Caro Marco e cari amici. Sono arrivato quasi alla fine della prima parte dell ultimo incontro. Vedo che metti nella stessa posizione “confusione” e “ateismo”. La mia reazione istintiva e quella di sentirmi in un certo modo “offeso”. Attenzione, non mi sfugge in quale alto rispetto tu hai per l Ateismo vissuto come coerenza radicale e passione e fervore per la verita?.
Poi leggo l omelia di Francesco e trovo queste frasi che estraggo in modo decisamente arbitrario dal loro contesto:“Chi non passa attraverso l’esperienza della Croce fino alla Verità della Risurrezione si autocondanna alla disperazione. Infatti, noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere”; …. “Perciò, ha continuato, «non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello: non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità». «È meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!».
Non ho ancora finito di ascoltare la registrazione, come ho detto e, quindi, parlo a vanvera. Tuttavia credo che sarebbe necessaria una distinzione: per esempio, e per lo meno, promuoverei l Ateismo al secondo passaggio quello della dotta ignoranza: “un ignoranza sapiente delle vie di salvezza”
(mi scuso per la mancanza di accenti e apostrofi).
Buona domenica a tutti e, spero, che nessuno si senta offeso.
Mauro
Gia che ci sono, gia ne ho dette tante, cari amici, che appeofitto per vuotare il sacco. Mi riallaccio all omelia di papa Francesco. Chi hanno visto i discepoli di Emmaus? Per me non hanno visto Gesu. Non hanno visto cio che desideravano vedere. Infatti non l anno riconosciuto. Dopo tre giorni impossibile dimenticare le sue sembianze. Hanno visto svolgersi l azione dello spirito nello spezzare il pane, nelle parole che hanno ascoltato. Infatti “beati coloro che non hanno visto ma hanno creduto”. Questa puo esseere una defiinizione di Ateismo”. Credo che fin da ragazzo, dentro di me qualcosa abbia sempre sfuggito come la peste, una visione consolatoria della verita e del senso. E, d altra parte, sento un attrazione, un fascino per l infinito, lo sconosciuto ma meglio, per uno spazio vuoto (penso a Gaber ma anche a Lacan). Spazio vuoto in cui m immagino eavvenga l imprevedibile, accade qualcosa fortuitamente o provvidenzialemnte, gratuitamente:dono. Avventura, attesa di cio che avviene che a-viene cioe, in realta, non viene perche viene sempre e continuamente e noi protendiamo l orecchio ed aguzziamo la vista nell attesa di udire quella “voce di sottile silenzio”.
Ecco qua. Adesso basta per oggi.
Ciao
Caro Mauro è bene che questo sia un luogo di condivisione spontanea. Che sia anche ricettacolo delle proprie reazioni alle parole di Marco ed al potente scossone che questo percorso spirituale da’ a chi lo segue.
È assolutamente normale al principio percepire un fastidio o comunque una sorta di incomprensione per alcune affermazioni.
Il rispetto verso l’ateismo da parte di Marco e di tutti noi è chiaro; meglio scegliere di non credere che definirsi cristiano senza capire il significato profondo del cristianesimo, vivendolo magari tiepidamente o, come tu stesso affermi, a scopo consolatorio.
Ma una cosa ci è chiara, la scelta decide la propria esistenza, modella il nostro essere “umani”.
“Non esiste una scelta senza conseguenze” diciamo al secondo anno.
E anche questo non è facile da comprendere!
Comunque è vero tutto comincia con un “vuoto” tanto difficile da raggiungere e ancor più da mantenere.
Proviamo comunque ad impegnarci nella direzione di questa via iniziatica non avremo da pentircene e, come bene dici , forse accadrà l’imprevedibile!
Un caro saluto Gabriella
Caro Marco (Guzzi),
una domanda ed una osservazione rispetto a questo incontro.
Mi sembra di capire che tu abbia assistito ad una veglia pasquale neocatecumenale, dove si canta appunto il canto „precipitò nel mare, cavallo e cavaliere“. Questo canto (come il 95% dei canti del cammino neocatecumenale) è la „messa in musica“ di un passaggio della bibbia (Esodo 15,1-15).
Per qualunque „catecumeno“ è scontato il discorso che fai tu in questo incontro, che cioè bisogna chiedersi: chi è il faraone nella mia vita? Quali sono i suoi carri, cavalli e cavalieri che mi tengono schiavo e/o vogliono riportarmi in schiavitù? Cos’è il mare?…
Il faraone è per tutti simbolo del Demonio, che ci tiene schiavi del peccato, i carri, cavalli e cavalieri del faraone sono la proliferazione dei pensieri negativi (per dirla in un linguaggio „darsi pace“, tipo „Dio non ti ama perché sei grasso, Dio non ti ama perché sei malato,…“ spesso camuffato nella forma „Sei una merda perché sei grasso“, „Sei una merda perché non ti fai rispettare“… – da notare come questi pensieri vadano scoperti tramite l’autoconoscimento, ognuno ha i suoi, e nel cammino neocatecumenale se ne fa davvero molto. Questi pensieri ci tengono schiavi, ci obbligano „a fare mattoni“, cioè a cercare sempre l’amore degli altri in modo sbagliato, a cercare di essere sempre diversi da come siamo per piacere agli altri, fonte tutto questo di sofferenza immane per noi e per gli altri…), il mare sono le situazioni impossibili della nostra vita (anche queste da scoprire tramite l‘autoconoscimento). Quando io ad esempio ho vissuto 6 anni in Africa con i miei genitori in missione, in relativa povertà, rischiando spesso la vita non solo per malattie, ma anche tramite assalti di banditi, linciaggi, senza un soldo per poter corrompere qualche poliziotto e sperare cosi in un aiuto concreto, abbiamo visto come DAVVERO il Signore ha aperto il mare e ci ha fatti passare all’asciutto – con il mare come una muraglia a destra e a sinistra, il pericolo sempre in agguato. Oppure quando mia suocera, malata di cancro, è stata abbandonata dal marito e dai figli, e solo io e mia moglie (allora ancora non sposati), le siamo stati vicino e l’abbiamo accompagnata nella sua malattia e poi morte, abbiamo visto come il Signore ci ha guidato e sopratutto sostenuto con mano potente.
Davvero il Signore ha affondato nel mare cavallo e cavaliere: ogni volta che arriva un pensiero negativo („Dio non ti ama perché….“, „Sei una merda perché…“, fonti queste poi di molti peccati per sanare questo vuoto creato dalle menzogne del demonio) io ho dei memoriali da sbattere in faccia al Faraone: proprio in quel mare insuperabile ho sperimentato il contrario di quanto dice il Demonio.
Tutto questo discorso è scontato per chi fa la veglia pasquale neocatecumenale (magari chi è ai primi anni di cammino non ha fatto ancora molto autoconoscimento, ma sa che il Faraone è simbolo del demonio, il mare delle situazioni impossibili,…). Tutto questo discorso „esistenziale“ viene quindi ri-vissuto nella veglia pasquale (ed ogni giorno della nostra vita) NELLA POTENZA DI QUELLE IMMAGINI (il Faraone, la schiavitù in Egitto, il „precipitò nel mare cavallo e cavaliere“) che sono comunque nella Bibbia e quindi parola di Dio (lo stesso discorso alla fine fai tu, quando dici „Cristo è di stirpe guerriera. Salomone ne uccise 1000 e Davide 10000“…).
Capisco però che come esterno, non conoscendo il contesto, si possa travisare (d’altra parte la stessa cosa potrebbe succedere se uno venisse a sentire un incontro del terzo anno Darsi Pace. Se venisse a dirmi „che so‘ ste cose, dei santoni buddisti che fanno delle sedute di psicanalisi in pubblico?! Nessuno gli ha detto che il cristianesimo è un’altra cosa?“ io mi sentirei di fargli capire che non ha capito cosa sia Darsi Pace).
