo ma grande voglia di essere in qualche modo di aiuto nella libertà più assoluta ma anche nel rispetto di un metodo che tanto bene sta facendo.
Un abbraccio Ale
Scusate ma non mi ero accorto dell’intervento di Marco che quasi contemporaneamente postava la risposta, quindi interpretate la mia in questa luce perchè è quella giusta.
Ale
Ciao a tutti.
Tra ieri e oggi anch’io ho vissuto l’ottavo incontro. Grazie di cuore a Davide per la sua condivisione e grazie per tutti i post che precedono il mio scritto e che ho ascoltato con piacere.
Sono rimasta colpita da un passaggio di Marco proprio all’inizio, avviando la pratica di respirazione: “l’ego vuole subito fare un’altra cosa, ha fretta, è agitato, ha fame di altro”. E mi ha colpito perché stavo vivendo proprio quell’esperienza, mentre Marco sembrava proprio dare voce e parole al mio stato d’animo.
Casa nostra è molto piccola, non abbiamo altri spazi comuni che non siano la cucina e la cappellina (in genere abitate sempre da qualcuna durante la giornata) e anche la camera la condivido con un’altra persona: non sono da sola. Ieri mattina eravamo a casa in due e la camera era solo “mia”, ma ero quasi a disagio nell’incominciare il lavoro di DP, non mi sentivo a mio agio, come se da un momento all’altro dovesse entrare G. e chiedermi spiegazioni di quelle braccia in alto, quell’onda respiratoria … Ero molto distratta. In più, avevo un’ansia dentro, la tentazione di passare alla parte teorica (per scrivere, per prendere appunti, per capire …) tralasciando l’esercizio di respirazione. E mentre mi stavo accorgendo di questo e dicevo a me stessa: “no. ora rimango qui e mi prendo tutto il tempo necessario!”, ecco che Marco mi ha illuminato sulla fretta dell’ego. Sì, avevo fretta di passare oltre, di terminare. Avevo fame di qualcos’altro… mai sazia … superficiale.
E poi vi condivido il mio lavoro.
Ho fatto due volte l’esercizio di auto-conoscimento: una “in diretta” ascoltando l’incontro 6, un’altra volta dopo due giorni, seguendo il testo del libro Darsi Pace. Sono gli stessi passaggi, lì dentro ci sono proprio io nell’una e nell’altra volta.
Ingiunzioni: non essere te stessa, non crescere, non esprimere i tuoi sentimenti, non pensare (non avere opinioni tue).
Riascoltando qs ingiunzioni mi sento obbligata, non spontanea, sola e con una sete di affetto infinita, che è sempre condizionata a ciò che faccio (se faccio bene ricevo una carezza).
Conclusioni errate: se non sarò me stessa (se sarò educata, silenziosa, brava a scuola, …), allora sarò accolta e voluta bene.
Se rimarrò bambina, altri si prenderanno cura di me e sarò degna di restare.
Se non esprimerò ciò che provo, e solo di nascosto piangerò e non manifesterò rabbia, sarò accettata.
Se non penserò con la mia testa, non darò fastidio.
Queste “richieste folli” anche oggi, se non sono in ascolto, mi influenzano:
entrare in intimità nella relazione, manifestare un vissuto, le proprie emozioni mi attrae e lo desidero, ma di fatto mi blocco e mi sento infantile, stupida e incapace di esprimere quello che provo dentro.
Cerco conferme in tutto ciò che faccio.
Mi sono sempre detta che sono una buona gregaria, affidabile, capace, ma non una trascinatrice (della bambina altri si prenderanno cura, altri decideranno per lei, altri indicheranno il cammino).
Quando c’è un conflitto la mia testa smette di pensare e vado in confusione, l’unica via d’uscita è la fuga-ritiro.
Ho l’aspettativa erronea che l’altro intuisca il mio stato d’animo senza che io esprima i miei sentimenti e rimango male e mi arrabbio (senza esprimere la rabbia all’esterno) se l’altro non si accorge che sono sofferente, preoccupata, affaticata …
Grazie, buona domenica.
dam
Cara Giovanna certi messaggi particolarmente belli e ricchi di significato hanno bisogno (per me) di…tempo per essere compresi nella loro essenza.
Ho bisogno di tempo Giovanna per comprendere la tua risposta.
Grazie Giovanna!
Ho da poco sfornato dei biscotti zaleti;specialità veneziana ma anche padovana(fa lo stesso) e mi piacerebbe tanto farveli assaggiare amici!
Anzi è una promessa magari per l’intensivo di maggio!
Ciao Giovanna e ciao a tutti voi amici.
Claudio.
Sempre panificatore in Padova schiavo del lavoro!
Leggendo con attenzione la condivisione di Damiana ho gustato la semplicità delle sue parole.
La semplicità spesso non fa per noi eppure solo così noi, lettori e partecipi di questo luogo così particolare, possiamo comprendere le emozioni che abitano l’altro, sentirle anche nostre e dare conforto.
I primi tempi del mio percorso da formatrice in Darsi pace pensavo “ma io non sarò mai capace di parlare come Marco!” e naturalmente è così, poi ho compreso che il mio compito era altro, era trasmettere la mia esperienza di Gabriella in questo percorso e soprattutto ho compreso che in realtà Marco diceva (e dice) cose semplici, ma in quanto tali difficili da far penetrare nel nostro spazio egoico per incarnarle.
Quindi amici vi invito alla semplicità, fondamentale per procedere alla nostra trasformazione.
Tornando a Damiana devo dirti carissima che anche per me è stato difficile (a volte lo è tutt’ora) togliermi di dosso l’ansia di fare bene tutto e farlo subito, quell’agitazione la conosco; l’importante è essere sempre consapevole delle proprie resistenze e lavorarci sopra, scioglierle pian piano e vedrai che ogni giorno farai un piccolo passo in avanti e sentirai sempre più quella libertà di poter “esprimere ciò che sei” di poter dire “sì io credo in questo e la mia vita non potrà più avere senso senza questo credo” .
E’ bello a volte scrivere sul proprio taccuino spirituale proprio la data o l’occasione in cui si è percepito e dimostrato questo sprazzo di libertà!
Caro Claudio attendo di assaggiare le tue specialità, sono contenta che sei “schiavo” di questa magnifica arte! Gabriella
Grazie Claudio
per la tua risposta.
Ti ho seguito nei tuoi scritti perchè ho percepito elementi caratteriali che ci accomunano: soprattutto la sfuriata critica del “ribelle”, che non guarda in faccia nessuno se ha qualcosa da dire.
In te però si distingue, in compenso la gentilezza e un forte senso di socialità, genuina, come….. i tuoi biscotti?
Ti auguro un percorso sereno.
Giovanna
Ciao a tutti, sul lavoro delle ingiunzioni, avevo sentito in un corso, e quando mi sono ritrovata in tante di queste, ho odiato per un periodo i miei genitori; poi ho capito che si può andare oltre, come dice Marco fare scelte diverse.
Nella di non essere te stesso, cosi sarai accettato, per diventare poi una persona con tante maschere secondo delle persone, vivendo con un gran peso e conflitti d’identità, ci sono altre che mi appartengono, ma adesso volevo condividere questa…………….grazie.
Faccio fatica a prendere con costanza il fare gli esercizi, anche se ne sono certa
dei suoi benefici……….
Cara Mercedes, non c’è nessuna fretta.
Meglio fare poco ma farlo bene, per tanti anni abbiamo vissuto le nostre conclusioni errate senza alternative, adesso si è aperta una Via.
Ora ne siamo consapevoli, basta proseguire nel cammino anche se a passo lento ma senza indecisioni.
Se non si procede in avanti si sta tornando indietro quindi forza coraggio la fatica è necessaria inizialmente ma vedrai che più avanzi meno la senti.
Un abbraccio Ale
Cari amici dopo tanto tempo scrivo di nuovo per condividere con voi l’esercizio di autoconoscimento. Premetto che spesso mi accorgo di avere dei pregiudizi su queste condivisioni telematiche, quando la mia condizione egocentrata è particolarmente intensa mi sembra un farsi tanti complimenti inutili, un autocompiacimento personale, ma quando riesco a far tacere quelle voci egoiche anche per poco tempo vedo quanto sia ingiusto e totalmente errato il mio pensiero. Il mio sparare giudizi e pregiudizi è un comportamento che si manifesta quando non riesco a portare avanti qualcosa e quindi è un pò come la volpe e l’uva. Io pratico tutti i giorni però un pò a modo mio. Mi stendo sul letto e partendo dalla postura arrivo più o meno al terzo stadio, l’acquietarsi dei pensieri poi però mi succede di sentire una corrente energetica che dalla testa si propaga nel corpo e mi perdo in quella sensazione di benessere. Immediatamente dopo sento il bisogno di mettermi in posizione fetale e mi godo un allungamento col respiro di tutte le vertebre. Purtroppo poi la giornata mi assorbe e io mi perdo nelle piccole battaglie quotidiane. Sono riuscita a ricavarmi questo piccolo spazio e se mi capita di pensare a Gesù allora la corrente di energia è molto forte. Anche quando ho praticato il buddismo recitare il daimoku mi dava la stessa sensazione di energia che scorreva nel corpo. Comunque ritornando al mio esercizio. Io ho avuto solo mia madre come figura educativa, lei è ragazza madre e mio padre l’ho ritrovato quando avevo quarant’anni (ne ho quaranta sette),
ingiunzioni: non esistere, non essere te stessa, non entrare in intimità
conclusioni errate: se non esisterò nessuno mi potrà ferire e starò bene
se non sarò me stessa ascolterò solo gli altri e loro mi accetteranno, se non entrerò in intimità sarò meno vulnerabile, sarò più forte.
Quindi io all’inizio delle mie relazioni (non solo sentimentali)divento quello che gli altri vogliono, sono disponibile e mi curo in modo totale dell’altra persona, poi però quando questo mio comportamento mi fa sentire insignificante e sfruttata (perchè non è dettato da vero amore e dedizione) allora mi ribello e il mio egoismo si manifesta, proprio perchè mi sembra di non esistere. Eppure è per obbedire all’ingiunzione di non esistere che mi annullo nell’altro.
Credo di avervi detto tutto per ora
Vedi Angela il nostro obiettivo è proprio quello di trovare l’equilibrio e la serenità per non vivere la quotidianità come una battaglia. So che è difficile ma molto dipende da noi!
Il tuo lavoro di autoconoscimento ha evidenziato bene quanto quelle assurde convinzioni errate abbiano condizionato in gran parte le tue relazioni. Questo scoprire noi stessi con le nostre distorsioni (nonché pregiudizi) all’inizio fa rabbia ma è importante guardarsi sempre con occhi misericordiosi e mettersi al lavoro.
Riguardo l’assenza di tuo padre ti consiglio di riflettere se nella tua infanzia vi sia stata un’altra figura maschile che lo abbia in qualche modo sostituito.
Un abbraccio Gabriella
Grazie Gabriella per l’incoraggiamento. A dire il vero ora che ci penso quando ero piccolissima ho vissuto con mia madre e mio zio e di lui ricordo la severità, bastava uno sguardo o una parola e obbedivo subito….Sai che non ci avevo pensato. Ero davvero molto piccola poi mio zio si è sposato e non ha vissuto più con noi…
Cara Angela sono lieta di averti aiutato. Ora con tutta tranquillità e calandoti nel clima emotivo di quel lontano periodo puoi riflettere sulle possibili ingiunzioni percepite da questa persona cara!
A presto Gabriella
Il riuscire a fare in fretta “sintesi” non è sempre un vantaggio, sto parlando di me….
Dall’esercizio di autoconoscimento, buttato giù, subito e in fretta, avevo tratto la conclusione che di tuttte le ingiunzioni quella fondamentale nella quale tutte le altre ad essa riconducevano, fosse quella espressa in ” non essere te stessa”.
In parte questo mi pare vero.
Tuttavia poi ho riflettuto… e mi domando : ma… essere me stessa….. ma QUALE ME STESSA DI ME ?
La risposta non è semplice, può essere semplicistica, questo sì.
Allora sposto l’attenzione sull’altra ingiunzione – che ho avvertito e che avevo liquidata con due parole e alla fine ricamata di positività – ” NON ESISTERE ” in quanto questa nella percezione di una libertà…. illusoria mi sollevava da terra…. verso il cielo….
Non forse a caso, Marco nell’elenco delle ingiunzioni l’ha indicata al primo posto.
Ieri giovedì 20 marzo leggendo i passi dal Libro 20 della Sapienza proposti dalla liturgia ho avuto la conferma di quanto mortifera sia questa ingiunzione: io ho messo in atto la condizione più mortifera di tutte….
non è vivere la dimensione degli angeli, come l’ego mi/ci vuole far credere, ma è forse, anzi sicuramente lo stato di LARVA, di qualcosa priva di forma , di consistenza.
La Sapienza infatti dice:
” …….preservate la lingua dalla maldicenza, perchè neppure una parola segreta sarà senza effetto……non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani ,
perchè Dio non ha creato la morte …. EGLI INFATTI HA CREATO TUTTO PER L’ESISTENZA “.
La mia sintesi allora diventa: La morte più morte, è provocata dal sentire di ” non esistere “.
Siamo in tempo di quaresima….la mia però è un pò che è iniziata….si abbasseranno le montagne della mia vita in dolci colline ? saranno meno ripidi e tortuosi i miei sentieri?…. Io spero, anzi credo di sì.
Un augurio a tutti coloro che vivono questa condizione !
Giovanna
e a gfinora mi sono guardata ancora guardata nei Il mio Ieri giovedì 20 marzo la liturgia proponeva alcuni passi del libro della Sapienza
Scusate , non avevo cancellato le ultime due righe che avevo abbozzato all’inizio
Giovanna
I passi che ho citato della “Sapienza ” sono al cap. 1 della mia edizione. Quelli proposti dalla lettura di ieri invece sono al cap. 2. Non avevo controllato.
Giovanna
Caro Marco, seguendo l’ispirazione del momento (e prima che una parte di me la censuri e mi scoraggi a farlo non sapendo se sia appropriata o fuori luogo e se è così me lo farai presente) avrei una richiesta: mettendo sullo sfondo il nostro percorso di DP fatto fino a qui, insieme con i fatti di sangue successi i giorni scorsi, mi sarebbe di aiuto sentire le tue riflessioni sul Vangelo di Giovanni di domani Domenica 22 marzo o di un altro brano che tu ritieni significativo. Tutta la liturgia, quella del tempo di Quaresima in modo particolare, ci rimanda a un percorso interiore analogo a quello che siamo invitati a fare nel nostro gruppo? ARMATI di pazienza umiltà perseveranza e coraggio. Accingendoci alla meditazione sempre come fosse la prima e l’ultima volta. Scendendo nell’abisso del nostro cuore consapevoli che non siamo soli ma con l’aiuto e la condivisione del gruppo…
Un abbraccio a tutti gli amici darsipacisti del primo anno, lidia
Cara Giovanna,
siamo proprio in tanti a vivere questa condizione.
Le nostre sono lunghe quaresime che con un lavoro costante, umile e coraggioso possono portare anche noi alla resurrezione post crocifissione e discesa agli inferi.
Ti chiedi quale te stessa, noi iniziamo dalla bimba che percepiva le prime ingiunzioni e attuava le difese necessarie , folli ma indispensabili.
Partiamo da lì e guardiamo se oggi quelle difese sono ancora in azione perchè ADESSO ci posso lavorare sopra, accoglierle, comprenderle e mitigarle.
Ascoltiamo le ragioni della bimba e magari aiutiamola a capire che ADESSO le cose stanno cambiando, non c’è più bisogno di quelle difese….
Domani, nel nono incontro, condivideremo ancora su questo fondamentale esercizio e lo faremo tutti.
Un abbraccio Ale
Cara Lidia,
la tua esigenza troverà riscontro in diverse riflessione, già pubblicate nel tempo, che Marco ha fatto su diversi brani del Vangelo.
Se guardi con attenzione tra i post o su you tube ne troverai ma se non riesci fai un fischio e verrai aiutata.
Buona riflessione Ale
Caro Alessandro,
nella tua risposta rivolta a me hai espresso come si deve intendere e fare l’esercizio di autoconoscimento a partire dalla ns. infanzia; e tu l’hai ripetuto così tante volte in questa sede che io, anche se non l’avessi capito da sola l’avrei capito anche solo sentendolo ripetere da te, nelle varie circostanze che si sono presentate qui. E ti capisco perchè questo fa parte del tuo ruolo in DP.
Tuttavia, la mia domanda ” QUALE ME STESSA DI ME?” che era ed è soprattutto rivolta a me ma anche a tanti altri i quali possono essersi sentiti interpellati e pertanto destinatari, voleva dire:
” quale me, di ME STESSA non dovevo essere, cioè quale forma doveva avere quella integrità tradita e negata fino da allora, e che ancora tuttora anela a ritornare quella che doveva essere?
Ti chiedo scusa, ma capisci ora che la domanda è complessa e non sono sicura che trovi risposta così su due piedi, ma anche soprattutto se usiamo questa modalità di comunicazione…..
Io comunque continuerò a pormela……forse poi capirò che è una domanda sbagliata?
Un abbraccio affettuoso
Giovanna
Grazie Ale, su you tube ho trovato una miniera di materiali!
Lidia
Riguardo il quaderno dove ho fatto l’esercizio di auto conoscimento, e trovo quelle due colonne, quella di mamma piena di richieste e quella di papà vuota … Cosa voleva da me quel padre assente, schiavo del vizio del gioco? Era davvero indifferente per lui il modo in cui mi comportavo? Non lo so … in quella colonna vuota ritrovo tanta libertà, la sana mancanza di un padre autoritario che mi avrebbe caricato di varie ingiunzioni, ma trovo anche l’assenza di un punto di riferimento, di confini , di regole.
Sento forte l’ingiunzione di ‘non essere bambina’ e ancora di più ‘non essere adolescente’, non aver potuto vivere la leggerezza di quegli anni, dovendo anche convivere con periodi di depressione bipolare di mia madre, e quindi il ‘non esistere’ e soprattutto ‘non esistere come figlia’
Di qua nascono le mie conclusioni errate
Se non sarò una bambina, sarò forte, ce la farò da sola, non avrò bisogno di nessuno e di conseguenza non soffrirò
Se non esisterò, potrò starmene in pace senza nessuno che mi chiede niente
Ed i modi in cui ho incarnato la conclusione errata “Se non sarò una bambina, sarò forte, ce la farò da sola”sono stati un esagerato attivismo, una mania di grandezza, il buttarmi nelle cose senza valutarne le conseguenze, l’impulsività, ed anche mettermi una bella maschera di donna sempre grintosa e sorridente, forte e positiva nonostante tutto.