Io sono l’ultimo che difende il cammino a spada tratta, ne vedo i limiti, così come per certi versi vedo dei limiti nel percorso “Darsi Pace” – limiti legati però in entrambi i casi al discorso che facevi tu in un precedente incontro: “non si può fare tutto”. Darsi Pace per esempio non ha una bella liturgia propria, e questo è a mio avviso un limite, se le persone sono “condannate” ad andare alla messa domenicale con dei canti terribili da bambini di prima elementare – lo so, sono un po’ cattivo ;-P, ma io soffoco in certi contesti! Vedo quindi dei limiti in entrambi i percorsi, ma ne vedo anche la ricchezza immensa dal punto di vista spirituale. Quanto detto sopra andava quindi detto a mio avviso per amor del vero.
La mia domanda sarebbe questa: una volta dicevo ad un presbitero che la remissione dei peccati guarisce anche dalle conseguenze del peccato. Lui mi disse secco: „No! Io rimetto i peccati, ma le conseguenze rimangono.“ Io ho insistito un po‘ (gli chiedevo sopratutto che senso avesse allora ricevere il perdono dei peccati, se si trattava “solo” di una pacca sulla spalla dal punto di vista “morale” – si, lo so, sono molto „utilitarista“ in ambito spirituale), e lui mi ha detto secco: „fatti una religione per i fatti tuoi, se vuoi, ma quello che stai dicendo non è la dottrina della chiesa cattolica!“ (c’è da dire che questo presbitero non era certo un portento dal punto di vista pastorale). Io poi ho fatto ricerche a riguardo ed ho scoperto che sostanzialmente lui aveva ragione. Questa sarebbe quindi la domanda: tu credi che la remissione dei peccati guarisca anche dalle conseguenze del peccato? Se si, si concilia questo con la dottrina della chiesa cattolica?
Un abbraccio Emanuele
Caro Emanuele,
leggo con molto interesse la tua coppia di interventi, e mi perdonerai se per ora ti risponde il Marco “sbagliato” (o “minore”, come preferisci), e anzi nemmeno ti risponde – perché ovviamente la risposta non è da me che dovrebbe venire.
Piuttosto voglio dare spazio ad un sentimento confortante, che mi veniva a galla man mano che leggevo la tua ragionata esposizione, che mi permetteva anche di comprendere qualche accenno del cammino neocatecumenale quasi “dall’interno”, attraverso le tue parole appassionate.
Ed anche, con grande interesse. Per vari motivi. Primo, perché essendo anche io impegnato da molti anni nel percorso in un movimento (Comunione e Liberazione) ho una viva curiosità ed interesse per esperienze di altri movimenti, come punti diversi di appoggio, diverse “ferrate” con diversi panorami, per arrivare alla medesima meta. Più insomma uno prova a camminare, più è interessato a tutti gli altri che camminano. Come due alpinisti ad un rifugio, a metà salita, si chiedono “ma tu che via hai fatto? Che panorami hai visto? Era difficile, era facile? Chi era con te?”
E non vorrei sembrare banale, perché quel sentimento di conforto che mi cresceva dentro, era un pensiero concreto ma semplice, in effetti. “Guarda come una persona nel cammino neocatecumenale e una nel percorso di CL si sentano a casa in Darsi Pace, ognuno portando i fermenti della sua esperienza dentro questa esperienza comune…”
Ed è, appunto, un pensiero che mi conforta, anche nelle mie scelte personali.
Questo (e mi scuso ancora se prendo un altro cammino rispetto al tuo intervento) mi porta a riflettere sulla specificità di Darsi Pace. Mi sembra di comprendere la sua assoluta novità, e modernità, nell’essere non tanto un altro “movimento”. Questa dizione di “movimento” è usata anche dal Marco “maggiore” ma a me non convince pienamente, se devo dire la verità (capisco perché la usi, questo è un altro punto). Piuttosto mi sembra che DP sia estremamente moderno nel configurarsi come “meta-movimento”. Un “movimento di movimenti” se vogliamo, comunque ad un livello di fluidità e leggerezza ed inclusività tale che permette di incastrarsi bene nel percorso di vita che uno sta compiendo.
E facendolo, per giunta, più vero: in questi tre anni di DP la mia appartenenza a CL si è più radicata, sono diventato più serio nella proposta (attenzione, non più bravo o con meno sbagli: più serio nell’adesione), tanto che mi sono stati proposti incarichi di una qualche responsabilità, cosa che prima non avveniva.
Cioè mi pare che DP non ti dica “vieni qui che c’è una cosa più vera”, ma “vieni qui per rendere più vero il cammino che stai facendo”
Questo essere meta-movimento, questa inclusività, permette una inedita contaminazione e coabitazione tra percorsi diversi, offrendo come un punto di confronto dolce e non conflittuale (mai avuto tanti dialoghi con suore come in questi tre anni, per dirne una). Così che insomma più vado avanti più non posso che dirmi di CL. Ed anche di DP. Al punto di non riuscire a separare più le due cose, perché ogni occasione dell’una rende più vera l’altra.
Questo mi meraviglia costantemente: ecco, il tuo intervento ha rinnovato ancora la mia meraviglia, e volevo esprimerlo, perché credo che anche altri, nei rispettivi cammini, potrebbero riconoscerlo.
Un abbraccio.
Condivido il mio esercizio.
Al primo punto ho elencato le seguenti qualità spirituali: pazienza, accoglienza e capacità di ascolto.
Immaginando una mia esistenza più realizzata, mi vedo più libero e felice. Darei vita a un luogo di accoglienza, di sollievo, di consolazione, in cui le persone possano tornare a vivere e a respirare, anche attraverso un dialogo e un contatto umano risanante.
Al punto successivo ho descritto la qualità spirituale che ho paura di esprimere, ed è l’affetto. Questo timore a sua volta deriva dalla paura di essere invadente, e che la mia espressione di affetto venga fraintesa come manifestazione di un’interesse sessuale, o comunque con un secondo fine. A conseguenza di ciò sarei rifiutato o giudicato male.
Infine ho formulato questa affermazione, seguendo lo schema indicato sul manuale: “Io come essere spirituale sono paziente e accogliente; il mio maggiore ostacolo alla piena realizzazione della mia vocazione consiste nella mia paura di esprimere fino in fondo il mio affetto e la mia vicinanza”.
Buona settimana a tutti, e a presto!
Filippo
Bene Filippo, ancora una volta abbiamo l’occasione di constatare quanto i nostri timori ci portano a delle conclusioni errate. Pensieri distruttivi che ci impediscono di intrecciare relazioni vere, autentiche.
Meglio tenere la distanza, almeno non rischio di essere frainteso e magari di essere visto come un molestatore con secondi fini.
E’ incredibile scoprire in noi i pensieri più reconditi che fin ora ci siamo vergognati di esprimere.
Il nostro itinerario vissuto nello svuotamento e nella riscoperta dell’integrità del proprio essere è davvero liberante e rigenerante!
Darà vita ad un’espansione creativa per il “contatto risanante” con il prossimo che giustamente anche tu aneli.
Ti saluto con affetto Gabriella
Caro Marco Castellani, mi fa piacere vedere che anche altri la pensano come me e sopratutto vivono esperienze simili. Mi piacerebbe conoscere più a fondo altri movimenti, tramite l’amicizia con persone concrete che fanno quei percorsi. Purtroppo sono un grosso ignorante in materia, ma per esempio mio fratello, neocatecumeno anche lui da sempre, conosce sul lavoro qualcuno del rinnovamento dello spirito, e dice che se parli con lui ti sembra di parlare con un neocatecumeno. Questo per dire che questi “movimenti” mi sembrano tutti avere lo stesso spirito, declinato in modi diversi. Comune a tutti mi sembra poi (cosi mi sembra di capire) il discorso legato all’autoconoscimento (anche se affrontato da diverse prospettive, il che rende tutto più ricco, se ne fai più di uno, anche perché non si finisce mai).