Questo bel castello di carta ha retto per tanto tempo, fino a qualche anno fa quando la parte vera del mio essere, la mia anima ferita, sofferente è esplosa ed ha messo in atto la conclusione errata “Se non esisterò, potrò starmene in pace senza nessuno che mi chiede niente” nel senso letterale del termine, cioè con l’abisso della depressione, dove proprio non esisti più, altro che stato egoico da cui puoi uscire se vuoi, altro che gabbia. Lì sono scesa veramente agli inferi, lì ho vissuto la potenza dell’io che ti vuole portare costantemente all’ autodistruzione.
Ma come dice Marco solo se scendi agli inferi puoi poi arrivare a qualcosa di celeste, e adesso benedico la mia caduta che mi ha permesso di guardare in faccia la mia fragilità, di non nasconderla , di prendermene cura, che mi ha reso umana e capace, almeno un po’ di più, di perdonare me stessa e gli altri, di guardare ai miei genitori con occhi nuovi, di vederli come sono ora, più anziani, diversi, di non continuare a distanza di anni a giudicarli solo attraverso la lente di quel passato doloroso.
L’altro giorno mi è capitato di ascoltare “La canzone dell’appartenenza” di Giorgio Gaber, lasciavo risuonare le parole dentro di me ed i pensieri andavano costantemente a Darsi Pace. E’ un grande dono ‘appartenere’ a questo gruppo, grazie veramente di cuore a tutti
Verrebbe da pensare, cara Laura, che è proprio quel padre assente che ti ha fatto la richiesta (forse la più insopportabile) di “non esistere” perché se non esiste un padre non esiste una figlia…..invece tu c’eri eccome.
Mentre quella madre così triste e depressa ti chiedeva di “non essere una bambina” di crescere presto e da sola.
Allora come hai ben compreso questo è il momento di prendere per mano quella bambina coccolarla e convincerla che non è tutto perduto. Quel padre e quella madre così fragili sono affidati alla misericordia di Dio ed alla tua parte integra che già li ha perdonati; ora Laura si dedica a tempo pieno alla sua cura.
Hai espresso così bene la maschera indossata per tanti anni e l’ ombra repressa che viveva prigioniera ma che inevitabilmente poi è emersa e nella forma più dirompente.
Il lavoro fatto seriamente con fede ed umiltà fa vedere tutto chiaro ed è davvero liberante!
Un caro saluto
Finora non ho lasciato alcun commento perchè condivido a tal punto quel che dice Marco da non aver sentito la necessità di aggiungere altro anche se, mi rendo conto, quel che uno dice può sempre essere utile a qualcuno.
Stavolta, però, voglio sottolineare due passaggi del suo discorso che mi hanno più del solito colpito e che perciò ripropongo alla vostra attenzione meditativa. E cioè, quando ha affermato che il ‘principiante’ è il vero maestro perchè rivive sempre COME NUOVE tutte le cose epperciò non si annoia mai e conserva la capacità di stupirsi di un bambino e, con questa consapevolezza vissuta, esperienziale, INCARNATA, l’altra grande, consapevole affermazione che il VERBO, se solo glielo consenti, VUOLE INCARNARSI in te in ogni momento e non aggiungo altro. Ettore.
Grazie Ettore, del tuo commento su quei due punti così importanti da ricordare ogni giorno… L’atteggiamento del principiante richiede l’umiltà che a me tante volte manca e mancando questa anche lo stupore e la gioia di fare l’esperienza in modo assolutamente nuovo e inedito ogni volta. Credo che questo punto sia da scrivere in ogni angolo di casa per avere sempre presente che ogni attimo, ogni respiro è assoluta novità, esperienza mai fatta e sempre cammino in avanti. Come giustamente ricordava Marco, nel cammino spirituale non esiste staticità, o si va avanti o si regredisce… La vita è dinamismo, movimento, avanzamento. Vorrei proprio anch’io entrare consapevolmente in questo flusso di Vita che vuole diventare Carne in me e attraverso la mia “micro” esistenza trasformare l’universo 🙂
un caro saluto
Elisabetta
Ti ringrazio, cara Elisabetta, per la tua risposta e colgo l’occasione per precisare meglio che può considerarsi un principiante colui che vive con la consapevolezza di ESSERE SEMPRE ALL’INIZIO di ogni cammino di conoscenza e, questo, non tanto per una pseudo-umiltà di cui autocompiacersi ma perchè COSI’ REALMENTE E’: il nostro, direi, è un DINAMISMO ONTOLOGICO che, scevro da ogni considerazione moralistica e da ogni rappresentazione mentale astraente, DIVIENE ESPERIENZA di VITA CONCRETAMENTE VISSUTA: una INCARNAZIONE, appunto! Un abbraccio, Ettore.
Ciao, Ettore, bentrovato qui, per via telematica, e grazie delle tue sottolineature.
Questo scambio telematico credo che possa diventare un luogo sempre più importante per il nostro lavoro. I nostri gruppi sono fisico-telematici, in quanto crediamo che questa doppia configurazione caratterizzerà sempre più la vita relazionale delle persone del tempo presente e futuro.
Un abbraccio a tutti. Marco
Caro Marco, grazie per la tua nota di risposta. Per non ripetermi, mi permetto di suggerirti di leggere la risposta che ho dato ad Elisabetta. Sono cose che, ovviamente, tu sai benissimo perchè LE VIVI e le insegni ma, credimi, anch’io le sento e le vivo con altrettanta forza perchè esprimono la SOLA VERITA’ POSSIBILE che ci è data di vivere: in alternativa, il NULLA CONTEMPORANEO! Ettore.
Ringrazio Davide per la sua condivisione…questo confronto (come quello con Giulia nello scorso incontro) mi è stato utile per migliorare l’autoconoscimento psicologico e sviluppare una sana e maggiore empatia…grazie!!! 😉
Credo sia utile linkare anche qui le due pratiche meditative citate alla fine della prima parte:
http://www.darsipace.it/lavoro-dei-gruppi/corso-intensivo-luglio-2010-campello-sul-clitunno-pg/prima-meditazione/
http://www.darsipace.it/lavoro-dei-gruppi/corsi-intensivi/corso-intensivo-luglio-2010-campello-sul-clitunno-pg/seconda-meditazione-il-mio-io-e-aperto-allinfinito-io-sono-uno-spirito/
Anche io condivido il mio esercizio di auto-conoscimento…
Per prima cosa l’elenco delle richieste ricevute dai genitori: devi obbedire, devi fare il tuo dovere, devi essere perfetto, devi essere come gli altri coetanei, devi fare bella figura. Sul quaderno ho distinto in due colonne, qui ho riportato per brevità una volta, perché le richieste paterne e materne mi sembrano le stesse. Riguardo le ingiunzioni fondamentali, ho riconosciuto: non essere te stesso (più di tutte le altre), non pensare e non avere opinioni tue, non entrare in intimità e non esprimere i tuoi sentimenti.
Ho ricavato delle conclusioni errate, cioè: se non sarò me stesso, sarò accettato (questa è l’ingiunzione che sento più operante). Se non avrò opinioni mie, sarò approvato. Se non esprimerò i miei sentimenti, starò bene, al sicuro.
Tutto questo ha avuto un’influenza molto forte sulla mia vita. Nelle scelte individuali, ho sempre avvertito di dover rinunciare a esprimere me stesso, per sopravvivere in un ambiente che altrimenti mi avrebbe escluso. Nei rapporti umani, l’immagine che tendo a dare è distaccata, tendo a isolarmi e a non creare nuovi legami…
buon fine settimana a tutti,
Filippo
Caro Filippo mi sembra che già in precedenza avevi riconosciuto questa tua tendenza all’isolamento e ad apparire distaccato.
Stai lavorando molto bene su te stesso in modo preciso. Questi esercizi, in particolare quello sulla genesi familiare delle nostre ferite, si potranno ripetere con il tempo e magari, avendo ritrovato una maggiore concentrazione e pace interiore, si potranno scoprire altri aspetti di noi ed altre strategie difensive che adottiamo inconsciamente!
Un caro saluto Gabriella
Dopo giorni di oppressione interiore ho capito che ho sempre vissuto una rappresentazione di me stesso.
Una falsa immagine di
me stesso costruita con molta cura fin dalla mia iinfanzia; il tutto per difendermi dal mondo di cui avevo paura.
Me la sono sempre portata appresso fino ad adesso.
Questo falso “essere me stesso” ha questi connotati essenziali:
falsa moralità, falsa sapienza;da cui tutto deriva!
Questa immagine è esterna a me e il mondo prima di arrivare a me deve attraversare questa falsa immagine di me; questo falso me stesso che elabora ciò che può entrare dentro me e quello che non può entrare lo fa come rimbalzare fuori di me;cioè quasi tutto; tanto è vero che sento poco niente dentro di me; poca vita,pochi sentimenti.
Anche se sento di avere amore da dare.
Avverto che questo essere me stesso fuori di me non è più necessario e si sta dissolvendo non so bene se per mia volontà o frutto del lavoro svolto finora!
Tutto ciò mi rende più contento,più vivo ma non posso dire più sereno; perché….. che ne sarà di me?
Comunque vediamo un po’ come è il mondo con un po’ meno maschere o meglio adesso che i miei occhi vedono un tantino più chiaro.
Una cosa è certa!
Mi sento un po’ più a casa!
Scusate per la complessità e la lunghezza ma non sapevo bene come esprimermi.
Ciao a tutti
Claudio.
Cla
Eccomi qui a svolgere il compito assegnato oramai diverse settimane fa. Inizialmente ho preso del tempo perché mi riusciva difficile scrivere quel che si andava ordinando in testa, nemmeno adesso mi piace quel che sto inviando, le cose sono più complesse di come riesco a scriverle, richiedono maggiore riflessione e maggiore abilità di scrittura perché la sintesi necessaria non si traduca in un tradimento della realtà. In più ho dovuto vincere un certo imbarazzo all’idea di condividere cose del tutto personali con perfetti sconosciuti (imbarazzo vinto ma non superato, confesso che il pensiero di stare commettendo un errore è tuttora presente). Poi sono intervenute una serie di circostanze e problemi che mi hanno allontanata dal lavoro del Gruppo. Adesso che per fortuna mi si è riaperto un piccolo spazio, ho deciso di postare quanto avevo buttato giù inizialmente e rinuncio ad aggiungere altro che avevo in mente, per non dover posticipare ancora.
Anche se non serve, se è chiaro a tutti, me compresa, lo spirito e l’intento dell’esercizio, devo dirlo ugualmente: Nonostante quel che scriverò nel seguito è certo che i miei genitori si sono dati da fare per essere buoni genitori.
Per l’una dovevo essere pronta, disponibile, affettuosa, brillante, intelligente, non conforme alla massa, attiva, comprendere bisogni e prevenire necessità, riconoscente, non disturbare, non essere lagnosa.
Per l’altro obbediente, educata, composta, soprattutto silenziosa, rispettosa dei dettami formali, diligente.
Per l’una ero unica fonte di senso della vita, per l’altro era sufficiente non creare nessun tipo di problema, possibilmente non esistere e, crescendo, in prospettiva, essere utile.
Ciò mi garantiva l’amore di mia madre, necessario come l’aria, e la tranquillità di non essere oggetto né di rimproveri, né di richieste, né di disdegno paterno.
Mi sono esercitata molto da subito e, devo dire, anche con un certo successo (e non era proprio tutto un sacrificio, mi piaceva, c’era una parte di me che si adoperava di buon grado). Per il resto stavo coi miei pensieri , poi leggevo, studiavo e poi ancora leggevo e leggevo (questo era il pezzo di vita mio).
Il rovescio della medaglia? Essere fonte di benessere, diciamo così, era un riconoscimento di una mia “potenza” (non che mi fosse chiaro così come lo dico ora, ma immagino avvertissi qualcosa di gratificante) , alla fine non sapevo più se mi interessava il benessere di chi avevo di fronte oppure se quel che volevo era la conferma di una mia bravura … In più andavo sviluppando inconsapevolmente il convincimento che bastasse applicare più sforzo o uno sforzo migliore per risolvere quasi ogni problema.
Contemporaneamente perdevo totalmente di vista i miei propri interessi-abilità-desideri . Ragazzetta mi domandavo “ma perché io non sento un interesse forte per qualcosa? Nei romanzi ci sono tutti questi animi tormentati, anch’io vorrei un tormento così”. Credo di essermi risposta che ero nata col difetto non sanabile di non avere una vocazione per qualcosa, quindi non potevo essere una persona interessante e per conseguenza dovevo “sforzarmi” di più per diventarlo (tanto per cambiare).
Sono andata avanti cercando di interpretare cosa si volesse da me e dandomi da fare per realizzarlo, aggiungendo sforzo a sforzo ove il risultato non fosse soddisfacente e, ahimé, negli anni era sempre meno soddisfacente. Avevo intorno a me solo persone dolenti . E allora tornavo indietro, riesaminavo ogni singola azione, ogni singolo passo, per trovare l’errore e correggerlo con un qualcosa che si rivelava uno sbaglio anch’esso, fino a che non mi è esploso dentro l’urlo “vi prego ditemi la mia colpa!” e non ho trovato risposta.
Ciao a tutti
Maria
Salve a tutti,
torno a scrivere dopo un silenzio durato qualche incontro, che ho frattanto recuperato. Mi spiace di essere stato assente, lo capisco adesso. Volevo esprimere da un lato la gratitudine al gruppo e a chi si espone (grazie Giulia e Davide!), dall’altro condividere innanzitutto, e specularmente, la mia ritrosia nell’espormi. Non mi è affatto naturale, no, e soltanto il constatare come l’esposizione avvenga senza sentimentalismi o patetismi di affettata condivisione mi ha dato ragioni in più per farlo.
Voglio dirvi poi che il mio bisogno di conferme per così dire “intellettuali” mi ha portato in questo periodo a una paralisi del sospetto. Il cinismo che satura gli ambienti che frequento non fa crescere nulla, altro che spine, altro che asfalto e sassi, è il cinismo che con la sua risata da paresi rende sterile tutto.
Dicevo delle “conferme”, del bisogno di capire tutto prima di fare: riconosco questo meccanismo di conferma, è ciclico, e l’immobilità può durare molto a lungo, salvo poi constatare che immobile non sono restato, spesso sono sceso in basso. Sì, perché condivido il pensiero di Marco che non c’è stasi nel cammino, si va avanti o indietro.
E tuttavia devo fare in qualche modo i giusti conti con questo bisogno di ordine intellettuale. Sono quindi alle prese con una torre tutta da rifondare: monca, sbilenca, cementata di paure, è crollata. Posso non pensarci ma le macerie sono ovunque: e finalmente si direbbe (germoglia una sorridente disperazione a volte, che non ha niente a che fare col cinismo)! Si vedrà quindi, ma almeno lavoriamo per costruire sulla roccia, non su maschere di falsità.
Un’altra remora al lavoro è stata costituita dall’ambiente in cui vivo, la famiglia, non silenzioso, e anche di mattina piuttosto “affollato”. Posso rimediare puntando prima la sveglia, ma in generale mi accorgo di svolgere la meditazione, l’ascolto degli incontri, come un ladro, di nascosto. Capita anche a qualcuno di voi? Mi accorgo adesso che è un atteggiamento che riservo a molte delle cose a cui tengo. Ah, la vergogna (un capitolo? un abisso!).
Ma andiamo all’esercizio. Le conclusioni errate che credo di aver finora individuato sono queste, alcune con indecisioni, sfocature.
Se non esisto: sono apprezzato (perché do spazio agli altri, sono buono, generoso);
Se non sono me stesso: sono accettato, sto in pace con tutti;
Se non sono un bambino: sono apprezzato (perché sono forte, responsabile, buono, in gamba);
Se non cresco/non riesco/non ho successo: sono al sicuro (a casa, posso addolorarmi – sono accettato?);
Se non mi muovo/non faccio niente: sono apprezzato, ammirato (perché diligente, “educato”);
Se non appartengo/non mi aggrego/sono diverso: sono speciale, carismatico, migliore.
Se non entro in intimità/non mi espongo/non esprimo i miei sentimenti: sono al sicuro, ho intere le possibilità (non sconvolgo la situazione);
Se non penso, se non ho opinioni mie: vado d’accordo con tutti, sono al sicuro (non mi espongo), tranquillo;
Se non sto bene: sono buono (partecipo al dolore).
Grazie ancora di tutto, questo ottavo incontro mi ha dato la sensazione netta di essere in un cammino molto serio (che sollievo!) e con una ciurma davvero speciale.
A presto,
Giuseppe
ciao Giuseppe, mi riconosco in quanto scrivi e ne approfitto per qualche considerazione. Anche io respiro un’atmosfera mortifera in tutti gli ambienti che frequento (di cui peraltro molti di “tradizione cattolica”), tranne Darsi Pace, e i tentativi di espansione trovano molti ostacoli.
A questo proposito, leggendo le parole di Maria, sento di poter aggiungere alle ingiunzioni anche “non esistere”, infatti mi trovo a vivere in un mondo fintamente tollerante, pronto a condannare ogni tentativo di contestazione delle logiche di questo mondo.
“Un cristiano se non è rivoluzionario in questo tempo non è cristiano” (papa Francesco, giugno 2013)… parole sante!
La sperimentazione avviata da Darsi Pace sancisce la fine di un mondo, e alla pars destruens fa seguire un tentativo concreto di liquidazione delle rappresentazioni egoiche, individuali e collettive. Ciò significa che l’ego si sente messo in discussione (anche il nostro…). Vengono tollerate chiacchiere vane sulla crisi (antropologica, culturale, politica ecc.), mentre i tentativi di rigenerazione a volte sono guardati con uno scetticismo giudicante.
In tutto ciò, i pochi vivi hanno orecchie per ascoltare, e riconoscono l’autorevolezza donata dallo Spirito. Ciò significa che bisogna proseguire nel cammino anche per riuscire a esprimere parole sempre più convincenti, perché vitali, rigeneranti, salvifiche.