Io credo molto nel discorso dell’integrazione: il Cammino neocatecumenale per esempio non cura l’aspetto filosofico (e per me che ho studiato filosofia è stata una grande lacuna esistenziale, finché non ho cobosciuto Marco). darsi pace per contro non ha Liturgie, e questa è a mio avviso una “mancanza” molto precisa. Marco scrive nel sul ultimo libro: “queste parole cantatele nel cuore”. Bello, importante, ma perché ciò avvenga c’è bisogno di canti concreti. Io da sempre, grazie ai canti del Cammino, posso davvero cantarmi salmi, vangeli, cantici, lettere di San Paolo…nel cuore.
Questo però secondo me è dovuto al fatto che i carismi sono diversi: non si può fare tutto, e ogni ” movimento” VA bene cosi come Dio lo ha ispirato.
È bello per me vedere l’opera che fa il Signore con me, facendomi scoprire la chiesa: bella, varia, ricca di tesori spirituali!!
Ti mando un abbraccio!
Emanuele
PS: “movimento” non è un termine felice. Il Cammino ci tiene a definirsi come lo defini’ Paolo VI: un itinerario di formazione cattolica post battesimale. Carmen, cofondatrice del Cammino, disse a Ratzinger in uno scambio di battute a cena: “non siamo un movimento, ma un itinerario (Cammino) di formazione cattolica”. Ratzinger rispose: ” hai mai visto un cammino senza movimento?”. In questo senso forse si può pure usare il termine movimento, visto che si fa un percorso esiatenziale dinamico, sospinti dalla dinamo che è Cristo
PS 2 per Marco Castellani: è vero quello che dici Marco. Anche per me fare il percorso Darsi Pace mi ha dato molte energie per compiere il mio percorso all’interno del cammino neocatecumenale in modo nuovo, più fresco, più intenso. È anche vero che tutto il bagaglio neocatecumenale che mi porto dietro mi aiuta a fare il percorso Darsi Pace in modo intenso. In questo senso, non vedrei una gerarchia, per me sono due modi che il Signore ha scelto per farmi conoscere il suo amore per me. Sicuramente anche i diversi momenti nei quali ho iniziato questi percorsi non sono casuali, e anzi, a ben guardare, io ci vedo un disegno molto sapiente all’interno della mia storia.
Caro Emanuele, molto interessante quello che scrivi: potrei dirlo pari pari anche io, per quanto riguarda il mio cammino. Mi viene sempre in mente quello che diceva Jung, al riguardo del suo agire terapeutico, che riportava ogni persona più verso sé stesso e il suo cammino, invece di deviarla forzosamente verso chissà quali nuove mete. La mia esperienza in DP è analoga, nel senso che ti rende più vero ciò che per te era già vero prima, esattamente.
Credo che sarebbe bello investigare, in qualche modo, e documentare, con diversi esempi, come il percorso DP sia un “fermento” utilmente applicabile in tante circostanze di vita.
Un abbraccio!
Ciao, vorrei condividere l’esercizio.
Qualità spirituali che intravedo: sensibilità, intuizione, timidezza, ascolto profondo, equilibrio, pazienza, prudenza, senso estetico e sobrietà. Se queste qualità fossero incarnate io sarei più vitale, libera e in armonia con me stessa e il cosmo. In tal caso, abiterei in una casa più funzionale e immersa nella natura, sceglierei un altro corso di studi seguendo la mia vera passione, metterei al mondo un altro figlio, coltiverei buone relazioni e incontri e darei maggiore seguito alle mie intuizioni nelle decisioni. Mi vergogno di manifestare la mia sensibilità perché temo di considerata poco intelligente e di essere calpestata. Come essere spirituale sono: paziente, intuitiva, sensibile ma, il mio maggiore ostacolo alla piena realizzazione del mio io spirituale consiste nella paura di esprimere fino in fondo la mia delicatezza verso gli altri e il mondo.
Buon fine settimana e grazie!
Patrizia
Cara Patrizia, la tua decisione di voler condividere questo importante esercizio è già un significativo gesto che ti permette di sperimentare che è possibile superare la propria timidezza per iniziare a gustare i doni di una libertà relazionale fondata sull’ascolto empatico, un ascolto che si sta affinando nel tuo cuore aperto, non giudicante, sensibile, con vibrante con il cuore dell’altro, che sta imparando il linguaggio delle emozioni per comunicare con le parole della compassione.
Da questo esercizio hai potuto constatare come in noi agiscono, in modo automatico, i codici comportamentali dettati dalle nostre conclusioni errate, maschere costruite e costituite nelle primissime esperienze relazionali pensando di salvarci dal dolore terrificante del sentirci non amate, non apprezzate, non rispettate, non riconosciute nella nostra autentica capacità relazionale.
Ora arrivati a questo ultimo esercizio del triennio vediamo con più chiarezza cosa hanno prodotto nella nostra vita ed il fatto di vederle un po’ più chiaramente depotenzia il loro effetto separante dalla “sorgente” che zampilla incessantemente nel nostro cuore. Questa nuova consapevolezza è già molto benefica in quanto “muove” energia nuova spostandoci nello stato della nostra integrità.
Proviamo a riascoltare profondamente la tua formula: “ Io Patrizia come essere spirituale sono: paziente, intuitiva, sensibile ma il mio maggior ostacolo alla piena realizzazione del mio io spirituale consiste nella paura di esprimere fino in fondo la mia sensibilità, la mia delicatezza, la mia attenzione verso gli altri esseri umani ed il mondo”.
Questa formula ti dona alcune indicazioni precise per iniziare a dare vita alle forme di amore che attendono di esprimersi compiutamente attraverso i doni spirituali che sono già presenti in te, per realizzare con libertà e gioia la tua missione su questa terra, la tua vera vocazione per essere: “ libera e in armonia con me stessa e il cosmo..”
Sei nata per risplendere Patrizia! Auguri per portare ogni giorno alla luce la verità del tuo essere, senza timore, stai compiendo un passo fondamentale per dare un concreto contributo alla tua piena realizzazione.
Un caro saluto. Vanna
Sto per scrivere una cosa che non riguarda il decimo incontro, indirizzata a Marco Castellani, chiedo scusa a chi legge e anche a Marco C., chi sta già pensando o penserà “ma questa è scema” ha perfettamente ragione.
La faccenda è questa:
stavo provando a vedere come funziona la piattaforma che ospita “AltraScienza” per vedere come si fa a lasciare un commento (hai visto mai…), mi sono trovata ad evidenziare un pezzo della guida pubblicata da Marco C. e poi ho capito che così facendo l’autore avrebbe ricevuto una notifica e l’evidenziazione sarebbe comparsa tra gli elementi che io intendo segnalare. Non ho trovato il modo di annullare la cosa. Mi premeva dire a Marco che non intendevo segnalare pezzi di guida Medium e non avendo trovato un modo per lasciare messaggi diretti, dovendo scrivere coram populo ho scelto il popolo di DP invece di quello di Medium (mi sento un po’ più protetta da queste parti). Ciò posto il box in fondo alla pagina per lasciare commenti continuo a non vederlo.
Bene, finito.
Mi vergogno molto e saluto tutti
Maria
Cara Maria,
mi ha segnalato Gabriella del tuo intervento.
Intanto penso che non ti devi vergognare di nulla. Anzi sono intanto io che ti ringrazio per il tempo che hai impiegato nell’esplorazione delle caratteristiche “relazionali” di Medium (purtroppo non sono molti che lo fanno). Quindi animo, non ti vergognare di nulla, non sei affatto scema (sono piuttosto certo) ma anzi ti ringrazio veramente tanto!
Ti confesso, questa cosa di poter evidenziare il testo mi ha molto entusiasmato, fin dall’inizio, e in breve ho portato i miei vari blog su Medium (sono un po’ fissato con la scrittura e con la rete, perciò negli anni ne ho aperti un po’…). Però in AltraScienza condividiamo un pochino di frustrazione (probabilmente egoica, ma dobbiamo ancora fare un po’ di strada anche nel “lasciare andare”….) perché queste caratteristiche che a me sembrano “mirabolanti” non vengono quasi per niente utilizzate, nel nostro blog. Dunque ogni tentativo viene guardato con il più grande rispetto.