Per il resto, anche io medito di nascosto, e gli incontri video li guardo quando sono da solo, per evitare incomprensioni che sono già sorte in passato con chi mi circonda (“è una setta religiosa” o “buddhista”, ecc.). Per lo stesso motivo definisco ciò che leggo e studio – tra cui manuali DP – “libri di filosofia”…
Mi espongo invece con alcuni amici, miei coetanei, che invece sono incuriositi, sia dalla meditazione che dagli argomenti dei libri, e ne discuto quasi liberamente (la natura spirituale dell’uomo è spesso negata, ma il nuovo attrae).
Filippo
Claudio, pensa siamo solo all’8° incontro del primo anno e tu sei già così in profondità!
C’è ancora tantissimo da scoprire assieme ma la tua sensazione conferma la giusta via: si torna a casa finalmente.
Grazie per la tua condivisione e forza il bello deve ancora arrivare . . . . . .
Maria, certo questi sconosciuti ti stanno ascoltando e con te fanno piccoli passi di autoconoscimento che muovono e sciolgono il nostro blocco interiore.
Quella bimba ha bisogno di essere abbracciata, baciata, coccolata insomma amata così come è, non deve dimostrare niente più.
Le involontarie ma pesanti ingiunzioni l’hanno spinta verso scelte folli di sacrificio estremo.
Adesso dedichiamoci un pochino a lei, ascoltiamola meglio, facciamola sentire in pace, tra amici che la accolgono e la stimano.
Finalmente è tempo di pensare un po anche a noi senza cadere nei sensi di colpa, se siamo nell’integrità non corriamo il rischio di fare danni quindi lavoriamo sulla pratica il più possibile ma senza doverismi.
In fondo noi cerchiamo il piacere di una verità pacificante e gioiosa .
Grazie per il lavoro condiviso.
Sai Giuseppe, ho la netta sensazione che il tuo sentirti come un ladro sia una esperienza molto diffusa, anche per me, come per Filippo, è stato così e a volte ( spesso ) lo è ancora.
La fase iniziale del nostro lavoro di frequente provoca un innalzamento della forza delle resistenze e la migliore analisi può acuire le sensazioni che descrivi ma le cose si assesteranno con il crescere della consapevolezza.
Siamo tutti distolti dall’orizzonte di verità che iniziamo ad intravedere, ogni passo che facciamo le cose si chiariranno un pochino dipiù e crescerà anche la nostra capacità di accoglienza.
Grazie a te e a Filippo.
Un abbraccio Ale
È cosi la vergogna c’è in quella parte di noi che non ci crede ancora. Pensate che non alberga più in me quella parte? Vi sbagliate.
Eppure la bellezza è che piano piano, man mano che mi sto liberando, che sto sperimentando l’altra parte di me l’altra vita, comincio ad avere più coraggio e a parlarne anche con sconosciuti. E si scopre quanto anche gli altri hanno bisogno di questo!
Spesso è più difficile in famiglia da far comprendere, è inevitabile che coloro che ci vivono accanto vedono il lavoro come qualcosa che ci allontana da loro. Ma anche questo aspetto cambierà la nostra trasformazione diventera’ contagiosa. Lo sto sperimentando. ..un caro abbraccio a tutti! Gabriella
Ciao a tutti, sono ritornata per dirvi qualcosa di questo cammino, anche se sono un po’ impacciata. Sono tanto contenta e benché non riesca con la mia età a seguire come vorrei il corso di Darsi Pace, desidero condividere con voi l’esercizio di auto conoscimento che ho svolto con l’aiuto di una consorella della mia comunità.
I miei genitori sono stati molto buoni con me. Per il babbo era importante fare bene i lavori che ci indicava, essere ordinate, puntuali. Ero ubbidiente e forse per come vivevo ero portata ed essere sottomessa.
Le ingiunzioni che ho sentito nella mia vita, non solo da bambina ma anche nella vita religiosa, sono state: non essere te stessa, non essere bambina, tu sei diversa, non entrare in intimità, non esprimere i tuoi sentimenti, non avere tue opinioni, non stare bene.
Quelle che però ho sentito di più sono le prime tre. Le conclusioni sbagliate sono state: se non sarò me stessa esisterò; se non sarò bambina sarò considerata e le persone mi cercheranno; se sarò diversa sarò più libera di essere me stessa. Ma questi modi di pensare mi hanno portato solo a vivere con un grande senso d’inferiorità e umiliazione. E mi hanno portato a donarmi al prossimo sempre con troppa condiscendenza senza pensare a me.
Quando non venivo accettata, oppure compresa o anche accolta, reagivo aggressivamente o con la fuga. Adesso riesco ad accogliere le difficoltà con più serenità.
Carissimi, ciao a tutti!
E grazie delle condivisioni e del lavoro di Alessandro, Marco e Gabriella.
Un abbraccio,
Maria
Salve a tutti,
riesco solo adesso a raccontare un po’ quella che è stata la mia esperienza familiare della mia giovinezza….pesantissima!
Partecipo sovente agli incontri di un gruppo di Preghiera del Rinnovamento Carismatico e, di tanto in tanto, si chiede a tutti, e ad ognuno, il perdono del cuore per gli errori commessi dai propri genitori…. Quindi l’argomento, in effetti, non è che mi giunga poi nuovo, però….a volte mi chiedo se davvero io sia riuscito nell’attuazione reale di tale necessaria “operazione” interiore…(?)
Sta di fatto che, se ripenso a quel mio lontano passato, della mia infanzia e prima adolescenza, è come se la osservassi, ora ma anche allora, dall’esterno, non so spiegare meglio. Non da dentro, ma dal di fuori. Evidentemente per il disagio che vivevo. Di allora vedo solo dei brevi “flash”, momenti più o meno sereni, ma la sensazione generale è di aver vissuto parecchio male quegli anni, con una profondissima solitudine e rifiuto di quanto mi circondava. Non ero partecipe del vivere famigliare, ne prendevo le distanze….A quattordici anni, senza chiedere nulla ai miei, andai dal medico e mi feci prescrivere degli ansiolitici (!), che continuai a farne uso fino ai 33……. Quindi provo non poca difficoltà a ricordare, anche per il semplice fatto che a giorni compio 63 anni.
Naturalmente, tutto questo, ha influenzato largamente la mia vita, nella quale, conseguentemente, ho capito quanto sia la più essenziale necessità esistenziale quella dell’ amore…..
Per ora è tutto.
Un saluto e un buon proseguire a tutti,
Giovanni Camponeschi.
Cara Maria le ingiunzioni che hai percepito sono ben chiare, forse il “tu sei diversa” si traduce in “non ti aggregare”.
Sulla premessa che i tuoi genitori sono stati molto buoni con te non ho dubbi, sappiamo infatti che noi lavoriamo sulle loro immagini distorte dalla nostra area infantile confusa e ferita.
Le tue modalità di essere, oltre all’accondiscendenza che mi pare è una costante della tua vita, contemplano anche l’isolamento ed una certa aggressività.
La consapevolezza di quanto, aprendo gli occhi, possiamo non fare più del male a noi stessi e di conseguenza anche agli altri è davvero liberante.
Un caro abbraccio Gabriella
Caro Giovanni è stato davvero toccante per me e Alessandro condividere i tuoi ricordi dell’infanzia (volutamente rimossi) nell’incontro supplementare del 5 marzo. Spero che ti sia stato di sollievo il nostro supporto. Di fronte alle tue comprensibili perplessità e difficoltà nel riconoscere le ingiunzioni ti ho suggerito che forse per te una era particolarmente presente “non esistere”.
Quando si rimuove una parte della propria infanzia e si pensa di non averla vissuta (ecco perchè la guardi dal di fuori) forse è proprio perchè sentivi la richiesta di non esserci. Non so se hai riflettuto su questo, ne riparliamo se vuoi. Un caro saluto e a presto Gabriella
Ciao Gabriella, grazie della tua attenzione. In effetti, la mia infanzia l’ho vissuta a sprazzi, lì dove me la “inventavo” a modo mio, lì dove ero “artefice” di una proposta, indipendentemente dalla sua risposta esterna….. Ma forse così è di chiunque…
Ringrazio come sempre Alessandro per il suo commento a quanto avevo scritto il 10 Marzo.
Poi, sulla meditazione svolta “di nascosto” da Giuseppe e Filippo ho sorriso perché anche io faccio così, ma non è vergogna è che sto difendendo lo sviluppo di un qualcosa di prezioso da incomprensioni, attacchi ingiustificati … attacchi non solo esterni anche miei, anche io ogni tanto ho dubbi e sospetti su quel che faccio e temo fortemente eventuali disillusioni, sarebbe davvero triste. Di nascosto dicevo, ma non in chiusura. Ogni tanto butto lì qualcosa, una mezza frase, sondo il terreno, il giorno che non dovessi trovare “ostilità” sarei felice di condividere.
Buona giornata a tutti
Maria
Eccoci in questo salotto spirituale, una salmodia di voci più variegate che gridano in prima persona, ciascuna la propria condizione: domandano, invocano, denunciano, ringraziano…..
In questo coro anonimo di anime, non in tutte e sempre…. ma ti ritrovi.
A volte le espressioni cristallizzate nella scrittura appaiono subito forti, troppo forti….
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” il disagio psichico ”
c’è, certamente si avverte, ma cosa c’è che non è attraversato dalla psiche?… importante è non lasciarsi dominare da esso.