Chiedo scusa anche io, a tutti i praticanti e formatori del terzo anno, se ho usato questo spazio per rispondere a Maria. Vi prego, se avete voglia, di venire sul blog AltraScienza e provate ad interagire, come ha fatto Maria (poi sarete voi che penserete “ma questo è davvero scemo”, se troverete Medium una soluzione poco pratica e troppo contorta….)
Un abbraccio,
Marco Castellani
Cara Maria sei davvero spontanea e simpatica…..perchè vergognarsi? La tecnologia gioca brutti scherzi.
Segnalo subito a Marco C. Il tuo intervento.
Colgo l’occasione per dire che è molto bella l’interazione tra i praticanti e i gruppi di creatività nati nell’ambito di Darsi Pace. A tale proposito vi segnalo il gruppo poetico insurrezionale chiamato Humus. È nato per iniziativa dei giovani di Darsi Pace amanti della poesia. Potete accedere tramite fb o you tube il primo evento è stato ” La luce dell’inizio” verrà presto pubblicato credo sul sito DP.
Saluto tutti Gabriella
Grazie a Marco e Gabriella e scrivo a Marco per i dubbi tecnici.
Buona giornata
Maria
Ciao a tutti, ultimamente sono stato un po’ incostante e ho “perso un po’ la ruota del gruppo” sia per impegni vari sia perché che certi passaggi (certe ascese per rimanere in un gergo ciclistico)hanno bisogno da parte mia di maggior tempo rispetto quello intercorso fra un incontro e l’altro per poter essere metabolizzati e integrati nella pratica quotidiana. Conto di farlo e di rielaborarli durante l’estate come compito di riparazione per essere pronto ad ottobre al primo biennio di approfondimento.
Volevo fare una domanda che mi si ripropone da un po’ di tempo. Fino ad ora il rapporto col divino del quale siamo intimamente costituiti essendone una singolare espressione, figli di Dio appunto, è sempre stato come dire autoreferenziale nel senso che ha sempre avuto un contesto individuale,
personale; cioè: la morte dell ego, il battesimo , la rinascita nello Spirito, l’ascolto della Parola hanno avuto una gestione individuale, senza intermediari a parte il ruolo missionario ed educativo del movimento DP e di Guzzi in particolare. Nella preghiera dei figli di Dio infatti si dice:” ricevo il perfetto perdono di tutte le mie colpe”..”in comunione con il tuo corpo”… Arrivo alla domanda: come si pone tutto ciò con la celebrazione comunitaria dei sacramenti la confessione , battesimo e soprattutto eucarestia?? Non sono una ripetizione? Sono centrali ( soprattutto l’eucarestia)nella vita del cristiano come dicono o basta la pratica meditativa e contemplativa individuale? non so se mi sono spiegato ma a fronte di un’esperienza personale di rigenerazione e rinnovamento di senso della preghiera personale la frequentazione della messa mi sembra di percepirla come insipida e arida. grazie
Ps: la pubblicazione della domanda fra i commenti del decimo.incontro è casuale..pensavo di essere nell undicesimo ma nn penso sia un problema vale sempre
Caro Marco, ben ritrovato per continuare a percorrere e ri percorrere ogni tornante del tuo viaggio interiore nella calma e nella consapevolezza di ogni passaggio per rilanciare con decisione e rinnovata adesione l’ascesa/ discesa verso un’esperienza iniziatica concreta sempre più realizzata e sempre più spogliata da ogni visione distorta di Dio.
La tua domanda è molto pertinente con ciò che stai sperimentando come pratica di iniziazione alla vita in Cristo. Stiamo scoprendo una nuova forma di essere pienamente umani attraverso una proposta di scelta di fede che inizia da uno stato interiore preciso : un io umano in relazione con il mistero di cui è sostanziato. Non è una cosetta di poca rilevanza quello che stiamo comprendendo! Dentro il processo trasformativo che abbiamo avviato, in questo nostro laboratorio, stiamo scoprendo in Cristo il nostro vero volto!
Credo sia conseguenza naturale sentire il forte anelito di trovare nella liturgia un’esperienza che corrisponda con ciò che piano, piano stiamo vivendo attraverso la nostra personalissima esperienza interiore. Anch’io come te sento il bisogno reale di incontrare una realtà ecclesiale di profonda comunione che mi aiuti a scoprire la concretissima realtà della vita in Cristo. Una realtà che ci aiuti a scoprire il senso pieno del rito della S. Messa, l’evoluzione del rito come azione trasformativa dei misteri della nostra salvezza in atto, ora, realizzati nella vita di ogni uomo. Un luogo di annuncio sperimentabile, caldo, vero, che accompagni , giorno dopo giorno, verso la scoperta del nesso iniziatico tra la morte del vecchio io e la ri – nascita del nostro nuovo io rigenerato in Cristo.
Questa mancanza di itinerari concreti è una soglia storica in cui la chiesa si trova a fare i conti , una crisi in cui si percepisce in tutta la sua consistenza la fine di una struttura che lascia inespressa la proposta salvifica della vita cristiana. Una chiesa da rinnovare come luogo da abitare intimamente per l’esperienza della vita in Cristo.
Ti consiglio, se non lo hai già fatto, di leggere il nuovo libro di Marco: “ Fede e rivoluzione” sono certa che troverai conforto e sostegno a ciò che ti stai domandando. La tua riflessione legittima la serietà del tuo cammino spirituale ed esprime il vivo desiderio di realizzare pienamente la tua vita interiore con serietà e nella verità.
Un caro saluto. Vanna
Vorrei rispondere al commento sulla lettura usata durante la Vigilia di Pasqua come il Salmo Responsoriale dopo la lettura dal Esodo–proprio perché in questi ultimi giorni, leggiamo i testi di Giuseppe che formano un anteprima di questo testo. Mi pare che perché i scritti del Antico Testamento sono staccati dalla cultura originale, abbiamo perso tanto. Prima di tutto i libri che la Chiesa Occidentale etichette “libri storici” sono considerati “libri profetici” nella cultura originale. Perciò, leggiamo testi come se fossero storia, e perdiamo tanto significato. Facciamo altrettanto con i testi del Pentateuco. Sembra che questi testi fossero scritti dall’esperienza cultuale del popolo Giudaico e non dalla storia.
Per esempio a me sembra che la storia di Giuseppe sia un testo al massimo livello dell’esperienza iniziatica. Giuseppe che perde la sua libertà attraverso delle mani dei suoi fratelli gelosi dei suoi doni va in Egitto come schiavo. Poi attraverso dei suoi doni spirituali diventa il signore di tutto Egitto. Lui versa doni sui suoi fratelli che li ricevano sempre con paura e panico. Alla fine, loro vanno via dalla terra promessa e entrano in Egitto come uomini liberi e diventano schiavi. La storia comincia di nuovo con Mosè, con circostanze diverse. La liberazione che era stata compiuta con una singola persona adesso è compiuta con una popolazione intera.
Quando questa storia sia letta in una maniera iniziatica, cominciamo vedere che questi testi vanno bene in una liturgia iniziatica, come quella di Pasqua. Il problema è che non vanno letti più in quest’ottica. Siamo lontani di queste storie perché erano successe millenni fa. Invece dal punto di visto iniziatica contengono la mia storia e la tua–se abbiamo occhi aperti, orecchi attenti, e cuori pronti ad accogliere la verità che svelano.
Ciao cara Bernadette grazie per questo tuo bellussimo intervento. É vero spesso leggiamo i testi sacri, in particolare il vecchio testamento, come fossero storielle e non ne cogliamo il profondo significato iniziatico come dici tu. Posso dire che il lavoro in Darsi Pace mi ha insegnato ad ascoltare ogni brano della Bibbia in modo diverso.
Un abbraccio caro, ti auguro una buona e serena estate.
Colgo l’occasione per invitare chi ne ha il desiderio a condividere l’esercizio di Trevi su questo sito finché è possibile.
Caro Marco e cari amici. Sono arrivato quasi alla fine della prima parte dell ultimo incontro. Vedo che metti nella stessa posizione “confusione” e “ateismo”. La mia reazione istintiva e quella di sentirmi in un certo modo “offeso”. Attenzione, non mi sfugge in quale alto rispetto tu hai per l Ateismo vissuto come coerenza radicale e passione e fervore per la verita?.
Poi leggo l omelia di Francesco e trovo queste frasi che estraggo in modo decisamente arbitrario dal loro contesto:“Chi non passa attraverso l’esperienza della Croce fino alla Verità della Risurrezione si autocondanna alla disperazione. Infatti, noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere”; …. “Perciò, ha continuato, «non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello: non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità». «È meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!».
Non ho ancora finito di ascoltare la registrazione, come ho detto e, quindi, parlo a vanvera. Tuttavia credo che sarebbe necessaria una distinzione: per esempio, e per lo meno, promuoverei l Ateismo al secondo passaggio quello della dotta ignoranza: “un ignoranza sapiente delle vie di salvezza”
(mi scuso per la mancanza di accenti e apostrofi).
Buona domenica a tutti e, spero, che nessuno si senta offeso.
Mauro
Gia che ci sono, gia ne ho dette tante, cari amici, che appeofitto per vuotare il sacco. Mi riallaccio all omelia di papa Francesco. Chi hanno visto i discepoli di Emmaus? Per me non hanno visto Gesu. Non hanno visto cio che desideravano vedere. Infatti non l anno riconosciuto. Dopo tre giorni impossibile dimenticare le sue sembianze. Hanno visto svolgersi l azione dello spirito nello spezzare il pane, nelle parole che hanno ascoltato. Infatti “beati coloro che non hanno visto ma hanno creduto”. Questa puo esseere una defiinizione di Ateismo”. Credo che fin da ragazzo, dentro di me qualcosa abbia sempre sfuggito come la peste, una visione consolatoria della verita e del senso. E, d altra parte, sento un attrazione, un fascino per l infinito, lo sconosciuto ma meglio, per uno spazio vuoto (penso a Gaber ma anche a Lacan). Spazio vuoto in cui m immagino eavvenga l imprevedibile, accade qualcosa fortuitamente o provvidenzialemnte, gratuitamente:dono. Avventura, attesa di cio che avviene che a-viene cioe, in realta, non viene perche viene sempre e continuamente e noi protendiamo l orecchio ed aguzziamo la vista nell attesa di udire quella “voce di sottile silenzio”.
Ecco qua. Adesso basta per oggi.
Ciao
Caro Mauro è bene che questo sia un luogo di condivisione spontanea. Che sia anche ricettacolo delle proprie reazioni alle parole di Marco ed al potente scossone che questo percorso spirituale da’ a chi lo segue.
È assolutamente normale al principio percepire un fastidio o comunque una sorta di incomprensione per alcune affermazioni.
Il rispetto verso l’ateismo da parte di Marco e di tutti noi è chiaro; meglio scegliere di non credere che definirsi cristiano senza capire il significato profondo del cristianesimo, vivendolo magari tiepidamente o, come tu stesso affermi, a scopo consolatorio.
Ma una cosa ci è chiara, la scelta decide la propria esistenza, modella il nostro essere “umani”.
“Non esiste una scelta senza conseguenze” diciamo al secondo anno.
E anche questo non è facile da comprendere!
Comunque è vero tutto comincia con un “vuoto” tanto difficile da raggiungere e ancor più da mantenere.
Proviamo comunque ad impegnarci nella direzione di questa via iniziatica non avremo da pentircene e, come bene dici , forse accadrà l’imprevedibile!
Un caro saluto Gabriella
Caro Marco (Guzzi),
una domanda ed una osservazione rispetto a questo incontro.
Mi sembra di capire che tu abbia assistito ad una veglia pasquale neocatecumenale, dove si canta appunto il canto „precipitò nel mare, cavallo e cavaliere“. Questo canto (come il 95% dei canti del cammino neocatecumenale) è la „messa in musica“ di un passaggio della bibbia (Esodo 15,1-15).
Per qualunque „catecumeno“ è scontato il discorso che fai tu in questo incontro, che cioè bisogna chiedersi: chi è il faraone nella mia vita? Quali sono i suoi carri, cavalli e cavalieri che mi tengono schiavo e/o vogliono riportarmi in schiavitù? Cos’è il mare?…
Il faraone è per tutti simbolo del Demonio, che ci tiene schiavi del peccato, i carri, cavalli e cavalieri del faraone sono la proliferazione dei pensieri negativi (per dirla in un linguaggio „darsi pace“, tipo „Dio non ti ama perché sei grasso, Dio non ti ama perché sei malato,…“ spesso camuffato nella forma „Sei una merda perché sei grasso“, „Sei una merda perché non ti fai rispettare“… – da notare come questi pensieri vadano scoperti tramite l’autoconoscimento, ognuno ha i suoi, e nel cammino neocatecumenale se ne fa davvero molto. Questi pensieri ci tengono schiavi, ci obbligano „a fare mattoni“, cioè a cercare sempre l’amore degli altri in modo sbagliato, a cercare di essere sempre diversi da come siamo per piacere agli altri, fonte tutto questo di sofferenza immane per noi e per gli altri…), il mare sono le situazioni impossibili della nostra vita (anche queste da scoprire tramite l‘autoconoscimento). Quando io ad esempio ho vissuto 6 anni in Africa con i miei genitori in missione, in relativa povertà, rischiando spesso la vita non solo per malattie, ma anche tramite assalti di banditi, linciaggi, senza un soldo per poter corrompere qualche poliziotto e sperare cosi in un aiuto concreto, abbiamo visto come DAVVERO il Signore ha aperto il mare e ci ha fatti passare all’asciutto – con il mare come una muraglia a destra e a sinistra, il pericolo sempre in agguato. Oppure quando mia suocera, malata di cancro, è stata abbandonata dal marito e dai figli, e solo io e mia moglie (allora ancora non sposati), le siamo stati vicino e l’abbiamo accompagnata nella sua malattia e poi morte, abbiamo visto come il Signore ci ha guidato e sopratutto sostenuto con mano potente.
Davvero il Signore ha affondato nel mare cavallo e cavaliere: ogni volta che arriva un pensiero negativo („Dio non ti ama perché….“, „Sei una merda perché…“, fonti queste poi di molti peccati per sanare questo vuoto creato dalle menzogne del demonio) io ho dei memoriali da sbattere in faccia al Faraone: proprio in quel mare insuperabile ho sperimentato il contrario di quanto dice il Demonio.
Tutto questo discorso è scontato per chi fa la veglia pasquale neocatecumenale (magari chi è ai primi anni di cammino non ha fatto ancora molto autoconoscimento, ma sa che il Faraone è simbolo del demonio, il mare delle situazioni impossibili,…). Tutto questo discorso „esistenziale“ viene quindi ri-vissuto nella veglia pasquale (ed ogni giorno della nostra vita) NELLA POTENZA DI QUELLE IMMAGINI (il Faraone, la schiavitù in Egitto, il „precipitò nel mare cavallo e cavaliere“) che sono comunque nella Bibbia e quindi parola di Dio (lo stesso discorso alla fine fai tu, quando dici „Cristo è di stirpe guerriera. Salomone ne uccise 1000 e Davide 10000“…).
Capisco però che come esterno, non conoscendo il contesto, si possa travisare (d’altra parte la stessa cosa potrebbe succedere se uno venisse a sentire un incontro del terzo anno Darsi Pace. Se venisse a dirmi „che so‘ ste cose, dei santoni buddisti che fanno delle sedute di psicanalisi in pubblico?! Nessuno gli ha detto che il cristianesimo è un’altra cosa?“ io mi sentirei di fargli capire che non ha capito cosa sia Darsi Pace).