” cosa ne sarà di me”
evoca il cammino inverso, opposto a Gerusalemme dei due discepoli di Emmaus ( Lc. 24,13 ), i quali stanno elaborando un LUTTO, ignari di Quello che avrebbero incontrato poco dopo.
” vediamo un pò il mondo come è con un pò meno maschere”……” si sta dissolvendo non so bene se per mia volontà o frutto del lavoro svolto finora”:
Unita al desiderio di di AMARE è implicata la verifica razionalistica, della fede notturna di Nicodemo che deve traslocarsi di piano…..in quello del VERO MAESTRO. ” Se uno non rinasce dall’ALTO non può vedere il Regno di Dio ” Gv. 3,3.
Caro amico il lavoro e la pratica sono fondamentali, ma ricordiamoci che chi agisce per primo e prima di te e me, è LUI, L’OLTRE, l’INEFFABILE, che Elia riconobbe nella LEGGEREZZA e nel SILENZIO e ” si coprì il volto col mantello ” 1 Re 19,12-13.
Tienilo sempre presente perchè riecheggi sempre come il TUO MANTRA.
Giovanna
Salve, mi metto nei panni di un destinatario ideale.
L’effetto forte di certe espressioni è vero, spesso si percepisce, c’è d’altro canto un disagio, credo, nell’esprimere questi concetti, questi eventuali bisogni, e può capitare quindi di farlo con una goffaggine che se è tale pecca solo per genuino eccesso. D’altronde è come in amore: specie alle prime fasi, si possono perdonare gli spropositi della parola perché genuini (l’altro punto di vista è che siano ingenui, stessa parola occhi diversi).
Seconda cosa, senza il lavoro individuale l’eventuale l’altro, l’ineffabile, l’oltre, se ci sono là restano, nell’avverbio là, non so se nell’aldilà ma sicuramente nell’al-di-là di me, che sono un carattere prosaicamente minuscolo. Siamo all’inizio e senza un costante contatto con la terra della pratica si può rischiare di prendere il volo dell’abbaglio che è sempre di andata e ritorno. È il rischio che vorrei evitare di correre, quindi per adesso gattono terra terra. E si vedrà.
Un saluto,
Giuseppe
P.S.: scusate il tono puntuto, un abbraccio
Giuseppe
Giovanna, Giuseppe le vostre riflessioni arricchiscono la condivisione e anche se in alcuni punti possono essere poco chiare, almeno a me, accompagnano il nostro cammino .
Il nostro passo è lento ma costante, ogni movimento ha un senso, restiamo ben saldi alla terreno del quotidiano perchè è proprio li che vogliamo sperimentarci giorno dopo giorno.
Nel prossimo incontro avremo modo di condividere tutti, in piccoli gruppi, l’esercizio sulla genesi familiare delle nostre distorsioni, così avremo modo di confrontarci direttamente su questo fondamentale sguardo interiore.
Buon proseguimento Ale
Scusate,
c’è libertà di espressione oppure dobbiamo dire e ripetere tutti e sempre le stesse cose?
Inoltre se il destinatario non replica nulla, pazienza…. ha risposto qualcun altro? …. va bene lo stesso.
Buona giornata
Giovanna
Cari amici, questo sito, come sapete, è un luogo in cui i praticanti possono approfondire e condividere il proprio lavoro. E’ perciò un luogo di grande apertura e accoglienza. Ognuno può esprimere ciò che sente, e nessuno di noi dovrebbe dare valutazioni estrinseche su ciò che a volte con grande fatica riusciamo a comunicare.
Qui proviamo ad esporci in modi inusuali e difficili, a condividere parti fragili e dolenti, ad indagare le ferite del cuore, per comprenderle meglio, e sanarle.
Chi ascolta perciò lo dovrebbe fare con il cuore, con il proprio cuore dolente e anche gioioso, felice finalmente di potersi ascoltare senza troppe difese.
Questo luogo insomma, e vorrei dirlo in particolare a Giovanna ma anche a tutti, non è un salotto spirituale, non è un luogo di dibattiti teorici, pur interessanti, piuttosto è una camera di rianimazione, una sala parto, a volte un pronto soccorso, e ognuno di noi è a volte il malato e a volte l’infermiere.
E’ questo clima trans-egoico, e cioè di scioglimento delle difese molteplici che ognuno di noi agisce automaticamente, uno degli elementi essenziali del nostro percorso.
Restiamo perciò al lavoro, e all’esercizio che stiamo elaborando, condividiamo i nostri risultati, la nostra autoosservazione, questo è interessante, e utile per noi e anche per gli altri!
E, credetemi, questa umiltà e questa fedeltà sono di per sé ottimi farmaci contro l’egopatia, la malattia che in questi Gruppi proviamo a curare …
Grazie e auguri di buon viaggio! Marco
Caro Marco, seguendo l’ispirazione del momento (prima che una parte di me la censuri e mi scoraggi a farlo non sapendo se sia appropriata o del tutto fuori luogo) avrei una richiesta: mettendo sullo sfondo il nostro percorso di DP fatto fino a qui, ma anche i fatti di sangue successi i giorni scorsi, mi piacerebbe sentire le tue riflessioni sul Vangelo di Giovanni (12, 20-33) di domani Domenica 22 marzo o un altro brano che ritieni significativo. Tutta la liturgia del tempo di Quaresima non ci rimanda a un percorso interiore spesso analogo a quello che siamo invitati a fare nel nostro gruppo? ARMATI di pazienza umiltà perseveranza e coraggio. Accingendoci alla meditazione sempre come fosse la prima e l’ultima che lo facciamo. Scendendo nell’abisso del nostro cuore durante gli esercizi di autoconoscimento con la consapevolezza che non lo facciamo da soli ma con l’aiuto e la condivisione del gruppo…un caro saluto a tutti gli amici darsipacisti del primo anno,lidia
Certo che c’è libertà e continua ad aumentare ad allargare gli orizzonti ma c’è anche un metodo che si esplica man mano che gli incontri si sviluppano nella loro pedagogia di accompagnamento verso l’ interiorità più profonda.
Darsi Pace si sta sviluppando come laboratorio di ricerca della verità, in quanto tale si poggia su una grande esperienza di applicazione di un metodo che ha un graduale sviluppo.
Ovviamente i trascorsi di ciascuno offrono e sviluppano sensibilità molto diverse ma abbiamo visto che seguire i tempi lavorando su di se è veramente efficace quindi il nostro continuo richiamo a rimanere nell’esercizio o tema all’ordine del giorno nasce solo da questo.
Guardare dentro di noi ci permetterà una maggior concentrazione e questa migliorerà l’efficacia del lavoro.
Spero di essere stato chiaro, nessun vincolo ma grande voglia di essere in qualche modo di aiuto nella libertà più assoluta ma anche nel rispetto di un metodo che tanto bene sta facendo.
Un abbraccio Ale
Scusate ma non mi ero accorto dell’intervento di Marco che quasi contemporaneamente postava la risposta, quindi interpretate la mia in questa luce perchè è quella giusta.
Ale
Ciao a tutti.
Tra ieri e oggi anch’io ho vissuto l’ottavo incontro. Grazie di cuore a Davide per la sua condivisione e grazie per tutti i post che precedono il mio scritto e che ho ascoltato con piacere.
Sono rimasta colpita da un passaggio di Marco proprio all’inizio, avviando la pratica di respirazione: “l’ego vuole subito fare un’altra cosa, ha fretta, è agitato, ha fame di altro”. E mi ha colpito perché stavo vivendo proprio quell’esperienza, mentre Marco sembrava proprio dare voce e parole al mio stato d’animo.
Casa nostra è molto piccola, non abbiamo altri spazi comuni che non siano la cucina e la cappellina (in genere abitate sempre da qualcuna durante la giornata) e anche la camera la condivido con un’altra persona: non sono da sola. Ieri mattina eravamo a casa in due e la camera era solo “mia”, ma ero quasi a disagio nell’incominciare il lavoro di DP, non mi sentivo a mio agio, come se da un momento all’altro dovesse entrare G. e chiedermi spiegazioni di quelle braccia in alto, quell’onda respiratoria … Ero molto distratta. In più, avevo un’ansia dentro, la tentazione di passare alla parte teorica (per scrivere, per prendere appunti, per capire …) tralasciando l’esercizio di respirazione. E mentre mi stavo accorgendo di questo e dicevo a me stessa: “no. ora rimango qui e mi prendo tutto il tempo necessario!”, ecco che Marco mi ha illuminato sulla fretta dell’ego. Sì, avevo fretta di passare oltre, di terminare. Avevo fame di qualcos’altro… mai sazia … superficiale.
E poi vi condivido il mio lavoro.
Ho fatto due volte l’esercizio di auto-conoscimento: una “in diretta” ascoltando l’incontro 6, un’altra volta dopo due giorni, seguendo il testo del libro Darsi Pace. Sono gli stessi passaggi, lì dentro ci sono proprio io nell’una e nell’altra volta.
Ingiunzioni: non essere te stessa, non crescere, non esprimere i tuoi sentimenti, non pensare (non avere opinioni tue).
Riascoltando qs ingiunzioni mi sento obbligata, non spontanea, sola e con una sete di affetto infinita, che è sempre condizionata a ciò che faccio (se faccio bene ricevo una carezza).