Io sono l’ultimo che difende il cammino a spada tratta, ne vedo i limiti, così come per certi versi vedo dei limiti nel percorso “Darsi Pace” – limiti legati però in entrambi i casi al discorso che facevi tu in un precedente incontro: “non si può fare tutto”. Darsi Pace per esempio non ha una bella liturgia propria, e questo è a mio avviso un limite, se le persone sono “condannate” ad andare alla messa domenicale con dei canti terribili da bambini di prima elementare – lo so, sono un po’ cattivo ;-P, ma io soffoco in certi contesti! Vedo quindi dei limiti in entrambi i percorsi, ma ne vedo anche la ricchezza immensa dal punto di vista spirituale. Quanto detto sopra andava quindi detto a mio avviso per amor del vero.
La mia domanda sarebbe questa: una volta dicevo ad un presbitero che la remissione dei peccati guarisce anche dalle conseguenze del peccato. Lui mi disse secco: „No! Io rimetto i peccati, ma le conseguenze rimangono.“ Io ho insistito un po‘ (gli chiedevo sopratutto che senso avesse allora ricevere il perdono dei peccati, se si trattava “solo” di una pacca sulla spalla dal punto di vista “morale” – si, lo so, sono molto „utilitarista“ in ambito spirituale), e lui mi ha detto secco: „fatti una religione per i fatti tuoi, se vuoi, ma quello che stai dicendo non è la dottrina della chiesa cattolica!“ (c’è da dire che questo presbitero non era certo un portento dal punto di vista pastorale). Io poi ho fatto ricerche a riguardo ed ho scoperto che sostanzialmente lui aveva ragione. Questa sarebbe quindi la domanda: tu credi che la remissione dei peccati guarisca anche dalle conseguenze del peccato? Se si, si concilia questo con la dottrina della chiesa cattolica?
Un abbraccio Emanuele
Caro Emanuele,
leggo con molto interesse la tua coppia di interventi, e mi perdonerai se per ora ti risponde il Marco “sbagliato” (o “minore”, come preferisci), e anzi nemmeno ti risponde – perché ovviamente la risposta non è da me che dovrebbe venire.
Piuttosto voglio dare spazio ad un sentimento confortante, che mi veniva a galla man mano che leggevo la tua ragionata esposizione, che mi permetteva anche di comprendere qualche accenno del cammino neocatecumenale quasi “dall’interno”, attraverso le tue parole appassionate.
Ed anche, con grande interesse. Per vari motivi. Primo, perché essendo anche io impegnato da molti anni nel percorso in un movimento (Comunione e Liberazione) ho una viva curiosità ed interesse per esperienze di altri movimenti, come punti diversi di appoggio, diverse “ferrate” con diversi panorami, per arrivare alla medesima meta. Più insomma uno prova a camminare, più è interessato a tutti gli altri che camminano. Come due alpinisti ad un rifugio, a metà salita, si chiedono “ma tu che via hai fatto? Che panorami hai visto? Era difficile, era facile? Chi era con te?”
E non vorrei sembrare banale, perché quel sentimento di conforto che mi cresceva dentro, era un pensiero concreto ma semplice, in effetti. “Guarda come una persona nel cammino neocatecumenale e una nel percorso di CL si sentano a casa in Darsi Pace, ognuno portando i fermenti della sua esperienza dentro questa esperienza comune…”
Ed è, appunto, un pensiero che mi conforta, anche nelle mie scelte personali.
Questo (e mi scuso ancora se prendo un altro cammino rispetto al tuo intervento) mi porta a riflettere sulla specificità di Darsi Pace. Mi sembra di comprendere la sua assoluta novità, e modernità, nell’essere non tanto un altro “movimento”. Questa dizione di “movimento” è usata anche dal Marco “maggiore” ma a me non convince pienamente, se devo dire la verità (capisco perché la usi, questo è un altro punto). Piuttosto mi sembra che DP sia estremamente moderno nel configurarsi come “meta-movimento”. Un “movimento di movimenti” se vogliamo, comunque ad un livello di fluidità e leggerezza ed inclusività tale che permette di incastrarsi bene nel percorso di vita che uno sta compiendo.
E facendolo, per giunta, più vero: in questi tre anni di DP la mia appartenenza a CL si è più radicata, sono diventato più serio nella proposta (attenzione, non più bravo o con meno sbagli: più serio nell’adesione), tanto che mi sono stati proposti incarichi di una qualche responsabilità, cosa che prima non avveniva.
Cioè mi pare che DP non ti dica “vieni qui che c’è una cosa più vera”, ma “vieni qui per rendere più vero il cammino che stai facendo”
Questo essere meta-movimento, questa inclusività, permette una inedita contaminazione e coabitazione tra percorsi diversi, offrendo come un punto di confronto dolce e non conflittuale (mai avuto tanti dialoghi con suore come in questi tre anni, per dirne una). Così che insomma più vado avanti più non posso che dirmi di CL. Ed anche di DP. Al punto di non riuscire a separare più le due cose, perché ogni occasione dell’una rende più vera l’altra.
Questo mi meraviglia costantemente: ecco, il tuo intervento ha rinnovato ancora la mia meraviglia, e volevo esprimerlo, perché credo che anche altri, nei rispettivi cammini, potrebbero riconoscerlo.
Un abbraccio.
Condivido il mio esercizio.
Al primo punto ho elencato le seguenti qualità spirituali: pazienza, accoglienza e capacità di ascolto.
Immaginando una mia esistenza più realizzata, mi vedo più libero e felice. Darei vita a un luogo di accoglienza, di sollievo, di consolazione, in cui le persone possano tornare a vivere e a respirare, anche attraverso un dialogo e un contatto umano risanante.
Al punto successivo ho descritto la qualità spirituale che ho paura di esprimere, ed è l’affetto. Questo timore a sua volta deriva dalla paura di essere invadente, e che la mia espressione di affetto venga fraintesa come manifestazione di un’interesse sessuale, o comunque con un secondo fine. A conseguenza di ciò sarei rifiutato o giudicato male.
Infine ho formulato questa affermazione, seguendo lo schema indicato sul manuale: “Io come essere spirituale sono paziente e accogliente; il mio maggiore ostacolo alla piena realizzazione della mia vocazione consiste nella mia paura di esprimere fino in fondo il mio affetto e la mia vicinanza”.
Buona settimana a tutti, e a presto!
Filippo
Bene Filippo, ancora una volta abbiamo l’occasione di constatare quanto i nostri timori ci portano a delle conclusioni errate. Pensieri distruttivi che ci impediscono di intrecciare relazioni vere, autentiche.
Meglio tenere la distanza, almeno non rischio di essere frainteso e magari di essere visto come un molestatore con secondi fini.
E’ incredibile scoprire in noi i pensieri più reconditi che fin ora ci siamo vergognati di esprimere.
Il nostro itinerario vissuto nello svuotamento e nella riscoperta dell’integrità del proprio essere è davvero liberante e rigenerante!
Darà vita ad un’espansione creativa per il “contatto risanante” con il prossimo che giustamente anche tu aneli.
Ti saluto con affetto Gabriella
Caro Marco Castellani, mi fa piacere vedere che anche altri la pensano come me e sopratutto vivono esperienze simili. Mi piacerebbe conoscere più a fondo altri movimenti, tramite l’amicizia con persone concrete che fanno quei percorsi. Purtroppo sono un grosso ignorante in materia, ma per esempio mio fratello, neocatecumeno anche lui da sempre, conosce sul lavoro qualcuno del rinnovamento dello spirito, e dice che se parli con lui ti sembra di parlare con un neocatecumeno. Questo per dire che questi “movimenti” mi sembrano tutti avere lo stesso spirito, declinato in modi diversi. Comune a tutti mi sembra poi (cosi mi sembra di capire) il discorso legato all’autoconoscimento (anche se affrontato da diverse prospettive, il che rende tutto più ricco, se ne fai più di uno, anche perché non si finisce mai).
Io credo molto nel discorso dell’integrazione: il Cammino neocatecumenale per esempio non cura l’aspetto filosofico (e per me che ho studiato filosofia è stata una grande lacuna esistenziale, finché non ho cobosciuto Marco). darsi pace per contro non ha Liturgie, e questa è a mio avviso una “mancanza” molto precisa. Marco scrive nel sul ultimo libro: “queste parole cantatele nel cuore”. Bello, importante, ma perché ciò avvenga c’è bisogno di canti concreti. Io da sempre, grazie ai canti del Cammino, posso davvero cantarmi salmi, vangeli, cantici, lettere di San Paolo…nel cuore.
Questo però secondo me è dovuto al fatto che i carismi sono diversi: non si può fare tutto, e ogni ” movimento” VA bene cosi come Dio lo ha ispirato.
È bello per me vedere l’opera che fa il Signore con me, facendomi scoprire la chiesa: bella, varia, ricca di tesori spirituali!!
Ti mando un abbraccio!
Emanuele
PS: “movimento” non è un termine felice. Il Cammino ci tiene a definirsi come lo defini’ Paolo VI: un itinerario di formazione cattolica post battesimale. Carmen, cofondatrice del Cammino, disse a Ratzinger in uno scambio di battute a cena: “non siamo un movimento, ma un itinerario (Cammino) di formazione cattolica”. Ratzinger rispose: ” hai mai visto un cammino senza movimento?”. In questo senso forse si può pure usare il termine movimento, visto che si fa un percorso esiatenziale dinamico, sospinti dalla dinamo che è Cristo
PS 2 per Marco Castellani: è vero quello che dici Marco. Anche per me fare il percorso Darsi Pace mi ha dato molte energie per compiere il mio percorso all’interno del cammino neocatecumenale in modo nuovo, più fresco, più intenso. È anche vero che tutto il bagaglio neocatecumenale che mi porto dietro mi aiuta a fare il percorso Darsi Pace in modo intenso. In questo senso, non vedrei una gerarchia, per me sono due modi che il Signore ha scelto per farmi conoscere il suo amore per me. Sicuramente anche i diversi momenti nei quali ho iniziato questi percorsi non sono casuali, e anzi, a ben guardare, io ci vedo un disegno molto sapiente all’interno della mia storia.
Caro Emanuele, molto interessante quello che scrivi: potrei dirlo pari pari anche io, per quanto riguarda il mio cammino. Mi viene sempre in mente quello che diceva Jung, al riguardo del suo agire terapeutico, che riportava ogni persona più verso sé stesso e il suo cammino, invece di deviarla forzosamente verso chissà quali nuove mete. La mia esperienza in DP è analoga, nel senso che ti rende più vero ciò che per te era già vero prima, esattamente.
Credo che sarebbe bello investigare, in qualche modo, e documentare, con diversi esempi, come il percorso DP sia un “fermento” utilmente applicabile in tante circostanze di vita.
Un abbraccio!
Ciao, vorrei condividere l’esercizio.
Qualità spirituali che intravedo: sensibilità, intuizione, timidezza, ascolto profondo, equilibrio, pazienza, prudenza, senso estetico e sobrietà. Se queste qualità fossero incarnate io sarei più vitale, libera e in armonia con me stessa e il cosmo. In tal caso, abiterei in una casa più funzionale e immersa nella natura, sceglierei un altro corso di studi seguendo la mia vera passione, metterei al mondo un altro figlio, coltiverei buone relazioni e incontri e darei maggiore seguito alle mie intuizioni nelle decisioni. Mi vergogno di manifestare la mia sensibilità perché temo di considerata poco intelligente e di essere calpestata. Come essere spirituale sono: paziente, intuitiva, sensibile ma, il mio maggiore ostacolo alla piena realizzazione del mio io spirituale consiste nella paura di esprimere fino in fondo la mia delicatezza verso gli altri e il mondo.
Buon fine settimana e grazie!
Patrizia
Cara Patrizia, la tua decisione di voler condividere questo importante esercizio è già un significativo gesto che ti permette di sperimentare che è possibile superare la propria timidezza per iniziare a gustare i doni di una libertà relazionale fondata sull’ascolto empatico, un ascolto che si sta affinando nel tuo cuore aperto, non giudicante, sensibile, con vibrante con il cuore dell’altro, che sta imparando il linguaggio delle emozioni per comunicare con le parole della compassione.
Da questo esercizio hai potuto constatare come in noi agiscono, in modo automatico, i codici comportamentali dettati dalle nostre conclusioni errate, maschere costruite e costituite nelle primissime esperienze relazionali pensando di salvarci dal dolore terrificante del sentirci non amate, non apprezzate, non rispettate, non riconosciute nella nostra autentica capacità relazionale.
Ora arrivati a questo ultimo esercizio del triennio vediamo con più chiarezza cosa hanno prodotto nella nostra vita ed il fatto di vederle un po’ più chiaramente depotenzia il loro effetto separante dalla “sorgente” che zampilla incessantemente nel nostro cuore. Questa nuova consapevolezza è già molto benefica in quanto “muove” energia nuova spostandoci nello stato della nostra integrità.
Proviamo a riascoltare profondamente la tua formula: “ Io Patrizia come essere spirituale sono: paziente, intuitiva, sensibile ma il mio maggior ostacolo alla piena realizzazione del mio io spirituale consiste nella paura di esprimere fino in fondo la mia sensibilità, la mia delicatezza, la mia attenzione verso gli altri esseri umani ed il mondo”.
Questa formula ti dona alcune indicazioni precise per iniziare a dare vita alle forme di amore che attendono di esprimersi compiutamente attraverso i doni spirituali che sono già presenti in te, per realizzare con libertà e gioia la tua missione su questa terra, la tua vera vocazione per essere: “ libera e in armonia con me stessa e il cosmo..”
Sei nata per risplendere Patrizia! Auguri per portare ogni giorno alla luce la verità del tuo essere, senza timore, stai compiendo un passo fondamentale per dare un concreto contributo alla tua piena realizzazione.
Un caro saluto. Vanna
Sto per scrivere una cosa che non riguarda il decimo incontro, indirizzata a Marco Castellani, chiedo scusa a chi legge e anche a Marco C., chi sta già pensando o penserà “ma questa è scema” ha perfettamente ragione.
La faccenda è questa:
stavo provando a vedere come funziona la piattaforma che ospita “AltraScienza” per vedere come si fa a lasciare un commento (hai visto mai…), mi sono trovata ad evidenziare un pezzo della guida pubblicata da Marco C. e poi ho capito che così facendo l’autore avrebbe ricevuto una notifica e l’evidenziazione sarebbe comparsa tra gli elementi che io intendo segnalare. Non ho trovato il modo di annullare la cosa. Mi premeva dire a Marco che non intendevo segnalare pezzi di guida Medium e non avendo trovato un modo per lasciare messaggi diretti, dovendo scrivere coram populo ho scelto il popolo di DP invece di quello di Medium (mi sento un po’ più protetta da queste parti). Ciò posto il box in fondo alla pagina per lasciare commenti continuo a non vederlo.
Bene, finito.
Mi vergogno molto e saluto tutti
Maria
Cara Maria,
mi ha segnalato Gabriella del tuo intervento.
Intanto penso che non ti devi vergognare di nulla. Anzi sono intanto io che ti ringrazio per il tempo che hai impiegato nell’esplorazione delle caratteristiche “relazionali” di Medium (purtroppo non sono molti che lo fanno). Quindi animo, non ti vergognare di nulla, non sei affatto scema (sono piuttosto certo) ma anzi ti ringrazio veramente tanto!
Ti confesso, questa cosa di poter evidenziare il testo mi ha molto entusiasmato, fin dall’inizio, e in breve ho portato i miei vari blog su Medium (sono un po’ fissato con la scrittura e con la rete, perciò negli anni ne ho aperti un po’…). Però in AltraScienza condividiamo un pochino di frustrazione (probabilmente egoica, ma dobbiamo ancora fare un po’ di strada anche nel “lasciare andare”….) perché queste caratteristiche che a me sembrano “mirabolanti” non vengono quasi per niente utilizzate, nel nostro blog. Dunque ogni tentativo viene guardato con il più grande rispetto.