Conclusioni errate: se non sarò me stessa (se sarò educata, silenziosa, brava a scuola, …), allora sarò accolta e voluta bene.
Se rimarrò bambina, altri si prenderanno cura di me e sarò degna di restare.
Se non esprimerò ciò che provo, e solo di nascosto piangerò e non manifesterò rabbia, sarò accettata.
Se non penserò con la mia testa, non darò fastidio.
Queste “richieste folli” anche oggi, se non sono in ascolto, mi influenzano:
entrare in intimità nella relazione, manifestare un vissuto, le proprie emozioni mi attrae e lo desidero, ma di fatto mi blocco e mi sento infantile, stupida e incapace di esprimere quello che provo dentro.
Cerco conferme in tutto ciò che faccio.
Mi sono sempre detta che sono una buona gregaria, affidabile, capace, ma non una trascinatrice (della bambina altri si prenderanno cura, altri decideranno per lei, altri indicheranno il cammino).
Quando c’è un conflitto la mia testa smette di pensare e vado in confusione, l’unica via d’uscita è la fuga-ritiro.
Ho l’aspettativa erronea che l’altro intuisca il mio stato d’animo senza che io esprima i miei sentimenti e rimango male e mi arrabbio (senza esprimere la rabbia all’esterno) se l’altro non si accorge che sono sofferente, preoccupata, affaticata …
Grazie, buona domenica.
dam
Cara Giovanna certi messaggi particolarmente belli e ricchi di significato hanno bisogno (per me) di…tempo per essere compresi nella loro essenza.
Ho bisogno di tempo Giovanna per comprendere la tua risposta.
Grazie Giovanna!
Ho da poco sfornato dei biscotti zaleti;specialità veneziana ma anche padovana(fa lo stesso) e mi piacerebbe tanto farveli assaggiare amici!
Anzi è una promessa magari per l’intensivo di maggio!
Ciao Giovanna e ciao a tutti voi amici.
Claudio.
Sempre panificatore in Padova schiavo del lavoro!
Leggendo con attenzione la condivisione di Damiana ho gustato la semplicità delle sue parole.
La semplicità spesso non fa per noi eppure solo così noi, lettori e partecipi di questo luogo così particolare, possiamo comprendere le emozioni che abitano l’altro, sentirle anche nostre e dare conforto.
I primi tempi del mio percorso da formatrice in Darsi pace pensavo “ma io non sarò mai capace di parlare come Marco!” e naturalmente è così, poi ho compreso che il mio compito era altro, era trasmettere la mia esperienza di Gabriella in questo percorso e soprattutto ho compreso che in realtà Marco diceva (e dice) cose semplici, ma in quanto tali difficili da far penetrare nel nostro spazio egoico per incarnarle.
Quindi amici vi invito alla semplicità, fondamentale per procedere alla nostra trasformazione.
Tornando a Damiana devo dirti carissima che anche per me è stato difficile (a volte lo è tutt’ora) togliermi di dosso l’ansia di fare bene tutto e farlo subito, quell’agitazione la conosco; l’importante è essere sempre consapevole delle proprie resistenze e lavorarci sopra, scioglierle pian piano e vedrai che ogni giorno farai un piccolo passo in avanti e sentirai sempre più quella libertà di poter “esprimere ciò che sei” di poter dire “sì io credo in questo e la mia vita non potrà più avere senso senza questo credo” .
E’ bello a volte scrivere sul proprio taccuino spirituale proprio la data o l’occasione in cui si è percepito e dimostrato questo sprazzo di libertà!
Caro Claudio attendo di assaggiare le tue specialità, sono contenta che sei “schiavo” di questa magnifica arte! Gabriella
Grazie Claudio
per la tua risposta.
Ti ho seguito nei tuoi scritti perchè ho percepito elementi caratteriali che ci accomunano: soprattutto la sfuriata critica del “ribelle”, che non guarda in faccia nessuno se ha qualcosa da dire.
In te però si distingue, in compenso la gentilezza e un forte senso di socialità, genuina, come….. i tuoi biscotti?
Ti auguro un percorso sereno.
Giovanna
Ciao a tutti, sul lavoro delle ingiunzioni, avevo sentito in un corso, e quando mi sono ritrovata in tante di queste, ho odiato per un periodo i miei genitori; poi ho capito che si può andare oltre, come dice Marco fare scelte diverse.
Nella di non essere te stesso, cosi sarai accettato, per diventare poi una persona con tante maschere secondo delle persone, vivendo con un gran peso e conflitti d’identità, ci sono altre che mi appartengono, ma adesso volevo condividere questa…………….grazie.
Faccio fatica a prendere con costanza il fare gli esercizi, anche se ne sono certa
dei suoi benefici……….
Cara Mercedes, non c’è nessuna fretta.
Meglio fare poco ma farlo bene, per tanti anni abbiamo vissuto le nostre conclusioni errate senza alternative, adesso si è aperta una Via.
Ora ne siamo consapevoli, basta proseguire nel cammino anche se a passo lento ma senza indecisioni.
Se non si procede in avanti si sta tornando indietro quindi forza coraggio la fatica è necessaria inizialmente ma vedrai che più avanzi meno la senti.
Un abbraccio Ale
Cari amici dopo tanto tempo scrivo di nuovo per condividere con voi l’esercizio di autoconoscimento. Premetto che spesso mi accorgo di avere dei pregiudizi su queste condivisioni telematiche, quando la mia condizione egocentrata è particolarmente intensa mi sembra un farsi tanti complimenti inutili, un autocompiacimento personale, ma quando riesco a far tacere quelle voci egoiche anche per poco tempo vedo quanto sia ingiusto e totalmente errato il mio pensiero. Il mio sparare giudizi e pregiudizi è un comportamento che si manifesta quando non riesco a portare avanti qualcosa e quindi è un pò come la volpe e l’uva. Io pratico tutti i giorni però un pò a modo mio. Mi stendo sul letto e partendo dalla postura arrivo più o meno al terzo stadio, l’acquietarsi dei pensieri poi però mi succede di sentire una corrente energetica che dalla testa si propaga nel corpo e mi perdo in quella sensazione di benessere. Immediatamente dopo sento il bisogno di mettermi in posizione fetale e mi godo un allungamento col respiro di tutte le vertebre. Purtroppo poi la giornata mi assorbe e io mi perdo nelle piccole battaglie quotidiane. Sono riuscita a ricavarmi questo piccolo spazio e se mi capita di pensare a Gesù allora la corrente di energia è molto forte. Anche quando ho praticato il buddismo recitare il daimoku mi dava la stessa sensazione di energia che scorreva nel corpo. Comunque ritornando al mio esercizio. Io ho avuto solo mia madre come figura educativa, lei è ragazza madre e mio padre l’ho ritrovato quando avevo quarant’anni (ne ho quaranta sette),
ingiunzioni: non esistere, non essere te stessa, non entrare in intimità
conclusioni errate: se non esisterò nessuno mi potrà ferire e starò bene
se non sarò me stessa ascolterò solo gli altri e loro mi accetteranno, se non entrerò in intimità sarò meno vulnerabile, sarò più forte.
Quindi io all’inizio delle mie relazioni (non solo sentimentali)divento quello che gli altri vogliono, sono disponibile e mi curo in modo totale dell’altra persona, poi però quando questo mio comportamento mi fa sentire insignificante e sfruttata (perchè non è dettato da vero amore e dedizione) allora mi ribello e il mio egoismo si manifesta, proprio perchè mi sembra di non esistere. Eppure è per obbedire all’ingiunzione di non esistere che mi annullo nell’altro.
Credo di avervi detto tutto per ora
Vedi Angela il nostro obiettivo è proprio quello di trovare l’equilibrio e la serenità per non vivere la quotidianità come una battaglia. So che è difficile ma molto dipende da noi!
Il tuo lavoro di autoconoscimento ha evidenziato bene quanto quelle assurde convinzioni errate abbiano condizionato in gran parte le tue relazioni. Questo scoprire noi stessi con le nostre distorsioni (nonché pregiudizi) all’inizio fa rabbia ma è importante guardarsi sempre con occhi misericordiosi e mettersi al lavoro.
Riguardo l’assenza di tuo padre ti consiglio di riflettere se nella tua infanzia vi sia stata un’altra figura maschile che lo abbia in qualche modo sostituito.
Un abbraccio Gabriella
Grazie Gabriella per l’incoraggiamento. A dire il vero ora che ci penso quando ero piccolissima ho vissuto con mia madre e mio zio e di lui ricordo la severità, bastava uno sguardo o una parola e obbedivo subito….Sai che non ci avevo pensato. Ero davvero molto piccola poi mio zio si è sposato e non ha vissuto più con noi…
Cara Angela sono lieta di averti aiutato. Ora con tutta tranquillità e calandoti nel clima emotivo di quel lontano periodo puoi riflettere sulle possibili ingiunzioni percepite da questa persona cara!
A presto Gabriella
Il riuscire a fare in fretta “sintesi” non è sempre un vantaggio, sto parlando di me….
Dall’esercizio di autoconoscimento, buttato giù, subito e in fretta, avevo tratto la conclusione che di tuttte le ingiunzioni quella fondamentale nella quale tutte le altre ad essa riconducevano, fosse quella espressa in ” non essere te stessa”.
In parte questo mi pare vero.