Per mandarmi messaggi puoi scrivermi a m.castellani@gmail.com.
Chiedo scusa anche io, a tutti i praticanti e formatori del terzo anno, se ho usato questo spazio per rispondere a Maria. Vi prego, se avete voglia, di venire sul blog AltraScienza e provate ad interagire, come ha fatto Maria (poi sarete voi che penserete “ma questo è davvero scemo”, se troverete Medium una soluzione poco pratica e troppo contorta….)
Un abbraccio,
Marco Castellani
Cara Maria sei davvero spontanea e simpatica…..perchè vergognarsi? La tecnologia gioca brutti scherzi.
Segnalo subito a Marco C. Il tuo intervento.
Colgo l’occasione per dire che è molto bella l’interazione tra i praticanti e i gruppi di creatività nati nell’ambito di Darsi Pace. A tale proposito vi segnalo il gruppo poetico insurrezionale chiamato Humus. È nato per iniziativa dei giovani di Darsi Pace amanti della poesia. Potete accedere tramite fb o you tube il primo evento è stato ” La luce dell’inizio” verrà presto pubblicato credo sul sito DP.
Saluto tutti Gabriella
Grazie a Marco e Gabriella e scrivo a Marco per i dubbi tecnici.
Buona giornata
Maria
Ciao a tutti, ultimamente sono stato un po’ incostante e ho “perso un po’ la ruota del gruppo” sia per impegni vari sia perché che certi passaggi (certe ascese per rimanere in un gergo ciclistico)hanno bisogno da parte mia di maggior tempo rispetto quello intercorso fra un incontro e l’altro per poter essere metabolizzati e integrati nella pratica quotidiana. Conto di farlo e di rielaborarli durante l’estate come compito di riparazione per essere pronto ad ottobre al primo biennio di approfondimento.
Volevo fare una domanda che mi si ripropone da un po’ di tempo. Fino ad ora il rapporto col divino del quale siamo intimamente costituiti essendone una singolare espressione, figli di Dio appunto, è sempre stato come dire autoreferenziale nel senso che ha sempre avuto un contesto individuale,
personale; cioè: la morte dell ego, il battesimo , la rinascita nello Spirito, l’ascolto della Parola hanno avuto una gestione individuale, senza intermediari a parte il ruolo missionario ed educativo del movimento DP e di Guzzi in particolare. Nella preghiera dei figli di Dio infatti si dice:” ricevo il perfetto perdono di tutte le mie colpe”..”in comunione con il tuo corpo”… Arrivo alla domanda: come si pone tutto ciò con la celebrazione comunitaria dei sacramenti la confessione , battesimo e soprattutto eucarestia?? Non sono una ripetizione? Sono centrali ( soprattutto l’eucarestia)nella vita del cristiano come dicono o basta la pratica meditativa e contemplativa individuale? non so se mi sono spiegato ma a fronte di un’esperienza personale di rigenerazione e rinnovamento di senso della preghiera personale la frequentazione della messa mi sembra di percepirla come insipida e arida. grazie
Ps: la pubblicazione della domanda fra i commenti del decimo.incontro è casuale..pensavo di essere nell undicesimo ma nn penso sia un problema vale sempre
Caro Marco, ben ritrovato per continuare a percorrere e ri percorrere ogni tornante del tuo viaggio interiore nella calma e nella consapevolezza di ogni passaggio per rilanciare con decisione e rinnovata adesione l’ascesa/ discesa verso un’esperienza iniziatica concreta sempre più realizzata e sempre più spogliata da ogni visione distorta di Dio.
La tua domanda è molto pertinente con ciò che stai sperimentando come pratica di iniziazione alla vita in Cristo. Stiamo scoprendo una nuova forma di essere pienamente umani attraverso una proposta di scelta di fede che inizia da uno stato interiore preciso : un io umano in relazione con il mistero di cui è sostanziato. Non è una cosetta di poca rilevanza quello che stiamo comprendendo! Dentro il processo trasformativo che abbiamo avviato, in questo nostro laboratorio, stiamo scoprendo in Cristo il nostro vero volto!
Credo sia conseguenza naturale sentire il forte anelito di trovare nella liturgia un’esperienza che corrisponda con ciò che piano, piano stiamo vivendo attraverso la nostra personalissima esperienza interiore. Anch’io come te sento il bisogno reale di incontrare una realtà ecclesiale di profonda comunione che mi aiuti a scoprire la concretissima realtà della vita in Cristo. Una realtà che ci aiuti a scoprire il senso pieno del rito della S. Messa, l’evoluzione del rito come azione trasformativa dei misteri della nostra salvezza in atto, ora, realizzati nella vita di ogni uomo. Un luogo di annuncio sperimentabile, caldo, vero, che accompagni , giorno dopo giorno, verso la scoperta del nesso iniziatico tra la morte del vecchio io e la ri – nascita del nostro nuovo io rigenerato in Cristo.
Questa mancanza di itinerari concreti è una soglia storica in cui la chiesa si trova a fare i conti , una crisi in cui si percepisce in tutta la sua consistenza la fine di una struttura che lascia inespressa la proposta salvifica della vita cristiana. Una chiesa da rinnovare come luogo da abitare intimamente per l’esperienza della vita in Cristo.
Ti consiglio, se non lo hai già fatto, di leggere il nuovo libro di Marco: “ Fede e rivoluzione” sono certa che troverai conforto e sostegno a ciò che ti stai domandando. La tua riflessione legittima la serietà del tuo cammino spirituale ed esprime il vivo desiderio di realizzare pienamente la tua vita interiore con serietà e nella verità.
Un caro saluto. Vanna
Vorrei rispondere al commento sulla lettura usata durante la Vigilia di Pasqua come il Salmo Responsoriale dopo la lettura dal Esodo–proprio perché in questi ultimi giorni, leggiamo i testi di Giuseppe che formano un anteprima di questo testo. Mi pare che perché i scritti del Antico Testamento sono staccati dalla cultura originale, abbiamo perso tanto. Prima di tutto i libri che la Chiesa Occidentale etichette “libri storici” sono considerati “libri profetici” nella cultura originale. Perciò, leggiamo testi come se fossero storia, e perdiamo tanto significato. Facciamo altrettanto con i testi del Pentateuco. Sembra che questi testi fossero scritti dall’esperienza cultuale del popolo Giudaico e non dalla storia.
Per esempio a me sembra che la storia di Giuseppe sia un testo al massimo livello dell’esperienza iniziatica. Giuseppe che perde la sua libertà attraverso delle mani dei suoi fratelli gelosi dei suoi doni va in Egitto come schiavo. Poi attraverso dei suoi doni spirituali diventa il signore di tutto Egitto. Lui versa doni sui suoi fratelli che li ricevano sempre con paura e panico. Alla fine, loro vanno via dalla terra promessa e entrano in Egitto come uomini liberi e diventano schiavi. La storia comincia di nuovo con Mosè, con circostanze diverse. La liberazione che era stata compiuta con una singola persona adesso è compiuta con una popolazione intera.
Quando questa storia sia letta in una maniera iniziatica, cominciamo vedere che questi testi vanno bene in una liturgia iniziatica, come quella di Pasqua. Il problema è che non vanno letti più in quest’ottica. Siamo lontani di queste storie perché erano successe millenni fa. Invece dal punto di visto iniziatica contengono la mia storia e la tua–se abbiamo occhi aperti, orecchi attenti, e cuori pronti ad accogliere la verità che svelano.
Ciao cara Bernadette grazie per questo tuo bellussimo intervento. É vero spesso leggiamo i testi sacri, in particolare il vecchio testamento, come fossero storielle e non ne cogliamo il profondo significato iniziatico come dici tu. Posso dire che il lavoro in Darsi Pace mi ha insegnato ad ascoltare ogni brano della Bibbia in modo diverso.
Un abbraccio caro, ti auguro una buona e serena estate.
Colgo l’occasione per invitare chi ne ha il desiderio a condividere l’esercizio di Trevi su questo sito finché è possibile.