Tuttavia poi ho riflettuto… e mi domando : ma… essere me stessa….. ma QUALE ME STESSA DI ME ?
La risposta non è semplice, può essere semplicistica, questo sì.
Allora sposto l’attenzione sull’altra ingiunzione – che ho avvertito e che avevo liquidata con due parole e alla fine ricamata di positività – ” NON ESISTERE ” in quanto questa nella percezione di una libertà…. illusoria mi sollevava da terra…. verso il cielo….
Non forse a caso, Marco nell’elenco delle ingiunzioni l’ha indicata al primo posto.
Ieri giovedì 20 marzo leggendo i passi dal Libro 20 della Sapienza proposti dalla liturgia ho avuto la conferma di quanto mortifera sia questa ingiunzione: io ho messo in atto la condizione più mortifera di tutte….
non è vivere la dimensione degli angeli, come l’ego mi/ci vuole far credere, ma è forse, anzi sicuramente lo stato di LARVA, di qualcosa priva di forma , di consistenza.
La Sapienza infatti dice:
” …….preservate la lingua dalla maldicenza, perchè neppure una parola segreta sarà senza effetto……non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani ,
perchè Dio non ha creato la morte …. EGLI INFATTI HA CREATO TUTTO PER L’ESISTENZA “.
La mia sintesi allora diventa: La morte più morte, è provocata dal sentire di ” non esistere “.
Siamo in tempo di quaresima….la mia però è un pò che è iniziata….si abbasseranno le montagne della mia vita in dolci colline ? saranno meno ripidi e tortuosi i miei sentieri?…. Io spero, anzi credo di sì.
Un augurio a tutti coloro che vivono questa condizione !
Giovanna
e a gfinora mi sono guardata ancora guardata nei Il mio Ieri giovedì 20 marzo la liturgia proponeva alcuni passi del libro della Sapienza
Scusate , non avevo cancellato le ultime due righe che avevo abbozzato all’inizio
Giovanna
I passi che ho citato della “Sapienza ” sono al cap. 1 della mia edizione. Quelli proposti dalla lettura di ieri invece sono al cap. 2. Non avevo controllato.
Giovanna
Caro Marco, seguendo l’ispirazione del momento (e prima che una parte di me la censuri e mi scoraggi a farlo non sapendo se sia appropriata o fuori luogo e se è così me lo farai presente) avrei una richiesta: mettendo sullo sfondo il nostro percorso di DP fatto fino a qui, insieme con i fatti di sangue successi i giorni scorsi, mi sarebbe di aiuto sentire le tue riflessioni sul Vangelo di Giovanni di domani Domenica 22 marzo o di un altro brano che tu ritieni significativo. Tutta la liturgia, quella del tempo di Quaresima in modo particolare, ci rimanda a un percorso interiore analogo a quello che siamo invitati a fare nel nostro gruppo? ARMATI di pazienza umiltà perseveranza e coraggio. Accingendoci alla meditazione sempre come fosse la prima e l’ultima volta. Scendendo nell’abisso del nostro cuore consapevoli che non siamo soli ma con l’aiuto e la condivisione del gruppo…
Un abbraccio a tutti gli amici darsipacisti del primo anno, lidia
Cara Giovanna,
siamo proprio in tanti a vivere questa condizione.
Le nostre sono lunghe quaresime che con un lavoro costante, umile e coraggioso possono portare anche noi alla resurrezione post crocifissione e discesa agli inferi.
Ti chiedi quale te stessa, noi iniziamo dalla bimba che percepiva le prime ingiunzioni e attuava le difese necessarie , folli ma indispensabili.
Partiamo da lì e guardiamo se oggi quelle difese sono ancora in azione perchè ADESSO ci posso lavorare sopra, accoglierle, comprenderle e mitigarle.
Ascoltiamo le ragioni della bimba e magari aiutiamola a capire che ADESSO le cose stanno cambiando, non c’è più bisogno di quelle difese….
Domani, nel nono incontro, condivideremo ancora su questo fondamentale esercizio e lo faremo tutti.
Un abbraccio Ale
Cara Lidia,
la tua esigenza troverà riscontro in diverse riflessione, già pubblicate nel tempo, che Marco ha fatto su diversi brani del Vangelo.
Se guardi con attenzione tra i post o su you tube ne troverai ma se non riesci fai un fischio e verrai aiutata.
Buona riflessione Ale
Caro Alessandro,
nella tua risposta rivolta a me hai espresso come si deve intendere e fare l’esercizio di autoconoscimento a partire dalla ns. infanzia; e tu l’hai ripetuto così tante volte in questa sede che io, anche se non l’avessi capito da sola l’avrei capito anche solo sentendolo ripetere da te, nelle varie circostanze che si sono presentate qui. E ti capisco perchè questo fa parte del tuo ruolo in DP.
Tuttavia, la mia domanda ” QUALE ME STESSA DI ME?” che era ed è soprattutto rivolta a me ma anche a tanti altri i quali possono essersi sentiti interpellati e pertanto destinatari, voleva dire:
” quale me, di ME STESSA non dovevo essere, cioè quale forma doveva avere quella integrità tradita e negata fino da allora, e che ancora tuttora anela a ritornare quella che doveva essere?
Ti chiedo scusa, ma capisci ora che la domanda è complessa e non sono sicura che trovi risposta così su due piedi, ma anche soprattutto se usiamo questa modalità di comunicazione…..
Io comunque continuerò a pormela……forse poi capirò che è una domanda sbagliata?
Un abbraccio affettuoso
Giovanna
Grazie Ale, su you tube ho trovato una miniera di materiali!
Lidia
Riguardo il quaderno dove ho fatto l’esercizio di auto conoscimento, e trovo quelle due colonne, quella di mamma piena di richieste e quella di papà vuota … Cosa voleva da me quel padre assente, schiavo del vizio del gioco? Era davvero indifferente per lui il modo in cui mi comportavo? Non lo so … in quella colonna vuota ritrovo tanta libertà, la sana mancanza di un padre autoritario che mi avrebbe caricato di varie ingiunzioni, ma trovo anche l’assenza di un punto di riferimento, di confini , di regole.
Sento forte l’ingiunzione di ‘non essere bambina’ e ancora di più ‘non essere adolescente’, non aver potuto vivere la leggerezza di quegli anni, dovendo anche convivere con periodi di depressione bipolare di mia madre, e quindi il ‘non esistere’ e soprattutto ‘non esistere come figlia’
Di qua nascono le mie conclusioni errate
Se non sarò una bambina, sarò forte, ce la farò da sola, non avrò bisogno di nessuno e di conseguenza non soffrirò
Se non esisterò, potrò starmene in pace senza nessuno che mi chiede niente
Ed i modi in cui ho incarnato la conclusione errata “Se non sarò una bambina, sarò forte, ce la farò da sola”sono stati un esagerato attivismo, una mania di grandezza, il buttarmi nelle cose senza valutarne le conseguenze, l’impulsività, ed anche mettermi una bella maschera di donna sempre grintosa e sorridente, forte e positiva nonostante tutto.
Questo bel castello di carta ha retto per tanto tempo, fino a qualche anno fa quando la parte vera del mio essere, la mia anima ferita, sofferente è esplosa ed ha messo in atto la conclusione errata “Se non esisterò, potrò starmene in pace senza nessuno che mi chiede niente” nel senso letterale del termine, cioè con l’abisso della depressione, dove proprio non esisti più, altro che stato egoico da cui puoi uscire se vuoi, altro che gabbia. Lì sono scesa veramente agli inferi, lì ho vissuto la potenza dell’io che ti vuole portare costantemente all’ autodistruzione.
Ma come dice Marco solo se scendi agli inferi puoi poi arrivare a qualcosa di celeste, e adesso benedico la mia caduta che mi ha permesso di guardare in faccia la mia fragilità, di non nasconderla , di prendermene cura, che mi ha reso umana e capace, almeno un po’ di più, di perdonare me stessa e gli altri, di guardare ai miei genitori con occhi nuovi, di vederli come sono ora, più anziani, diversi, di non continuare a distanza di anni a giudicarli solo attraverso la lente di quel passato doloroso.
L’altro giorno mi è capitato di ascoltare “La canzone dell’appartenenza” di Giorgio Gaber, lasciavo risuonare le parole dentro di me ed i pensieri andavano costantemente a Darsi Pace. E’ un grande dono ‘appartenere’ a questo gruppo, grazie veramente di cuore a tutti
Verrebbe da pensare, cara Laura, che è proprio quel padre assente che ti ha fatto la richiesta (forse la più insopportabile) di “non esistere” perché se non esiste un padre non esiste una figlia…..invece tu c’eri eccome.
Mentre quella madre così triste e depressa ti chiedeva di “non essere una bambina” di crescere presto e da sola.
Allora come hai ben compreso questo è il momento di prendere per mano quella bambina coccolarla e convincerla che non è tutto perduto. Quel padre e quella madre così fragili sono affidati alla misericordia di Dio ed alla tua parte integra che già li ha perdonati; ora Laura si dedica a tempo pieno alla sua cura.
Hai espresso così bene la maschera indossata per tanti anni e l’ ombra repressa che viveva prigioniera ma che inevitabilmente poi è emersa e nella forma più dirompente.
Il lavoro fatto seriamente con fede ed umiltà fa vedere tutto chiaro ed è davvero liberante!
Un caro saluto